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La sinistra parlamentare tradisce il suo popolo

di Fabrizio Carcano - 28/03/2007

Pur di salvare le poltrone hanno sacrificato tutto: coerenza, ideali, valori, ma soprattutto la fiducia della propria base e il mandato ricevuto da quel popolo della pace che li ha votati. Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani e Verdi hanno confermato la loro... ...vocazione: quella di essere partiti pacifisti senza ma e senza se, ma soltanto finché non si rischia di perdere le preziose poltrone.
E pazienza se il prezzo da pagare per mantenere le poltrone sono i propri ideali.
Così i partiti della sinistra, ieri, pur di mantenere in vita questo Governo, e le loro poltrone, hanno inghiottito, senza nemmeno tanti patimenti, l’amarissimo e indigesto boccone del voto favorevole al decreto sul rifinanziamento della missione in Afghanistan.
In questo modo Prc, Pdci e Verdi hanno salvato le “cadreghe”, hanno mantenuto i posti nel Governo, con tutti i privilegi annessi, ma hanno tradito, ancora una volta, lo zoccolo duro del loro elettorato, pacifista oltranzista e anti-americano.
La vera sinistra, quella che non ha tradito chi l’ha votata e ha rispettato il volere della propria base, ieri al Senato è stata rappresentata solo da un manipolo di pochi sparuti e isolati senatori, che hanno pagato la loro coerenza con l’epurazione dai loro partiti, ovvero l’ex Prc Franco Turigliatto, che ha confermato il suo voto contrario, e l’ex Pdci Fernando Rossi, che ha optato per non partecipare alla votazione restando fuori dall’Aula.
La sinistra pacifista senza se e senza ma, quella dei cortei con le bandierine arcobaleno, quella che ha guidato la recente manifestazione anti-americana di Vicenza, è tutta qua: Turigliatto e Rossi.
Al massimo si può aggiungere il senatore dei Verdi Mauro Bulgarelli, un altro che pur di non votare sì a questa missione ha preferito stare alla larga dai palazzi romani andandosene proprio a Vicenza, davanti alla famosa base Usa al Dal Molin.
Basta. Nemmeno l’irriducibile Franca Rame nonostante i proclami di tormenti inenarrabili («Mi sento male... mi sento veramente male. Non lo so... sono sconvolta...»), nonostante i patemi d’animo («Sono lacerata, con la testa in disordine»), alla fine ha ceduto pur di salvare il Governo: «Voterò sì, ma con il sangue agli occhi».
Turigliatto e Rossi, al limite anche Bulgarelli.
Ecco la vera sinistra pacifista: due, forse tre senatori, più un manipolo di deputati che avevano fatto una scelta analoga nel precedente voto a Montecitorio.
Tutti gli altri hanno scelto, diligentemente, obbedendo alla logiche di Governo e di partito, di dare il loro sostegno, arrivando persino ad accettare con gratitudine il voto-salvagente degli odiati centristi dell’Udc.
Un’ultima umiliazione che ha reso ancora più indigesto il già indigeribile boccone rappresentato da questo voto su una missione che a sinistra hanno sempre definito di guerra e non di pace: eppure Prc, Pdci e Verdi non hanno arretrato di un millimetro, mantenendo il loro sì.
E d’altronde quando in ballo ci sono le poltrone, gli ideali o la pace sono ben poca cosa, come faceva notare prima dell’avvio del dibattito a Palazzo Madama il capogruppo leghista, Roberto Castelli, profetizzando, riferendosi ai senatori della sinistra: «trangugeranno tutto, perché l'Unione ha già provato il brivido delle elezioni anticipate».
Tutto vero.
E non lo dice solo la Lega.
Lo pensa anche la base pacifista oltranzista radicale.
Del resto basti vedere cosa è accaduto lunedì a Fausto Bertinotti, contestato al grido di “assassino e guerrafondaio” da un gruppo di studenti di sinistra della Sapienza.
E lo ribadiscono anche tutti quei personaggi della sinistra parlamentare che tanta presa hanno sull’area pacifista.
Da Marco Ferrando, che ancora pochi minuti prima del voto auspicava un ripensamento dei partiti della sinistra («Non vi sono più alibi al riguardo. Nessuno potrà dirsi anti Bush e poi continuare a votare una missione benedetta dagli Usa. Nessuno potrà votare no alla guerra e poi restare nella maggioranza di un governo di guerra e nei partiti che ne fanno parte»), fino al prete no global Don Vitaliano che impietosamente ha messo alla berlina Prc, Pdci e Verdi: «E’ triste vedere la sinistra, cosiddetta radicale, messa supinamente all'angolo del centro moderato e dai Ds, sacrificare la propria politica di sempre sull'altare della governabilità e della poltrona».
Mentre il leader dei Disobbedienti, Luca Casarini, ha puntato l’indice: «Non ci vengano più a dire che sono diversi dagli altri. Si vergognino piuttosto. Bertinotti? Per lui vale il motto falce e martello e cachemire. Chi vuole essere il simbolo dell'istituzione parlamentare, di un Parlamento come questo che è in fase di decomposizione, è chiaro che non prova neppure più vergogna».
Parole durissime quelle di Ferrando, Don Vitaliano, Casarini, simboli e interpreti di quel popolo della sinistra estrema che, fino a qualche tempo fa, vedeva in Bertinotti, e in subordine nei vari Oliviero Diliberto, Paolo Cento, Franco Giordano e via dicendo, gli unici possibili rappresentanti a cui affidare il proprio voto da far valere in Parlamento, per dire no alla Tav, no alle grandi reti infrastrutturali, no alle basi americane, no alle missioni militari come quella in Afghanistan o in Libano. E’ invece successo tutto l’opposto.
Dal Prc, dal Pdci e dai Verdi sono arrivati puntualmente grandi proclami, poi altrettanto puntualmente disattesi al momento del voto, pur di restare aggrappati ai posti nel Governo.
Quello sull’Afghanistan era una sorta di ultimo appello: ma i partiti della sinistra, con il loro voto favorevole alla missione, hanno confermato la loro scelta.
Meglio Palazzo Chigi della piazza con le bandiere arcobaleno.
E la pace? Nessun problema, ci sono sempre le spilline arcobaleno da appuntare sulla giacca orgogliosamente.
Come ha fatto Bertinotti lo scorso 2 giugno, mentre partecipava alla parata militare delle forze armate italiane.
Più pacifisti di così...