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E su Beppe Grillo io vi dico che…

di Giorgio Ballario - 17/06/2011


L’articolo di Francesco Onorato su Beppe Grillo e il Movimento 5 Stelle pubblicato su Il Fondo del 13 giugno [leggi QUI], si conclude così:  «Questa è l’amara constatazione di come quest’ennesimo tentativo di sparigliare il vecchio e di rappresentare il nuovo che avanza ci riporta a considerare la natura umana, lo stereotipo del “parla parla”, la biografia tutta italiana di un popolo che si incazza, sventola bandiere, si infervora quando viene chiesta a gran voce la partecipazione pubblica, ma viene preso per culo per l’ennesima volta, questa, sotto le bandiere con cinque stelle e con un uomo barbuto che urla e se la prende con tutti, ma i conti in tasca se li sa fare molto bene».

Non è opinione nuova. Si legge da anni di Grillo populista. Ma anche di Grillo arruffapopoli, Grillo opportunista e – perché no? – Grillo squadrista per un «Busone!» – pare – pronunciato all’indirizzo dell’astro nascente della sinistra italiana, Niky Vendola. Ci manca giusto il Grillo fascista e abbiamo chiuso il cerchio. Strano che non ci abbia ancora pensato nessuno, visto che circolano da anni voci incontrollate secondo le quali, in gioventù, il comico avrebbe frequentato per qualche tempo gli ambienti della Giovane Italia di Genova…

E pensare che se c’è un elemento di novità che emerge con prepotenza, in questa turbolenta primavera politica del 2011, è proprio il fenomeno del “grillismo”, che oltre ad essersi segnalato alle recenti elezioni amministrative è stato alla base del successo dei referendum. Beppe Grillo e il suo movimento si occupano di lotta contro il nucleare e a favore dell’acqua pubblica da anni, da quando ancora Bersani e i caporioni del Pd erano tentati dall’atomo, invocavano le privatizzazioni e il governo D’Alema trasformava in Spa l’Acquedotto Pugliese, il più grande d’Italia (ora tornato pubblico sotto la presidenza Vendola).

Alle recenti elezioni amministrative il Movimento 5 Stelle ha preso il 10% a Bologna, il 5% a Torino, il 4% a Milano (è invece andato male a Napoli, solo 1,5%, probabilmente fagocitato dal fenomeno De Magistris), cioè infinitamente di più di quanto hanno ottenuto partiti da tempo alla ribalta nazionale o il fantomatico Terzo Polo, il vero flop della politica italiana. Un successo conquistato nelle piazze e sulla Rete, visto che i mass media locali e nazionali hanno dato al Movimento di Grillo più o meno lo stesso spazio riservato a pensionati, partiti leninisti e gruppuscoli della cosiddetta “destra terminale”. Emblematico il caso di Torino, dove il candidato sindaco del Movimento 5 Stelle, un oscuro ingegnere sconosciuto al di fuori della cerchia familiare, ha preso più voti  di Alberto Musy, candidato di Udc, Fli e Api, che oltre a varare una campagna elettorale faraonica aveva messo in lista i bei nomi del jet set torinese e aveva ricevuto dai mezzi d’informazione uguale trattamento ai più accreditati Fassino (centro sinistra) e Coppola (centro destra).

Eppure, dopo i commenti un po’ sorpresi del giorno dopo, dei “grillini” non si è più parlato; oppure li si è liquidati con un’alzata di spalle: populisti, dilettanti allo sbaraglio, protestatari da internet. Non stupisce. Sono gli stessi commenti (internet a parte) che oltre vent’anni fa venivano riservati ai primi successi elettorali della Lega Nord, bollata dai politologi saccenti come folkloristica, populista e in quel caso pure razzista.

Ciò che i professionisti della politica proprio non riescono a capire (va al di là della loro capacità di comprensione, a quanto pare) è che nel fenomeno Grillo giocano sì un ruolo importante l’incazzatura, l’istinto di ribellione, il sentimento anti-casta; ma c’è qualcosa che va ben oltre. I “grillini” fanno leva sui blog, sul sito internet di Beppe Grillo (uno dei più visitati d’Europa, non solo d’Italia), sui social-network, ma sono anche presenti sul territorio e non solo nelle grandi città. E sul territorio si occupano di temi che la grande politica (grande solamente nei costi che genera) ha abbandonato da tempo: difesa dell’ambiente, tutela dei diritti locali, lotta allo strapotere delle banche, campagna contro il canone Rai, opposizione alla Tav e alle grandi opere mangiasoldi, class-action contro gli abusi Telecom. E poi naturalmente difesa dell’acqua pubblica, lotta al nucleare e al precariato, battage per il Parlamento pulito dai pregiudicati; temi che nell’ideologia grillina vanno poi a braccetto con questioni di tipo ideale come la difesa del Tibet, la solidarietà agli indios Mapuche, la tutela degli orsi e mille altre piccole e grandi battaglie.

Anni fa il politologo Giovanni Sartori descrisse così, sul Corriere della Sera, l’avvento di Grillo in politica, dimostrando di capirne un po’ di più di tanti esponenti politici e giornalisti che invece liquidavano il fenomeno con parole di disprezzo: «Le novità sono due. Primo, Grillo entra in politica avendo prima creato una infrastruttura tecnologica di supporto e di rilancio: Internet, blog, e un radicamento territoriale assicurato, ad oggi, dai 224 meet up (gruppi di incontro) che in un giorno raccolsero 300 mila sottoscrittori per una legge di iniziativa popolare. Ora, né la satira politica di altri bravissimi comici (Luttazzi, per esempio), né i girotondini hanno mai dispiegato un armamentario del genere. Dal che ricavo che misurare la forza di Grillo con riferimento ai suoi predecessori sarebbe una grave sottovalutazione. Secondo. Grillo ci sa fare. Non propone un nuovo partito (il 32°?, come ironizzano a torto gli altri 31), ma un movimento spontaneo che li spazzi tutti via».

Il Movimento di Grillo parte da lontano e ora passa all’incasso. Soprattutto in una fase dove la politica tradizionale, sia a destra che a sinistra, dimostra di non aver ancora capito l’importanza che la Rete può avere sulla formazione delle coscienze e sulla mobilitazione dei cittadini. Abituati al linguaggio monodirezionale della televisione, sul web i nostri politici manifestano tutta la loro inadeguatezza. E chi di loro si avventura nei meandri della rete, di solito rimedia figure barbine. Con questo non voglio certo tessere l’elogio acritico della politica 2.0, come viene chiamata, che in realtà dimostra tutta la sua vulnerabilità (pensiamo al caso della presunta blogger lesbica siriana, che in realtà non esisteva, era un americano quarantenne). E che talvolta, proprio perché incontrollabile, diventa palestra di facile “squadrismo mediatico”.

Detto ciò, ridurre il “grillismo” a presa per il culo dei cittadini arrabbiati da parte di «un uomo barbuto che urla e se la prende con tutti, ma i conti in tasca se li sa fare molto bene», come scrive Onorato, mi sembra molto riduttivo. Quasi auto consolatorio. Naturalmente ora il Movimento 5 Stelle deve passare dal mondo virtuale della Rete ai consigli comunali, provinciali e regionali, un salto non così facile da compiere per gente a digiuno di politica concreta. Vedremo se saranno all’altezza del compito che si sono dati: non semplice opposizione, ma alternativa di sistema. Di certo sottovalutarli, disprezzarli e prenderli per i fondelli servirà soltanto a renderli più simpatici agli occhi di chi è sempre più stufo della “casta” e delle sue ammuine.