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Caso Toaff, dietro la bufera antiche ferite e nuove paure

di Achille Scalabrin - 28/02/2007


 
LA 'SCOMUNIC.A' da parte dei rabbini, le telefonate minatorie, l'ingiunzione da parte della 'Giuntina' di lasciare la direzione di Zakhor, prestigiosa rivista di storia, l'abiura impostagli dall'università Bar-Ilan, presso cui insegna. Non si può dire che la comunità ebraica non abbia usato ogni mezzo per fare terra bruciata intorno a Ariel Toaff e per distruggere il lavoro dello storico sugli omicidi rituali. Prima e dopo la pubblicazione di Pasque di sangue, il tam tam è stato uno solo: «Fermiano quel pazzo, le sue tesi scateneranno nuovi pogrom, saranno la gioia di antisemiti, islamici e neonazisti». Ma, ora che il professore italo-israeliano, rabbino e figlio del rabbino capo emerito Elio Toaff, ha bloccato la ristampa del saggio per 'revisionarIo' nei passaggi più discussi, la vicenda - una delle più aspre degli ultimi anni - merita qualche riflessione.

SEI ANNI di ricerche condotte in centinaia di archivi hanno portato Toaff a rivisitare la calunnia dell'infanticidio che agli ebrei è costata nei secoli migliaia di vittime. Perché? «Sentivo la necessità di di smascherare il fondamentalismo che è sempre esistito anche tra gli ebrei», ha risposto nei giorni scorsi al nostro giornale. Le eventuali colpe di pochi invasati, aggiungeva, non possono certo ricadere su un popolo. Privilegiando la libertà di ricerca, e sentendosi forse 'protetto' dalle sue origini e dai suoi stUdi, non ha tuttavia calcolato sufficientemente i dolori e le paure che avrebbe provocato, nelle conseguenze. Prima fra tutte e la più lacerante, l'anatema dei rabbini italiani.


NON C'È DUBBIO che quell'intervento, sulla base di una recensione e senza aver letto il libro, ha determinato la chiamata a raccolta degli ebrei - non solo in Italia - e alterato la natura stessa del dibattito. Non più un confronto fra storici, come lo stesso autore aveva auspicato, ma una scelta di campo: o con noi, o contro di noi. Una crociata religiosa e intellettuale, come non accadeva da decenni, un eccesso di autodifesa.
Gli storici, soprattutto coloro che si occupano dell'«accusa di sangue» e dell'antisemitismo medievale, si sono spaccati. Virulenti attacchi alle tesi di Toaff, da una parte; decise difese, dall'altra. Intere 'famiglie accademiche' sono andate in frantumi, mentre Repubblica - dopo aver lamentato con 'il Mulino' l'anticipazione del saggio sul Corriere"":' ha orchestrato il fronte del no fino a fame una campagna stampa.


IN TUTTO CIÒ si è inserita l'università ortodossa israeliana di Bar-Ilan, presso cui il 'rabbino rosso' insegna da anni. Chiamato a rapporto e sottoposto a esame dai colleghi, martedì Toaff sembrava esserne uscito a testa alta. «Siamo soddisfatti, speriamo che la gente legga e discuta il saggio», aveva dichiarato all'Associated Press il portavoce dell'ateneo Shmuel Algarbani, ventiquattro ore"prima del verdetto ufficiale: «Il libro ha offeso gli ebrei in tUtto il mondo» e va rivisto. Cos'è successo? Le pressioni degli ebrei americani, finanziatori dell'ateneo, e della Anti Defamation League hanno fatto breccia nella difesa della libertà accademica? Come poteva Bar-Ilan non sapere, visto che i risultati della ricerca sono stati presentati ai suoi stUdenti in due seminari tra il 2001 e il 2006?

Ieri 'il Mulino', per bocca di Ugo Berti, direttore editoriale ed editor di storia della casa bolognese, ha accolto la richiesta di bloccare la ristampa del libro (già esaurito). A Toaff viene espressa «amicizia, piena stima e solidarietà in un momento per lui così difficile e così triste per chi ha a cuore la libertà di ricerca». La dichiarazione è però assai tardiva e nulla toglie allo sconcerto di chi ha visto l'autore lasciato completamente solo sotto il cannoneggiamento. çome se la polemica non riguardasse la casa editrice che quel saggio ha voluto e sollecitato. La storia e il rigore del 'Mulino' avrebbero preteso ben altra determinazione, anche difesa di se stessi.

IL 'CASO TOAFF' testimonia alla fine che la paura dell'antisemitismo (belva sempre arrembante) artiglia il mondo ebraico in una misura di cui, purtroppo, non siamo ancora consapevoli. Ma a questa paura rischiamo tutti di sottometterci, piegando anche il coraggio intellettuale.