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Le basi americane in Italia, ieri e oggi

di Sergio Romano - 10/02/2007

 

Non capisco la sua posizione sull'allargamento della base di Vicenza. Abbiamo liberamente aderito alla Nato nel 1949 con il voto della maggioranza del nostro Parlamento. Il Trattato è attualmente ancora in vigore anche se è cambiato lo scenario internazionale di riferimento. Oggi mi sembra di aver capito che l'adesione alla Nato dei singoli Paesi membri abbia soprattutto una funzione di difesa dal terrorismo internazionale.
E ciò mi sembra logico in quanto non vedo come né l'Onu né l'Ue siano oggi in grado di svolgere un ruolo internazionale in questo senso. Posso capire che dissente sostanzialmente dalla politica degli Usa in questo settore, ma se non vogliamo che la Nato ci difenda dal terrorismo incombente, mi sembra esista solo una soluzione: che Prodi convochi il Parlamento e faccia approvare la nostra uscita da tale Trattato.
Dopodiché Prodi dovrà trovare un'organizzazione internazionale più accettabile e valida della Nato a cui farci aderire se non vogliamo restare da soli a combattere Bin Laden.

Giuseppe Gloria , riassicuratore@tiscalinet.it

Caro Gloria, il testo del Patto Atlantico, firmato a Washington nell'aprile 1949, non contiene alcun riferimento a basi militari. Il problema sorse più tardi con la creazione di una organizzazione militare integrata (la Nato, North American Treaty Organization) che rendeva necessaria la dislocazione di truppe americane in Europa. Come ha spiegato Natalino Ronzitti in un buon articolo pubblicato dall'edizione online di Affari Internazionali (la rivista dell'Istituto Affari Internazionali), la questione fu risolta con un accordo generale, valido per tutti i membri dell'Alleanza, e con una serie di accordi bilaterali. L'accordo generale è la Convenzione multilaterale del 1951 sullo statuto delle forze armate Nato stanziate nei Paesi membri dell'Alleanza. Gli accordi bilaterali fra gli Stati Uniti e l'Italia sono un trattato del 1954, un Memorandum d'Intesa concluso nel 1995 e, secondo Ronzitti, «altri accordi che riguardano lo status dei quartieri generali». Mentre la Convenzione fu ratificata dal Parlamento, gli accordi bilaterali non furono presentati alle Camere e divennero validi al momento della firma. Conosciamo il testo di quello del 1995, pubblicato dopo la tragedia del Cermis, ma non conosciamo l'accordo del 1954 e non sappiamo se le clausole pattuite in piena guerra fredda, fra la morte di Stalin e la rivoluzione ungherese del 1956, rispondano ancora agli interessi italiani di mezzo secolo dopo. Resta poi il problema dei compiti che queste basi avranno in una situazione interamente diversa da quella di allora. Il Patto Atlantico e la Nato furono concepiti per contrastare il blocco sovietico, ma gli americani insistettero, dopo la rivoluzione iraniana del 1978, perché le sue competenze venissero estese «fuori area»: una richiesta che a molti europei sembrò già allora troppo impegnativa e generica. Oggi, gli attacchi alle Torri gemelle hanno introdotto nella filosofia militare della Nato il concetto di minaccia terroristica, e si potrebbe effettivamente sostenere, come suggerito nella sua lettera, che il terrorismo abbia preso nell'Alleanza il posto dell'Unione Sovietica. Con una importante differenza, tuttavia. L'America pretende di valutare la minaccia, scegliere il nemico e passare all'uso delle armi senza interpellare la Nato. La guerra irachena non fu una guerra della Nato e l'organizzazione venne invocata da Washington soltanto quando in Iraq le cose cominciarono ad andare male. Allorché decisero di bombardare le milizie delle Corti Islamiche in Somalia (un'operazione aerea per cui usarono la base di Gibuti) gli americani non interpellarono l'Alleanza. Che cosa accadrebbe se decidessero di colpire gli Hezbollah usando la base di Vicenza o quella di Aviano? Ronzitti, professore di diritto internazionale alla Università Luiss di Roma, ricorda un caso di qualche anno fa in cui noi divenimmo corresponsabili di una operazione militare americana. Accadde quando aerei americani decollati da Aviano, durante la guerra del Kosovo, colpirono la sede della televisione di Belgrado. La Jugoslavia accusò allora l'Italia, insieme ad altri Paesi della Nato, di avere violato il diritto internazionale bellico. «Da tenere presente, inoltre», scrive Ronzitti, «che qualora un'operazione militare parta dal nostro Stato, la neutralità non può essere mantenuta anche in assenza di una partecipazione italiana all'operazione». Lei chiede, caro Gloria, quale altra organizzazione migliore della Nato possa difenderci dal terrorismo. Il problema andrebbe piuttosto posto in questi termini: siamo sicuri che le basi americane, in queste nuove circostanze, contribuiscano alla sicurezza dell'Italia?