Corsi e ricorsi storici
di Fabrizio Bertolami - 24/12/2025

Fonte: Come Don Chisciotte
Le attività di guerra in Ucraina si stanno protraendo da quasi quattro anni, e la situazione attuale è un insieme di avanzate russe, smentite ucraine, piani di pace americani e radicata ostilità europea. La Russia sfrutta la finestra di opportunità data da un’amministrazione americana apparentemente accondiscendente, da una crescente debolezza ucraina sul piano militare e da una Unione Europea che a parole vuole continuare la guerra ma che sa di non poterlo fare allo stato attuale. Nell’ultimo mese si è aperta una trattativa su un possibile piano per arrivare al termine del conflitto: è il famoso piano in 28 punti stilato dalla Casa Bianca, che a molti è parso dettato dal Cremlino ma che i realisti che siedono ora nello staff del Dipartimento di Stato americano hanno sicuramente stilato tenendo conto della situazione attuale e del potenziale offensivo della Russia, delle capacità e della volontà dell’alleanza di continuare oltre alla possibilità che le avanzate russe possano arrivare ad Odessa e tagliare fuori l’Ucraina dall’accesso al mare.
Secondo la scuola interpretativa Realista nelle Relazioni Internazionali, infatti, non è necessario conoscere le dinamiche interne dei singoli paesi per descrivere e prescrivere i rispettivi orientamenti in politica estera. Ovvero, non è l’ideologia o il governo pro-tempore, propri o del nemico, a dover orientare l’azione ma bensì i concreti rapporti di forza, la potenza militare, la Storia ed il peso politico e geopolitico dell’avversario. E’ inoltre necessario comprendere che in un contesto internazionale considerato anarchico (ovvero in assenza di un decisore di ultima istanza superiore ed imparziale), il fattore che determina o meno la possibilità della guerra non è l’aggressività degli stati, o anche solo di uno di essi, ma l’equilibrio della potenza all’interno del sistema internazionale. E’ quindi razionale che una potenza come gli USA cerchino un accordo con un competitore che ritengono di pari potenza o difficile da affrontare. Non è invece razionale che non lo faccia la UE che ha la Russia come vicino, fisico e storico, da mille anni.
Fedele ai principi del realismo Kissinger ebbe a dire che “[…] sebbene le sfide a stati comunisti come la Cina o l’URSS fossero moralmente appaganti esse erano praticamente imprudenti in quanto impedivano accomodamenti realistici su problemi come la riduzione degli armamenti o la soluzione di dispute regionali”1.
Gli USA vogliono tornare alla logica delle “sfere di influenza “ma senza farsi più carico dell’area europea. La Russia vuole mantenere la propria influenza nel Caucaso e nell’Asia Centrale, la prima minacciata dall’espansione della NATO/UE, la seconda dall’attivismo commerciale cinese. Russi e americani hanno interessi comuni e trattano sul come raggiungerli. L’Ucraina è solo una delle carte sul tavolo, ma ci sono anche il medio oriente, il rapporto con la Cina, il Venezuela l’Armenia, l’Artico. Quella che è nata originariamente come una guerra per la Crimea, è diventata una Guerra per l’Ucraina.
Quattro anni fa i russi annessero le regioni di Lugansk, Donetsk, Kherson e Zaporizhzhia dopo i referendum che li si tennero. L’obiettivo era dare forma legale alla presenza russa in quegli oblast e inglobare quel territorio, con l’obiettivo di dare profondità difensiva al gioiello ri-conquistato otto anni prima: la Crimea e il suo importantissimo sbocco militare al Mar Nero. La Crimea ospita da oltre due secoli il porto militare russo sul Mar Nero ed è vitale per la proiezione di Mosca verso il Mediterraneo. La presenza nel sud dell’Ucraina, basta guardare una mappa per rendersene conto, permette il controllo delle vie che vanno da e per la Crimea con ampia sicurezza (droni permettendo) rappresentando quel ponte naturale in assenza del quale è stato costruito quello artificiale di Kerch, divenuto quindi obiettivo di diverse azioni di sabotaggio da parte ucraina.
Sin dall’inizio della guerra si è combattuto al liminare ovest degli oblast che compongono il Donbass, cercando l’avanzamento, segno che le retrovie, ovvero l’ampia parte dei suddetti oblast, era sicuramente in mani russe, attraverso le milizie che già dal 2014 operavano in quelle aree e alla collaborazione della popolazione che ampiamente russofona, se non russa tout court. Oggi i russi spingono per raggiungere il confine amministrativo di Donetsk, quello di Lugansk è già stato raggiunto, e pari avanzamenti vanno verso Kherson e Zaporizhzhia. La necessità di avanzare è rappresentata dal dover raggiungere i confini amministrativi e conquistare il capoluogo, e sta proprio in quei referendum indetti quattro anni fa, che dichiarano appunto l’annessione dei suddetti oblast. Dal punto di vista russo è un contratto legittimo che va rispettato , verso una popolazione che ha votato per farsi annettere dalla Russia.
La Crimea è quindi il cuore di tutto, e la sua ri-annessione e difesa sono la causa degli ultimi 4 anni di guerra guerreggiata e di guerra economica tra l’Europa continentale e la Russia. Di guerre per la Crimea i russi ne hanno combattute molte ma una, quella del 1853, è quella che si avvicina di più a quella in corso, anche solo perchè i nomi delle Nazioni coinvolte ci sono ancora oggi noti. La Francia, l’Inghilterra, il Regno di Sardegna (di lì a pochi anni dall’essere Regno d’Italia) e la Turchia da una parte e la Russia zarista dall’altra. L’Austria, grande potenza dell’epoca agiva a supporto dei propri interessi, alcuni dei quali erano in comune con i russi, con la minaccia di poter entrare nel conflitto. Allora durò più o meno 3 anni , vi furono conferenze di pace e piani (in 4 punti) tra l’inizio e la fine delle ostilità ed alla fine la Russia perse la Guerra e la Bessarabia, allora terra di confine come oggi lo è l’Ucraina, ma mantenne la Crimea e il porto di Sebastopoli. Dopo quella breve guerra il sistema in vigore dal Congresso di Vienna in poi iniziò a trasformarsi. La Russia che sconfisse Napoleone 40 anni prima non era più uno spauracchio e di lì a vent’anni si sarebbero costituite Nazioni come Italia e Germania. La Francia divenne nuovamente la prima potenza continentale, la Gran Bretagna rimaneva la più importante potenza coloniale.
L’attuale Guerra per la Crimea (che, non scordiamolo, è stata nei piani di rivalsa di Zelensky sino all’inizio del 2025), potrebbe rappresentare come quella di allora, un motore di cambiamento politico nell’Europa Continentale. Al netto del wishful-thinking brusselese, gli scenari attuali, paiono realisticamente due, (se teniamo conto che il massimo che l’Ucraina è riuscita a proporre, in termini territoriali, è il congelamento della linea attuale del fronte).
Nel primo la Russia vince sul campo, senza necessità di mediazioni con l’Ucraina, che capitola accettando la perdita dei territori. Nel secondo, una qualche forma di accordo mediato (dagli USA, al momento) viene raggiunto da Russia e Ucraina, con la Russia in attuale posizione di forza. In entrambi i casi la guerra terminerebbe e con essa la necessità di dispiegare enormi masse di denaro per piani di riarmo. L’autorevolezza dei leader di Bruxelles ne avrebbe un contraccolpo, le posizioni di alcuni paesi dall’ottica più realista in seno all’UE ,Ungheria e Slovacchia su tutti, potrebbero essere fatte valere come ex ante, ma anche rappresentare una via diversa al rapporto (obbligato) con la Russia.
Il rapporto non è solo obbligato per le suddette Nazioni ma anche per l’Europa stessa, che non può pensare di vivere i prossimi 20 o 30 anni in un clima da “neo cortina di Ferro”, isolata dal più grande esportatore di materie prime che intanto fa affari e scambi con la prima economia del mondo, la Cina, aggravando ancora di più la deindustrializzazione europea. Rispetto a quella guerra del 1853, oggi c’è un attore che allora era ancora un esportatore di materie prime, in via di industrializzazione e per questo importatore di beni europei, che al momento è passato dall’essere parte in causa (con Biden ed il primissimo Trump di quest’anno) a quella di mediatore. E’ notizia di oggi, 20 Novembre 2025, che negoziatori russi siano a Miami a trattare con Witkoff, Kushner e forse il Segretario di Stato Rubio. Non c’è che dire, un gran bel magheggio. Se volesse continuare, l’Europa si troverebbe da sola a dover sostenere le legittime, ma irrealistiche, aspirazioni ucraine, dovendo finanziare non solo le esigenze dello Stato ucraino, ma anche l’acquisto di armi americane per Kiev. Le attuali contorsioni della Commissione Europea in merito all’uso dei fondi russi depositati presso e le banche europee e lì bloccati, rappresentano infatti un tentativo di trovare fondi senza doverli chiedere agli Stati, con conseguente allarme su conti e welfare e un ritorno in auge della discussione sul debito comune, che cozza con gli interessi di molti in Europa.
Nel caso di una sconfitta militare di Kiev, l’UE potrebbe comunque continuare a sostenere la sua russofobia trasmettendo l’immagine dell’Armata Russa nelle strade di Parigi, Roma o Berlino, ma dovrebbe comunque sostenere da sola l’onere del mantenimento dello stato pre-bellico, considerato che gli americani non avrebbero più nulla su cui mediare e che la loro progressiva riduzione di effettivi in Europa inizierà dal 2027.
Nel caso di un accordo di “Pace” mediato dagli americani, l’UE perderebbe invece qualsiasi argomento utile per protrarsi sia nella russofobia che nel massiccio riarmo. Se il primo alleato politico-militare dell’UE , gli USA, raggiungesse una Pax separata con la Russia tramite l’Ucraina, segnalando la propria intenzione di non sostenere più azioni antirusse nello spazio europeo (e chissà, fino al Caucaso), l’UE non potrebbe continuare a mantenere uno stato di isolamento con la Russia e una politica diversa da quella americana (vedi punto 13 del piano americano), e dovrebbe ridurre l’entità di diverse delle sanzioni finora comminate. Se volesse perseverare, si troverebbe nella scomoda posizione di commerciare con gli USA ma non con la Russia, mentre gli USA potrebbero avere un rapporto con entrambe, massimizzando i propri obiettivi: separare la Russia dall’Europa (perseverando nell’applicazione della teoria di Mackinder) e rendere l’Europa dipendente da essi, in termini energetici e commerciali.
Per continuare con i paragoni storici, si è detto che gli USA e la Russia siano coinvolti un una Nuova Yalta, per spartirsi il quadrante Europeo e Nordafricano/Mediorientale. In quella occasione una potenza in consolidamento (gli USA), la potenza al tempo egemone (la Gran Bretagna) e la potenza asiatica al tempo impersonata dall’URSS erano parte in causa del teatro europeo, i cui destini a quel tempo, si protraevano nel resto del mondo, tramite il meccanismo coloniale.
Non è da dimenticare che allora gli USA finanziavano e/o rifornivano di armi sia la Gran Bretagna che i sovietici.
Oggi gli USA non sono più la potenza Unipolare che furono e si apprestano a praticare la politica che ebbero sino alla Seconda guerra mondiale, riducendo la loro presenza militare in Europa, tornando Monroviani, ma senza ridurre l’influenza nei paesi “amici e satelliti”. Il secondo attore è la potenza asiatica al tempo impersonata dall’URSS e ora dalla Federazione Russa, che continua ad avere interessi nel teatro europeo, principalmente di natura energetica, che agisce a livello globale con solido realismo, cercando e trovando accordi con molti attori statali ed extra-statali amici, ma anche capace di trattare con i “nemici” (gli USA), contrastandone contemporaneamente l’azione sul globo e nello spazio. La potenza egemone in questo caso dovrebbe essere l’UE (se non la Germania, vero motore della globalizzazione con caratteristiche europee), ma non avendo nessuna delle caratteristiche che la definirebbero realmente egemone (in primis in senso militare), non può sedere al tavolo dettando le regole.
La Crimea è quindi da considerarsi riconquistata da parte russa e il riconoscimento del possesso delle regioni separatiste potrebbe arrivare attraverso un accordo mediato dagli USA, che non a caso pressano Zelensky affinchè ceda i territori o si faccia da parte con “legittime elezioni”. Il rischio concreto è che le truppe russe cerchino l’avanzamento sino ad Odessa, eliminando l’unico accesso al mare dell’Ucraina e del suo export rendendolo così un paese senza futuro. Ma la guerra non potrà ancora dirsi realmente finita sino a che Russia e Unione Europea non addiverranno ad un accordo di ordine strategico, di “buon vicinato”, considerando la Storia del rapporto tra le due aree e come “l’architettura di sicurezza” europea si sia fondata negli ultimi tre secoli anche sul contributo della Russia.
Quella nata come Unione Economica Europea deve perseguire le sue promesse originarie: garantire e sostenere la crescita del tenore di vita dei popoli europei e Mai Più la Guerra in Europa. Un Trattato di Pace con la Russia li garantirebbe entrambi e ora ci sarebbe anche l’avvallo americano (vedi punto 2 del piano americano). Vogliamo ancora chiamarlo “Appeasement”?
Di Fabrizio Bertolami per ComeDonChisciotte.org

