Un vile affarista
di Gianni Petrosillo - 19/05/2011
	L’attuale Presidente di Bankitalia, Mario Draghi, ha ormai la strada spianata verso l’Eurotower dove ha sede la BCE.   La mancanza di altri candidati (o per meglio dire la loro esclusione  forzata) ed il recente endorsement dell’Ecofin lanciano ai vertici  dell’importante istituzione europea il nostro governatore, il quale  sembra gradire il consenso generale degli altri membri comunitari che lo  sospingono all’incarico. I media e gli schieramenti politici nazionali  sono andati in brodo di giuggiole per l'evento senza distinguersi gli  uni dagli altri quanto a valutazione critica e completezza informativa.  E’ un coro unanime di giubilo perché si ritiene un immenso privilegio ed  un esorbitante onore per il Paese il fatto che un proprio connazionale  assurga finalmente ad un ruolo strategico negli assetti dell’UE. Ma si  sta dimenticando con troppa facilità il passato del presidente del  Financial Stability Forum, già Managing Director di Goldman  Sachs International e membro del Comitato esecutivo del Gruppo Goldman  Sachs. Quest’ultima merchant bank è salita agli onori della cronaca  durante la crisi dei suprime per il suo comportamento poco trasparente e  persino fraudolento nella gestione dei prodotti finanziari legati ai  mutui d'oltreatlantico, stando almeno alle accuse formulate dalla SEC,  l’autorità di borsa americana equivalente alla nostra Consob, nei suoi  confronti. La Goldman è un istituto anomalo che viaggia a braccetto con  la politica e che rafforza le sue posizioni di mercato costruendosi  intorno una rete di protezioni istituzionali che l’avvantaggiano sulle  concorrenti come ha dimostrato il caso di Lehman Brothers. Si mormora  infatti che quest’ultima big bank sia stata abbandonata al suo destino  fallimentare per eliminare un diretto concorrente della GS, mentre altri  istituti finanziari, meno centrali per l’economia stellestrisce,  venivano salvati dall’amministrazione statunitense proprio perché la GS  risultava piuttosto esposta nei loro riguardi. Ecco, Draghi viene da  questi ambienti patinati quanto malfamati. Probabilmente, la sua  carriera ha svoltato dopo che costui ha lavorato fianco a fianco con gli  uomini più importanti della finanza Usa e del gotha finanziario  americano. Ma, ancor peggio, fui lui a gestire, da Direttore Generale  del Tesoro, lo smantellamento dell’industria pubblica agli inizi degli  anni ‘90. Come ricorda Paolo Cirino Pomicino, importante esponente  democristiano della corrente Andreotti e più volte Ministro della  Repubblica, Draghi si presentò a quel famoso e famigerato rendez-vous  sul panfilo Britannia - dove si diede appuntamento l'élite di potere  anglo-americana (tra gli altri ospiti vi erano i reali britannici e i  rappresentanti di multinazionali del denaro come Merrill Lynch, Goldman  Sachs e Salomon Brothers) – senza essere stato inviato dal Governo, per  discutere di privatizzazioni e ristrutturazione dell’economia pubblica.  Dopo quell’’incontro, eravamo nel 1992, molti pezzi prelibati  dell’industria statale passarono in mani private a cifre ridicole e con  una sospetta trasformazione degli assetti societari che sembravano esser  stati pensati apposta per favorirne il controllo e la gestione da parte  dei compratori privati. Tutti questi avvenimenti portarono, qualche  lustro più tardi, l’ex PresdelRep Francesco Cossiga, che pure aveva  consigliato Draghi a Silvio Berlusconi per il posto di comando a Palazzo  Koch, a dire di lui: “Un vile, un vile affarista, non si può nominare Presidente del Consiglio dei Ministri [anche allora Draghi veniva indicato come papabile per la guida di un governo tecnico in sostituzione del traballante Prodi] chi  è stato socio della Goldman & Sachs, grande banca d’affari  americana, e male, molto male io feci ad appoggiarne, quasi ad imporne  la candidatura a Silvio Berlusconi, male, molto male. E’ il liquidatore,  dopo la famosa crociera sul Britannia, dell’industria pubblica, la  svendita dell’industria pubblica italiana, quand’era Direttore Generale  del Tesoro, e immaginarsi cosa farebbe da Presidente del Consiglio dei  Ministri, svenderebbe quel che rimane, finmeccanica, l’enel, l’eni ai  suoi comparuzzi di Goldman Sachs”. L’esaltazione dei nostri  compatrioti della stampa e del Parlamento per questo italiano che vuò fa  l' americano, alla luce di tali notizie, appare pertanto eccessiva se  non persino ingiustificata. Non basta essere nati in un posto per essere  dei veri patrioti. E’ vero che nessuno è profeta in patria, ma Draghi  non ha mai nemmeno tentato di fare qualcosa per i fratelli d’Italia, non  dico per farsi amare ma almeno rispettare. Grigio burocrate di apparato  lui si sente cittadino aperto al mondo, ma si tratta di un mondo  ristretto che va da Washington a Londra senza passare per Roma. Perché  ora dovrebbe cambiare, perché la sua investitura alla Bce, con queste  pessime credenziali, dovrebbe essere cosa buona e giusta per noialtri?  Mistero di un Paese che sceglie sempre i peggiori e riesce a farsi del  male da solo. 


