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Prodi e Padoa-Schioppa. Le tasse e la crisi del riformismo. Quello vero

di Carlo Gambescia - 05/03/2007



Il “duetto” tra Prodi che promette di diminuire le tassi e Padoa-Schioppa che frena sui tempi dei “tagli”, esemplifica bene la crisi della sinistra italiana (postsocialista e postcomunista).
Si dirà: ma Prodi e Padoa-Schioppa non hanno alcun rapporto con la sinistra “storica” italiana. Certo. Ma rispettivamente sono il Presidente del Consiglio e il Ministro dell’ Economia di un governo di centrosinistra. Il che vorrà pur dire qualcosa…

Ma entriamo in argomento. Se si passano in rassegna i programmi politici della sinistra italiana del secondo dopoguerra, almeno fino agli anni Settanta, si possono notare tre cose importanti sotto il profilo del riformismo forte.

In primo luogo, la presenza di un’ accentuata politica di riforme sociali strutturali, in tutti campi. In secondo luogo, la richiesta di introdurre una forte progressività fiscale. E in alcuni casi (in particolare, all’interno del programma del vecchio Pci), addirittura, di una tassa sui grandi patrimoni. In terzo luogo, la volontà di attuare una politica economica fondata sulle progressive nazionalizzazioni.
Insomma, accantonando discussioni di tipo ideologico (ad esempio sul tasso di “rivoluzionarismo” presente nei programmi riformisti…), si può riconoscere, nei punti di cui sopra, un riformismo forte, strutturale di tipo socialdemocratico.

Il primo partito, a rompere le righe (ideologiche) del riformismo sociale forte, fu il Psi di Craxi negli anni Ottanta, il secondo il Pci, a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta. Entrambi abbracciarono il verbo neoliberista. E l’alleanza, anche per ragioni elettorali, con il Centro, finì per completare l’opera.

Va riconosciuto che la pressione esterna, anche in seguito, è stata fortissima (FMI, Banca Mondiale, eccetera). Come il peso degli avvenimenti internazionali (a partire dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica fino alle guerre in Afghanistan Medio Oriente). E continua tuttora ad esserlo. Di qui il progressivo ripiegamento, anche della sinistra radicale, su posizioni di rapsodico ribellismo sociale misto a migliorismo debole. Un solo esempio, sul problema del Tfr, che è una vera e propria rapina neoliberista ai danni dei lavoratori, perché, in sostanza ne mette i risparmi nelle mani dei broker, una sinistra riformista autentica avrebbe dovuto puntare i piedi. E invece, proprio in questi giorni, siamo entrati in piena fase attuativa. Vergogna.

Si dirà, questo è successo, perché la sinistra negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento rinunciò alla rivoluzione. Il che è vero e falso al tempo stesso. In un mondo diviso in blocchi conservatori, la “rivoluzione” sarebbe finita in un bagno di sangue. Pertanto, la sinistra fece molto bene a tirarsi fuori. Tuttavia, nel tempo, l’assenza di un vero “pungolo” rivoluzionario, ha finito per indebolire lo stesso riformismo sociale, addormentatosi sugli allori dell’ombrello militare americano e del tasso crescente di sviluppo.

No, quel che è mancato in Italia, è un riformismo forte, di struttura. Guidato da una sinistra socialdemocratica alla tedesca, capace di creare un vero stato sociale e un’economia pubblica seria. Noi, purtroppo, non abbiamo mai avuto veri politici riformisti. Le idee non sono mai completamente venute meno, mentre è mancata le fermezza negli uomini politici di sinistra(in particolare negli Ottanta). E soprattutto, è mancato, quell’ottimismo sociale (che, certo, talvolta può essere anche pericoloso…), che deve distinguere il politico di sinistra, da quello destra più pessimista nei riguardi della natura umana.
Ragioni, perciò legate, “anche” all’antropologia italiana: guicciardiniana e poco aperta al “nuovo” sociale, quello vero. Al fondo del mancato riformismo italiano si può scoprire una debolezza antropologica. Oltre che storica, come abbiamo visto.

Comunque, sia, oggi, l’Italia si ritrova, con Prodi e Padoa-Schioppa, che, come due vecchie volpi liberiste, discutono solo di sgravi fiscali. Il che, ripetiamo, non è riformismo di sinistra.
Che tristezza.