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PCI-PDS-DS-PD-RC: nun ve' reggae chiu'

di redazionale - 31/03/2007

 

 

Vanno avanti a fatica, ma pur sempre unidirezionalmente, i lavori che porteranno all’autoscioglimento della Quercia  e alla nascita del Partito Democratico. Tutti insieme, non molto appassionatamente, in ossequio a complicate alchimie elettoralistiche e agli interessi di casta del ceto politico-professionale che sta appestando le istituzioni italiane. Sulla base di questi presupposti sorgerà il nuovo soggetto politico liberal-socialista di Fassino, D’Alema, Rutelli, + parte dei Verdi, + i soliti transfughi senza patria + decine di manutengoli sempre pronti a salire sul cavallo favorito. E pensare che la resistenza nel partito del “grissino” è affidata a uomini come Mussi, Salvi o Angius che non sono proprio il massimo della vita. Ovvio che, sepolto per sempre il cadavere pseudo-socialdemocratico diessino, solo alcuni organi potranno essere trapiantati nella nuova creatura centrista. Salvi e Mussi, qualora aderissero al PD, resterebbero confinati al ruolo di meri testimoni negli assetti di potere che verranno fuori dall’ennesima svolta verticistica diessina. Per questo s’impuntano, non ci stanno a fare le comparse nella creatura fassianian-dalemian-rutelliana. Insomma, per utilizzare una metafora di borsa, si profila lo stesso problema che hanno i piccoli azionisti all’indomani di una fusione tra organi societari diversi, il capitale iniziale investito si dimezza mentre si rafforzano (strategicamente ed economicamente) i pesci grossi. Così Mussi minaccia (non so se davvero avrà la coerenza di dar seguito alle invettive sin qui avanzate) di non aderire al progetto PD e di dar vita ad un’altra mostruosità con RC, Pdci, l'altra parte dei Verdi ostili al PD e qualche cespuglietto in cerca di gloria. Tutto il correntone dovrebbe essere in grado di portare con sé almeno il 14% del partito, tale cifra è comunque destinata ad assottigliarsi per i soliti giochetti e le promesse che il gruppo dirigente farà agli eventuali recalcitranti. Già, se da una parte i giochi sembrano fatti dall’altra comincia il mercato degli acquisti con Rifondazione pronta ad abbandonare la denominazione “comunista” pur di accogliere la gran parte degli emigranti diessini. Il gruppo dirigente di RC dice che è arrivato il momento di restituire una sinistra all’Italia, di portare le istanze dei più deboli nel cuore della modernità, attraverso la costituzione di un’ennesima accozzaglia partitocratrica, composta per lo più da profughi scaricati, reduci del piccìismo veterostalinista e approfittatori di ogni risma. A questo ambaradan  si darà il nome di Sinistra Europea. Bertinotti si autocandida a deus ex machina della nuova formazione, disegna equilibri, convergenze, immagina soluzioni arzigogolate per districare la matassa, si dice pronto ad aderire al nuovo soggetto politico che, nelle sue parole, dovrà restare ancora comunista. Detto da uno che viene dal partito socialista e che comunista non è mai stato…

Nel frattempo il gotha di RC propone una nuova strutturazione delle sezioni territoriali sulla base di iniziative politiche per aree tematiche. Meglio dare ai militanti una politica fatta a fettine al fine d’impedire che anche a Cernusco Lombardone vogliano arrogarsi il diritto di mettere becco nelle disquisizioni sui massimi sistemi; che si occupino delle faccende di quartiere e dei consigli comunali. Come dire, lasciate ai grandi capi del Comitato Centrale la decisione sulle grandi questioni perché non tutti hanno la competenza per decidere su temi delicati come la politica estera, quella interna ecc. Fidatevi di Berty e di Giordano vostri, che sono tanti bravi e coerenti!

La strada non sarà tutta in discesa per Bertinotti e & C., il subcomandante è già stato vittima di una legittima contestazione all’Università la Sapienza (proprio come il suo collega Luciano Lama che non Lama(va) proprio nessuno) dove sono volate accuse pesantissime contro le decisioni prese dal suo partito sul rifinanziamento della missione in Afghanistan. Ma lui non si scompone, capisce il dissenso e auspica che la riunificazione di tutte le “sinistve” avvenga il più presto possibile. Perché auspica ciò? Per timore della riforma elettorale che potrebbe collocarlo ai margini della vita politica italiana? Perché sente la necessità di una forza che raccolga le istanze dei lavoratori, dei pensionati, dei disoccupati ecc. ecc.? Nooo, semplicemente per il solito rito apotropaico contro le “destve” che avanzano, perchè non si può permettere al berlusconismo di tornare al potere. Questa, diciamo, la motivazione ufficiale, poi c’è quella più dozzinale, robetta da poco che non interessa proprio nessuno: come farà a sopravvivere senza i fasti degli alti incarichi istituzionali? Qui nasce lo sprone di Bertinotti a fare sempre meglio per accreditarsi come responsabile uomo delle istituzioni, uno di cui ci si può fidare nonostante il forbito linguaggio noglobal. Ma il vero nemico, e noi lo sappiamo, marcia sempre alla nostra testa e si chiama sinistra di lotta e di governo (l’ossimoro che ha permesso a Bertinotti di diventare Presidente della Camera e che ha dato ai militanti la possibilità di sentirsi ancora dei rivoluzionari guevariani). Ma Bertinotti non si scoraggia per qualche contestazione, è un uomo pieno di risorse, uno che cento ne pensa e cento ne combina. Chi ha dimenticato la famosa desistenza con la quale permise a Prodi di vincere le elezioni del ’96? Oggi Fausto ci sta preparando altre novità, chiede ancora di discutere della cultura politica della sinistra, ci vuole tutti un po’ meno sovversivi e un po’ più democratici, nonviolenti, pacifisti ecc. ecc. Caro Bertinotti a noi della cultura politica della sinistra non ce ne frega proprio nulla. Vogliamo parlare di problemi veri, dello sfacelo di un sistema-paese ridotto a stuoino degli Usa, di politiche economiche che avvantaggiano solo le grandi banche e le imprese della passata rivoluzione industriale, tenute in vita grazie alle continue iniezioni di denaro pubblico (che Rc ha avvallato), vogliamo parlare di un’Europa ridotta a giardino di casa degli Usa a causa del servilismo delle sue classi dirigenti. La cultura (almeno come la intende lui) la lasciamo volentieri a Bertinotti e al suo entourage, ai Giordano, ai Migliore (il fratello scemo di Capezzone, come lo ha giustamente definito Walter Liberati) e a tutti quei parlamentari schizofrenici che mantengono in vita questo governo solo per paura di perdere la pensione.