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E qual è lo share vincente?

di Miguel Martinez - 06/02/2007

 (IV)

"Poliziotto ucciso. Pippo Baudo: dal Papa neppure una parola. È durissimo l’affondo di Pippo Baudo ..."

Cioè, un signore che di mestiere fa il Simpatico Televisivo (nonché speculatore edilizio, nonché gestore di quella gigantesca fogna di traffici, favori sessuali e narcotici - fisici e spirituali - che si chiama Sanremo), si lamenta alla televisione per il fatto che il Papa non ha detto nulla in televisione (perché è lì che parla, assai più che ai fedeli in piazza).

E cosa avrebbe dovuto dire il Papa? Il Nulla, che è il rumoroso contrario di "niente".

Gli esponenti della Chiesa hanno infatti il compito istituzionale in Italia di presentarsi davanti alle telecamere, con vestiti ornati e perfettamente stirati, per dire il Nulla Finale e Definitivo, in particolare quando c'è il morto mediaticamente trasfigurato.

I preti sono mantenuti da tutti gli italiani, grazie all'otto per mille e numerosi altri ingegnosi sistemi, non certo per parlare di teologia, denunciare gli orrori di una società che è di per sé peccato, o condurre alla salvezza le anime.

In realtà, il loro compito è quello di unire l'assoluto e il banale, nella banalità assoluta.

Ad esempio, il prete deve essere molto gentile quando  in chiesa celebra le nozze tra l'imprenditore Tizio, il più noto bestemmiatore del paese, nonché grande narratore delle proprie prodezze erotiche a pagamento in Tailandia, e la Notoria Troiona tatuata e buddista.

Il celebrante si guarda bene dal parlare di peccato o di fede o di cose simili. Ma può parlare per almeno venti minuti, a ruota libera, di quanto Dio ami tutti con un amore davvero amorevole, e per questo anche noi ci dobbiamo amare di un amore davvero amorevole.

Poi c'è il prete che ha la fortuna di avere un morto ammazzato, in parrocchia, di quelli teledegni (i morti più mediatici li mandano direttamente al Duomo).

"Voce rotta dal pianto..." "vedova si accascia, sorretta dai parenti..." "Il parroco, Don Tarcisello Tontini, con voce ferma, proclama solenni parole che scuotono le coscienze dei presenti: 'non cedete mai alla tentazione dell'odio, perché Dio è perdono, ma cercate sempre la giustizia, perché Dio è giustizia, e non abbandonate mai la speranza, perché Dio è speranza'".

Seguono applausi (anzi, ai funerali dell'ispettore Raciti, il prelato catanese li ha esplicitamente chiesti).

Più share ha il morto, più alto deve essere il grado del prete che parla.

Lo share qui è una metafora per molte cose: non solo gli spettatori coinvolti, ma anche il peso politico e finanziario.

Nel caso dell'ispettore Raciti, che in vita sua non aveva certo peso politico o finanziario, abbiamo una sovrapposizione curiosa: lo share del morto equivale allo share del calcio, perché - per alcuni giorni - il morto è sinonimo mediatico del calcio.

E qual è lo share del calcio?

Pensiamo solo in termini di soldi.

Teniamo come riferimento quattro cifre:

- 30 milioni di euro, che sono gli aiuti che l'Italia porta in Afghanistan, o almeno i soldi che l'Italia paga a una serie di operatori con stipendi da trasferta intercontinentale perché portino aiuti in Afghanistan

- 100 milioni di euro, che è quanto lo stato versa per l'accompagnamento agli handicappati nel nostro paese

- 280 milioni di euro (366 milioni di dollari), i soldi che l'Italia regala ogni anno, soprattutto sotto forma di agevolazioni, agli Stati Uniti perché tengano le loro basi sul nostro suolo

- 300 milioni di euro, che è quanto lo stato paga per i soldati in Afghanistan.

Dunque, la sola serie A raccoglie in un anno  1.200 milioni di euro l'anno "tra proventi da diritti televisivi, sponsor, biglietti dello stadio, vendita di magliette e cappellini."

Ogni calciatore di serie A guadagna in media 1 milione di euro l'anno. In nero: infatti, 631 miloni di euro sono i soldi che le società sportive non hanno versato per le trattenute sugli stipendi. E lo stato non ha la minima intenzione di fare qualcosa per farseli dare.

Sky ha pagato 500 milioni di euro per i diritti televisivi.

"Vieri guadagnava all'Inter 13 milioni all'anno. Una cifra che, per accumularla, un suo anonimo tifoso della curva che faccia l'operaio a mille euro al mese dovrebbe lavorare 1.083 anni."

E il Papa si permette pure di tacere?

No. L'Osservatore Romano ha bofonchiato un po', perché è dura ammettere la realtà, cioè che in questa dunya, Pippo Baudo può tirare le lunghe orecchie di Benedetto XVI (sappiamo che Benedetto XVI ha le orecchie lunghe perché appaiono in Primo Piano, proprio come i capelli tinti di Pippo Baudo).

Poi ci si rende conto dei rapporti di forza. Il Papa non è che chiede proprio scusa a Pippo Baudo, ma fa stilare dal proprio segretario di stato, il cardinale Bertone, una "ferma condanna per ogni gesto di violenza che macchia il mondo del calcio".  Le macchie, notoriamente, colpiscono le cose immacolate.

Pippo Baudo ha tutte le carte in regola per rivolgersi al Papa: è infatti un perfetto esponente della Religione Media del nostro paese.

E' cattolico fino in fondo, crede dichiaratamente ai Valori della Famiglia (è poligamo seriale) e sorride sempre.

Certo, ad alcune cose del tutto secondarie, come Dio e la vita eterna, non ci crede. Lo rivela in un'intervista a Gabriele Romagnoli:

E come mai il cattolicesimo in lei ha preso l’uscita di sicurezza?
«Sono un materialista, non credo in un’altra vita».

Che succederà, invece?
«Ci si spegne».

Niente inferno o paradiso?
«E chi lo vuole più? Arrivi su e ci trovi Bonolis che ti ha preparato il caffè».

Mentre con il telecomando spegniamo Giuseppe Raimondo Vittorio Baudo e lo mandiamo a bollire nell'eterno caffé di Bonolis, viene voglia di sognare un altro cristianesimo.

Quello di Frà Girolamo  Savonarola, che urlò,

«Non voglio cappelli, non voglio mitrie grandi o piccole, voglio quello che hai dato ai tuoi santi: la morte. Un cappello rosso, ma di sangue, voglio!».