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Aviano: Italia versus Usa? Forse è solo una chimera

di Tatiana Genovese - 31/03/2007



Si è tenuta mercoledì scorso, presso il Tribunale di Pordenone la prima udienza dell’azione civile intentata da cinque pacifisti pordenonesi per domandare la rimozione delle atomiche che risultano presenti all’interno della base Usaf di Aviano. Il possesso delle testate ad Aviano risulta attestato dalla presenza di truppe militari specializzate nel compito di operare con materiale radioattivo. Nell’atto di accusa, i cinque autori sostengono il rapporto “U.S. nuclear weapons in Europe” del ricercatore  Kristensen che denuncia l’esistenza di 50 atomiche ad Aviano e di 40 ordigni nella Base Nato di Ghedi (Brescia). I promotori della causa sostengono che la detenzione delle bombe violi il Trattato di Non Proliferazione (Npt) firmato da diversi Paesi del pianeta, tra cui anche gli Usa, che all’art.1 fissa l’obbligo per le potenze nucleari di non trasferire, direttamente o indirettamente, a nessun destinatario armi nucleari. Inoltre nella citazione veniva spiegato come la presenza delle atomiche fosse intrinsecamente pericolosa per tutta l’area circostante il campo militare, in quanto la Base stessa poteva divenire obiettivo di un eventuale attacco nucleare.
Gli avvocati Lau e Giangiacomo hanno richiesto mercoledì al giudice Alberto Rossi, di fissare l’inizio del dibattimento e di respingere - in quanto manifestamente infondata - la richiesta avanzata dalla controparte Usa e dal Pubblico Ministero - di una sospensione in attesa del pronunciamento della Corte di Cassazione, che stabilisca la competenza o meno del giudice ordinario in materia. Le due parti, citate in giudizio, avevano già presentato nei giorni precedenti le loro documentazioni. Il governo Usa e la procura della Repubblica avevano depositato presso la cancelleria del tribunale della cittadina friulana alcuni atti con cui respingevano le istanze dei pacifisti, rimettendosi all’assurda sentenza della Corte di Cassazione del 2000, che respinse la richiesta avanzata dalla CGIL, dopo la tragedia del Cermis di disporre la sospensione dei voli di addestramento a bassa quota. Va ricordato che all’epoca la Corte giustificò l’inammissibile disposizione sostenendo che “l’attività di addestramento alla guerra - delle proprie forze armate - realizza un fine pubblico essenziale ed indefettibile dello Stato” e quindi può essere esercitato senza nessun vincolo, anche qualora esso comportasse una minaccia per la vita e la salute dei cittadini.
Al Tribunale di Pordenone, la difesa degli Usa, presieduta dall’avvocato Cosmelli aveva anche inoltrato nei giorni scorsi la tesi della non competenza giuridica in territorio nazionale, sostenendo tra l’altro il, perennemente vantato e sempre purtroppo accordato, diritto di immunità di cui gode la Stato americano. Il legale degli Usa aveva richiesto dunque la sospensione del processo. Posizione contrastata dal ricorso sostenuto dalla commissione della Ialana (Associazione Internazionale Giuristi Contro le Armi Nucleari), che difende i 5 autori dell’atto di citazione - che si era appellata al Diritto Consuetudinario Internazionale, attraverso il quale viene riconosciuta la competenza della magistratura italiana. Proprio a tal proposito venne citato il Trattato Militare del 1951, nel quale si evidenziava come sul diritto di Stato e di truppe non si possa ricorrere all’immunità. L’avvocato dell’Ialiana Joachim Lau aveva quindi sostenuto l’appiglio all’art. 10 della Costituzione Italiana, per cui “la condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità - però - delle norme e dei trattati internazionali”.
Intanto, durante e in seguito all’udienza di mercoledì scorso, nel piazzale antistante il Tribunale si è svolto un presidio, a cui hanno preso parte un centinaio di persone, tra cui una delegazione del neocostituito Comitato contro le atomiche di Ghedi (BS) e dell’Assemblea Permanente contro il “Dal Molin” di Vicenza. Piena soddisfazione è stata espressa dai componenti del Comitato “Via le Bombe” che hanno anche chiosato che con l’inizio della causa e la buona copertura mediatica che l’evento ha suscitato “si pongono le basi perché il tema della presenza di armi atomiche sul territorio italiano diventi di pubblico dibattito e la cittadinanza abbia modo di confrontarsi e prendere posizione sull’argomento.
Potrebbe essere solo una chimera quella destata dall’avvio della causa di mercoledì, gli italiani ci sono purtroppo tristemente abituati alla sovranità “indiscutibile” degli Stati Uniti. Al di là poi del plausibile dubbio sulla liceità di bombe nucleari statunitensi, e in più sul suolo italiano, ciò che fa veramente allibire è che in Italia ci sono centinaia di basi Nato e americane, su molte delle quali, non si sa assolutamente nulla. Sarebbe necessaria un’azione concreta di trasparenza, ma demandare una simile richiesta di azione concreta al nostro governo, schiavizzato all’ignomignoso volere statunitense, appare purtroppo impossibile.