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Chi c’è dietro la “Rivoluzione Twitter” in Moldavia?

di José Miguel Alonso Trabanco - 27/04/2009

 


“Molto di quello che noi (il Comitato Nazionale per la Democrazia) stiamo facendo oggi, fu pianificato segretamente dalla CIA 25 anni fa”.- Allen Weinstein

Sembra proprio che coloro che avevano pronosticato la fine delle “rivoluzioni colorate” si fossero sbagliati di grosso. In passato, esse ebbero successo in Serbia, Georgia, Ucraina e Kyrgyzstan; ma, fallirono in Bielorussia, Uzbekistan e in Myanmar.
Il loro comune denominatore è un’ondata di proteste, a volte violente, che hanno lo scopo di sovvertire il governo locale, spesso in coincidenza di tornate elettorali, o subito dopo esse. Va sottolineato che quasi sempre, queste “rivoluzioni colorate” godono dell’entusiastico appoggio  dell’Occidente(o addirittura vengono organizzate da esso?), il più delle volte tramite organizzazioni “no-profit”, diplomatici, uomini d’affari, istituzioni governative o capi di Stato. Negli stati in cui avvengono queste mobilitazioni politiche, il risultato è che, in seguito, “sale sul trono” un leader filo-occidentale. Se si guarda con attenzione alla loro mappa, è impossibile non rilevare come non possa essere una coincidenza il fatto che tutte queste rivoluzioni sono avvenute in paesi confinanti con la Russia o con la Cina.; allo stesso tempo, va sottolineato che nessuna di esse è mai avvenuta in paesi dove i governi sono saldamente filo-occidentali.

Oggi, è abbastanza evidente che quello che succede in Moldavia non è altro che l’inizio dell’ennesima “rivoluzione colorata”. Solo pochi giorni fa, si sono svolte le elezioni e i primi annunci ufficiali dei risultati hanno mostrato che il Partito Comunista della Repubblica di Moldavia (affiliato al Partito Socialista Europeo) ha ricevuto quasi il 50% dei voti. L’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione Europea(OSCE) ha certificato che le elezioni per il Parlamento sono state libere e regolari. Nonostante questo, decine di migliaia di persone hanno cominciato a protestare poche ore dopo la comunicazione dei risultati. Queste manifestazioni, a differenza da quello che viene riportato dai media, difficilmente possono essere definite pacifiche, visto che coinvolgono le strutture governative, incluso il palazzo del Presidente e quello del Parlamento. Il copione è simile a quello della “Rivoluzione Arancione” in Ucraina, che è iniziata con una grande protesta di piazza, la quale chiedeva nuove elezioni, perché i partiti dell’opposizione erano rimasti scontenti del risultato delle urne.

Ci viene mostrato che i manifestanti agitano le bandiere della Romania e dell’Unione Europea; inoltre, chiedono le dimissioni dell’attuale governo, definito “un regime totalitario”, e che si teangano nuove consultazioni elettorali. Le forze antisommossa moldave sono entrare in azione, ma sono state soverchiate e non sono state in grado di contenere i manifestanti, pur utilizzando gas lacrimogeni e idranti. Diversi alti funzionari governativi moldavi avevano dichiarato che consideravano questi atti di disordini civili come illegali, e quindi, avrebbero agito di conseguenza. L’ambasciatore rumeno in Moldavia è stato dichiarato “persona non gradita” e sono stati irrigiditi i requisiti per ottenere il visto da parte dei cittadini rumeni. Diverse manifestazioni a favore dei manifestanti moldavi si sono tenute in diverse città della Romania. Anche se nessun colore è stato scelto per questa rivoluzione, essa è già stata definita la “Rivoluzione Twitter”, perché il sito internet mostra che gli organizzatori hanno fatto ampio uso dello strumento di questo social network per alimentare il malcontento.

Per determinare se un evento sia o meno geopolitcamente significativo, il tempo è un elemento che va sempre tenuto in considerazione. Lo spazio ex-Sovietico è una delle arene più attive nella grande competizione tra poteri geopolitici, e a riguardo si sono registrati diversi episodi significativi:
- il fatto che Ucraina e Georgia non sono ancora state accettate come membri della NATO, nonostante le pressioni da parte di influenti membri NATO;
- a differenza di altri paesi ex-Sovietici, il governo moldavo aveva dichiarato che Chişinău sarebbe rimasta neutrale e che avrebbe rifiutato di dichiarare quale grande potenza geopolitica avrebbe sostenuto; cosa che più o meno rispecchia la posizione dell’ex repubblica sovietica del Turkmenistan, la cui politica estera è condotta all’insegna del più assoluto neutralismo;
- la guerra russo-georgiana, nella quale Mosca ha inflitto una pesante sconfitta militare alla filo occidentale Georgia;
- l’annuncio del governo del Kirghizistan che la base militare nel Manas verrà chiusa;
- il lancio, da parte dell’Unione Europea, del progetto “Partnership Orientale”, ideato dalla Polonia e dalla Svezia e rivolto a Ucraina, Bielorussia, Azerbaijan, Georgia, Moldavia e Armenia. Questo progetto è visto da Mosca come un tentativo di cooptare quei paesi e marginalizzare l’influenza russa nell’area;
- la decisione dell’Ucraina di tenere elezioni anticipate; inoltre, la candidatura del filo-occidentale Viktor Yuschchenko, non sembra promettere niente di buono.

Tutti questi episodi dimostrano che la rivalità geopolitica tra Russia e NATO si è fatta sempre più intensa. Importanti politici russi hanno già dichiarato che le proteste in Moldavia sono state organizzate dai servizi segreti occidentali; inoltre, hanno sottolineato che il loro scopo finale è quello di causare un cambio di governo nel paese, in modo che la Romania, membro della NATO, possa annettersi la Moldavia; anche perchè, non è un segreto che la parte politica nazionalista rumena vorrebbe attuare un Anschluss con la Moldavia. Anche se i governi occidentali si sono dissociati dalle voci che li vedono appoggiare i manifestanti moldavi, è necessario esplorare a fondi quali sono i loro interessi su questa piccola repubblica ex-sovietica.

Perché la Moldavia?

La Moldavia era una delle più povere e meno sviluppate tra le Repubbliche Sovietiche; oltre a essere quella con la maggiore densità di popolazione. Si tratta di un territorio senza sbocco sul mare, incastrato tra la Romania e l’Ucraina. I pianificatori sovietici decisero che la Moldavia si sarebbe specializzata nella produzione di cibo; nonostante questo, il suo sviluppo non fu omogeneo. Le infrastrutture industriali del paese vennero costruite in Transnistria, una regione popolata in prevalenza da etnie slave(cioè russi e ucraini). In questa regione si produceva una grande percentuale del prodotto interno lordo della Moldavia (il 40%); oltre che la quasi totalità della produzione energetica del paese. Durante la Guerra Fredda, il dittatore rumeno Nicolae Ceauşescu affermò che il Cremlino si era annesso la Bessarabia (altro nome della Moldavia); facendo intendere che considerava quella terra come parte della Romania.

La disintegrazione dell’Unione Sovietica ha cambiato di poco le cose. Il sistema economico moldavo non ne ha particolarmente sentito i contraccolpi, continuando a esportare vino, frutta, bevande e prodotti alimentari in generale; inoltre, è un paese importatore di carbone, petrolio e gas naturale, visto che non possiede risorse di queste materie prime. Secondo il “Libro mondiale dei fatti” della CIA, la Moldavia occupa la posizione numero 138 della classifica mondiale dei paesi per prodotto interno lordo.
La Transnistria dichiarò l’indipendenza a seguito del collasso dell’Unione Sovietica, temendo l’emergere di un nazionalismo moldavo, e soprattutto il riaccendersi di un sentimento filo-rumeno. Questo causò la guerra tra Chişinău e i separatisti; così l’esercito russo venne inviato per porre fine al conflitto, che cessò, anche se, la presenza sul terreno del personale russo (circa 300 elementi) ha determinato, de facto, una situazione di indipendenza della Transnistria dalla Moldavia, anche se ne fa formalmente ancora parte. Di fatto, la regione ha istituzioni indipendenti, un esercito, un sistema giudiziario, monetario, servizi amministrativi autonomi, una propria bandiera, un proprio inno nazionale, una propria costituzione e un proprio simbolo nazionale. Quasi metà delle sue esportazioni sono dirette in Russia.

La Russia ha sostenuto la causa della Transnistria, perché abitata in gran parte da russi fedeli a Mosca, fatto molto importante, perché la popolazione è la risorsa minore della Russia; inoltre, rappresenta la regione più orientale della Moldavia, e cosa ancora più importante, confina con l’Ucraina. In più, ultimo ma non meno importante aspetto, la piccola economia della regione si basa sull’industria pesante, la produzione tessile e di energia, cosa che rappresenta un ulteriore elemento di attrazione. Come risultato dell’intromissione russa, Chişinău si è guardata bene dal presentarsi come un’antagonista di Mosca. L’attuale presidente moldavo, Vladimir Voronin (il cui nome può trarre in inganno, ma in realtà è di etnia rumena), è stato eletto nel 2001, come rappresentante del Partito Comunista della Repubblica di Moldavia. Contrariamente al nome del suo partito, il suo governo è stato all’insegna del pragmatismo; per esempio, ha deciso di continuare col piano di privatizzazioni iniziato dal suo predecessore. Nel 2002, irritò i nazionalisti, stabilendo il russo come seconda lingua nazionale ufficiale; nonostante questo, sarebbe un grave errore considerandolo un politico pro-russo, perché la sua politica estera è stata sempre all’insegna del bilanciamento tra interessi russi e occidentali, senza schierarsi apertamente. La sua amministrazione ha cercato di instaurare strette relazioni con l’Unione Europea (che ha stabilito una presenza fissa a Chişinău) e una cooperazione con la NATO e la Russia, pur evitando di entrare a far parte stabilmente dell’Alleanza Atlantica o dell’ Organizzazione per la Sicurezza Collettiva a guida russa. Ancora, ha cercato di supportare gli sforzi per far rimanere il paese indipendente, invece che essere annesso alla Romania. In pratica, non è ne filo-russo(come Alexander Lukashenko) né filo-americano (come Mikheil Saakashvili); piuttosto, la sua posizione politica è più simile a quella di Kuchma in Ucraina, di Shevardnadze in Georgia, o anche di Niyazov e Berdymukhamedov in Turkmenistan.

Vista la situazione, è evidente che la NATO in generale, e gli Stati Uniti in particolare, sono interessati ad un cambiamento di regime in Moldavia. L’obiettivo principale è sovvertire l’attuale governo e sostituirlo con uno più ostile a Mosca. Se ciò accadesse, il nuovo governo potrebbe espellere le truppe russe dalla Transinistria, allo scopo di indebolire l’influenza russa nell’Europa Orientale, nello spazio dell’ex Unione Sovietica e minare il prestigio di Mosca in generale; inoltre, sarebbe un segnale che l’Occidente lancerebbe a Mosca, ricordandole che potrebbe caro ogni sua minima distrazione, a favore della NATO. Un’ipotetica Moldavia filo-occidentale potrebbe venire successivamente incorporata alla Romania, già membro della NATO, spostando ancora più a oriente i confini dell’Alleanza, bypassando il normale protocollo per i nuovi stati membro.
Rimane da vedere se il Cremlino si lascerà cogliere di sorpresa e come reagirà ad un eventuale cambio di regime a Chişinău; specialmente se il nuovo governo dovesse decidere di usare la forza in Transinistria, come fece la Georgia in Ossezia del Sud l’anno scorso. Di sicuro, quello che è certo è che la Russia non ha intenzione di farsi coinvolgere in un conflitto che le richiederebbe un grosso dispendio finanziario, militare, diplomatico e politico. E’ anche vero, però, che ai  politici russi non piace quello a cui stanno assistendo in Moldavia, perché è un copione che hanno già visto.
A questo punto, è ragionevole affermare che la Russia farà ricorso alle sue forze di intelligence per prevenire sconvolgimenti contrari in Moldavia, prima di passare a muovere le truppe. Sicuramente, è troppo presto per predire quali saranno i futuri sviluppi e quali conseguenze porteranno: se l’attuale governo sopravviverà; oppure se la “Rivoluzione Twitter” avrà successo, installando un governo ostile a Mosca, grazie al supporto, più o meno esplicito, dell’Occidente alle forze contestatrici.

Le accuse russe di coinvolgimento dei servizi segreti occidentali, ovviamente, non sono state provate, perché tutte le operazioni sotto copertura seguono il principio della loro plausibile negazione; ciononostante, esistono concreti indizi che dimostrano una partecipazione straniera agli eventi. Alcune istituzioni occidentali semiufficiali e organizzazioni no-profit dichiarano apertamente di lavorare in Moldavia. Per esempio, il sito internet di USAID, a proposito delle attività dell’agenzia nel paese, riferisce che alcune di esse sono: “il programma di partecipazione cittadina moldava”, “rinforzare l’attivismo politico democratico in Moldavia” e il “programma di istruzione e accesso a internet”. Quest’ultimo è particolarmente significativo, perché lo strumento dei social network è stato particolarmente utilizzato per aumentare l’attivismo contro il governo. Il sito specifica che “(il suo programma) fornisce alle comunità libero accesso a internet e istruzione riguardo tutte le tecnologie di comunicazione”. Continua spiegando che “i gruppi a cui ci si rivolge includono membri del governo locale, giornalisti, studenti, rappresentanti di organizzazioni no-profit locali, professori e personale medico…”.


Questi esempi sono particolarmente significativi, soprattutto se si considera che queste organizzazioni hanno svolto un ruolo importante nelle precedenti “rivoluzioni colorate”. Si può affermare, quindi, che i protagonisti e il “modus operandi” sono i medesimi. Uno dei principali protagonisti della “Rivoluzione Twitter” è la famosa giornalista Natalia Morar, che lavorava come addetta stampa per “L’altra Russia”, una strana coalizione di forze politiche anti-Putin che comprende nazionalisti, comunisti e gruppi filo-occidentali.
In breve, tenendo a mente quanto esposto finora, sembra proprio che ci troviamo di fronte a un nuovo episodio dello scontro geopolitico tra Russia e Occidente, con scenario la Moldavia. Questa battaglia non si è ancora conclusa, e a prescindere dall’esito finale, le sue implicazioni saranno molto importanti, perché rappresenteranno un segnale forte per l’Europa Orientale e l’intera zone ex-Sovietica. Quello che è sicuro è che la posta in gioco si è alzata in questo turno del “Grande Gioco” geopolitico. Qualche anno fa, un famoso analista neocon, Charles Krauthammer, osservava che “Questa (la Rivoluzione Arancione ucraina)riguarda in primo luogo la Russia, e la democrazia solo secondariamente”. Lo stessa frase si può applicare alla “Rivoluzione Twitter” in Moldavia.



Fonte: www.globalresearch.ca
Traduzione: Manuel Zanarini