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Prime risposte evolutive (o di adattamento) ai cambiamenti climatici

di William E. Bradshaw e Christina M. Holzapfel - 05/02/2007

PRIME RISPOSTE EVOLUTIVE AI CAMBIAMENTI CLIMATICI      
   

William E. Bradshaw e Christina M. Holzapfel, che da anni studiano la Wyeomyia smithii, una zanzara nord-americana, ne sono convinti: i cambiamenti climatici hanno già cominciato ad influenzare l’evoluzione.

mosquitoLa Wyeomyia smithii è un piccolo insetto che completa il suo intero sviluppo preadulto all’interno della Sarracenia purpurea, una pianta carnivora che cresce nelle paludi e nelle torbiere della Florida e del Canada del nord. In anni differenti (1972, 1988, 1993, 1996) i due ricercatori hanno raccolto numerosi esemplari di Wyeomyia smithii tra la Florida e il Canada, per poterli studiare nel loro laboratorio che si trova nel Centro per l’Ecologia e la Biologia Evolutiva dell’Università dell’Oregon. In primavera la femmina di W. smithii depone le uova, una per volta, in una diversa pianta di Sarracenia. Quando mosche e formiche affogano dentro la foglia della Sarracenia i loro resti forniscono nutrimento anche alle larve della zanzara che si vanno sviluppando. La Sarracenia purpurea, infatti, non digerisce il proprio cibo, ma lascia questa incombenza ai batteri che non attaccano le zanzare.

Al sopraggiungere dell'autunno le zanzare adulte muoiono, ma le larve durante la metamorfosi, cioè durante il loro passaggio dallo stadio larvale a quello adulto, sopravvivono all'inverno in uno stato di quiescenza dello sviluppo chiamato diapausa, in cui il metabolismo respiratorio è rallentato e in cui cessano molte attività fisiologiche (nutrizione, escrezioni, accrescimento), allo scopo di superare periodi con condizioni climatiche sfavorevoli. Quando le larve maturano in adulti, l'intero processo si ripete; in condizioni ambientali favorevoli, il ciclo può completarsi quattro o cinque volte nel corso di una singola estate. Per  stabilire quando è il momento di entrare in quiescenza le zanzare si servono della durata delle ore di luce (fotoperiodo). Il momento in cui la W. smithii entra nella diapausa larvale è scandito dall'inizio, dalla durata e dalla fine di un fotoperiodo critico (durata delle ore di luce), strettamente correlato con la latitudine e l'altitudine, ma non con la longitudine. Un'ampia varietà di piante e di animali usa la lunghezza delle ore di luce giornaliere (fotoperiodo) come un segnale periodico per programmare il proprio schema stagionale di letargo, migrazione, sviluppo e riproduzione.

Nella W. smithii la durata del fotoperiodo critico è un tratto adattivo regolato geneticamente, molto ereditabile, che regola gli schemi stagionali del suo ciclo vitale. All'interno di differenti esperimenti effettuati dal loro laboratorio negli ultimi trent'anni i ricercatori hanno valutato variazioni nella risposta fotoperiodica di differenti popolazioni di W. smithii, all'interno dell'area geografica rappresentata dall'est del Nord America.  Sia la W. smithii sia la S. purpurea sono state allevate in camere controllate dal punto di vista ambientale dove i ricercatori possono mimare le condizioni del campo comuni a tutte le popolazioni. I ricercatori hanno misurato il fotoperiodo critico e quindi il momento in cui l'insetto entra in diapausa nelle diverse popolazioni nelle quattro decadi, utilizzando due metodi: una lunghezza delle ore di luce statica nel 1972 nel 1996 e il cambiamento di lunghezza delle ore di luce nel 1988 e nel 1993 correlati positivamente con la latitudine e l'altitudine dei luoghi di origine degli insetti. In altri termini, non solo il fotoperiodo critico delle popolazioni più recenti si è accorciato, ma questo accorciamento è più pronunciato nelle popolazioni del nord rispetto a quelle del sud. I ricercatori hanno osservato che tali differenze nel fotoperiodo critico nelle diverse popolazioni analizzate di W. smithii indicano la presenza di differenze genetiche tra le popolazioni stesse e che tali differenze rivelano una tendenza evolutiva verso un fotoperiodo più breve.

Poiché il clima è diventato più caldo le zanzare che sono rimaste attive fino ad autunno inoltrato (rispondendo quindi a un fotoperiodo più breve per l'entrata in diapausa), avevano goduto di un vantaggio selettivo, presumibilmente perchè sono riuscite ad accumulare qualche riserva in più per l'inverno e hanno trasmesso questo vantaggio alla loro progenie e così via. In particolare Bradshaw e Holzapfel hanno osservato che poiché il riscaldamento globale nell'emisfero nord sta procedendo più velocemente alle latitudini nord che alle latitudini sud, quelle che sembravano capacità di adattamento comportamentale, in realtà sono modifiche genetiche ereditarie per adattarsi e rendere adattati i propri discendenti ad un clima e ad un ambiente diverso da quello dei loro progenitori. Per popolazioni a 50°N di latitudine il fotoperiodo critico della W. smithii si è ridotto da 15,79 a 15,19 ore dal 1972 al 1996, spostando l'entrata in diapausa dell'insetto in avanti nel tempo di 9 giorni. Tale dato è coerente con altri cambiamenti osservati dagli scienziati, come, ad esempio, quello degli uccelli britannici che nel 1995 deponevano le uova 8,8 giorni prima rispetto al 1971.

La temperatura della superficie terrestre è aumentata generalmente in maniera più veloce nel nordest e nel nord America piuttosto che nel sudest e la variabilità genetica sottostante la risposta fotoperiodica della W. smithii aumenta con la latitudine. Così i ricercatori attribuiscono la maggiore velocità della risposta evolutiva delle popolazioni di W. smithii del nord a un insieme di fattori selettivi più forti e a una loro maggiore capacità genetica di evolversi. Fino ad oggi tra gli effetti del riscaldamento globale era stato osservato il precoce arrivo della primavera, una maggiore durata delle stagioni e la conseguente alterazione degli schemi stagionali e delle interazioni biotiche degli insetti, degli uccelli, degli anfibi e delle piante. Tali cambiamenti nelle interazioni stagionali si spiegavano interamente come risposte degli individui temperatura-sensibili all'ambiente, ad esempio come espressione di fenotipi plastici, piuttosto che come cambiamenti attuali genetici nelle popolazioni. Il caso della W. smithii rappresenta, invece, un esempio di un’attuale differenziazione genetica di un tratto stagionale che è coerente con una risposta evolutiva adattiva al riscaldamento globale. I risultati suggeriscono l'ipotesi che anche altre specie stiano predisponendo analoghe risposte evolutive inerenti cambiamenti negli schemi stagionali e che la composizione di future comunità biotiche sia legata alla abilità delle specie che le  costituiscono di adattarsi a cambiamenti nelle interazioni stagionali. Tale analisi testimonia che non solo i cambiamenti climatici hanno modificato i comportamenti di molte specie animali, che, soprattutto, hanno cominciato a spostare più a nord le loro migrazioni o a riprodursi in anticipo nella stagione primaverile, ma che hanno cominciato a produrre anche modificazioni del patrimonio genetico e a governare così l'evoluzione.

Fonti:

Bradshaw, W. E., and Holzapfel, C. M. 2001. Genetic shift in photoperiodic response correlated with global warming. Proc. Nat. Acad Sci. USA. 98:14509-14511 - http://www.uoregon.edu/~mosquito/reprints/bradshaw_pnas2001.pdf 

Bradshaw, W.E., Zani, P.A., and Holzapfel, C.M 2004. Adaptation to temperate climates. Evolution 58(8):1748 - 1762 - http://www.uoregon.edu/~mosquito/reprints/bradshaw_evolution2004.pdf 

Kolbert E.. Cronache da una catastrofe. Viaggio in un pianeta in pericolo: dal cambiamento climatico alla mutazione delle specie.(2006) Nuovi Mondi Media