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Iraq: impegno russo per Tarek Aziz

di Bianca Cerri - 25/01/2007

 

MOSCA. Al Cremlino si decide in queste ore se accogliere o meno la richiesta di Tarik Aziz di essere curato a Mosca. L’ex vice premier iracheno - figura di indubbio prestigio - è infatti gravemente ammalato: si trova da oltre 44 mesi nel carcere di una base americana a Bagdad. Si è rivolto, per trovare una clinica dove essere curato adeguatamente, al Papa, a Prodi e a D’Alema. Ed ora a Putin. E sembra proprio che la risposta russa dovrebbe essere positiva. A rendere nota questa vicenda umanitaria è l’avvocato italiano dell’esponente iracheno, Giovanni di Stefano, che fa uscire l’intera vicenda dal silenzio delle diplomazie collocandola nell’agenda delle questioni umanitarie, internazionali. Ad ospitare le dichiarazioni del difensore di Tarek Aziz è ora uno dei massimi quotidiani di Mosca, Nezavisimaja gazeta.

“Il leader iracheno - dice l’avvocato - è malato, in forma grave. Ha bisogno immediato di cure. E se lasciato nelle condizioni in cui si trova in questo momento rischia la morte entro l’anno”. Di Stefano, accogliendo una indicazione di Tarek Aziz, ha già preso contatto con uno dei maggiori centri clinici della Russia - l’istituto di cardiologia e chirurgia “Bakulev” di Mosca. Ha sottoposto il caso evidenziando i particolari del male. E subito ha ricevuto un risposta positiva: i medici russi sono pronti a ricoverare immediatamente l’ex vice premier iracheno. Attendono solo il benestare del Cremlino. Perchè l’intera questione ha già assunto un carattere di politica diplomatica collegata al rapporto con Baghdad ma, soprattutto, con Washington. E cioè con il centro politico-militare che sta conducendo la guerra contro l’Iraq.

L’avvocato italiano si riferisce poi ad un precedente di particolare valore. E cioè al fatto che Mosca, a suo tempo, propose di prendere in cura Slobodan Milosevic, togliendolo alle mani dei medici del carcere dell’Aja. Allora le pratiche durarono troppo tempo e Milosevic finì i suoi giorni prima che potesse arrivare una decisione positiva da parte della signora Del Ponte, giudice e custode della cosiddetta legalità occidentale.

“Una decisione per l’ex ministro degli Esteri irakeno - continua l’avvocato Di Stefano - deve essere quindi adottata al più presto”. Comincia così una sorta di conto alla rovescia per le sorti di Tarek Aziz. Tutto avviene mentre il presidente della Commissione Affari internazionali della Duma di Mosca, Konstantin Kosachyov, si affretta a sottolinare che l’eventuale ricovero dell’esponente iracheno in una clinica di Mosca non dovrà essere considerato come una interferenza nell’inchiesta sui crimini a carico di Saddam e dei suoi collaboratori. Ma già il fatto che un personaggio come Kosachyov si sia deciso a parlare della questione, superando le cortine della diplomazia, mostra la gravità del caso e la conseguente attenzione del Cremlino. E non è comunque un particolare secondario se proprio lui è stato uno dei più attenti e fedeli collaboratori dell’ex ministro degli Esteri Primakov, amico dell’Iraq e del suo ex gruppo dirigente. Quindi un diplomatico che ha a cuore il rapporto con la complessa realtà del mondo arabo.

L’accento, comunque, viene sempre messo sulla questione umanitaria perchè Putin non vuole “rompere” con gli americani, accentuando la già crescente rivalità politica. Ma, nello stesso tempo, non vuole restare uno “spettatore” distratto. Sa bene che portare Tarik Aziz a Mosca servirà a lanciare un segnale anche a quei cristiani-caldei (nel mondo sono circa 4,5 milioni) ai quali appartiene, come è noto, l’ex vice primo ministro di Bagdad. Un uomo che il Pentagono aveva collocato al 43mo posto nella lista dei 55 super-ricercati e che nel famoso "mazzo di carte" era stato classificato come l'8 di picche. Putin sembra ora disposto a giocare questa partita con Bush.