Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Capitalismo e comunismo reale si assomigliano sempre più: entrambi partecipano alla globalizzazione

Capitalismo e comunismo reale si assomigliano sempre più: entrambi partecipano alla globalizzazione

di Paolo De Gregorio - 24/10/2011


http://www.roccocipriano.it/wordpress/wp-content/uploads/2011/01/cina-e1294056735779.jpg
 
Sabato 22 ottobre, in Tv da Fazio, abbiamo ascoltato un Dario Fo totalmente controcorrente, che ci parla di una crisi globale che può arrivare a privarci di cibo ed energia, a fronte dello sciocco ottimismo governativo di facciata e della solita litania sulla crescita economica.
Egli osserva che da questa crisi non sarebbero colpiti gli ultimi, circa un miliardo di persone, che hanno una economia di sopravvivenza, che non hanno energia elettrica, e dunque non dipendono dal mercato globale.
Certamente queste affermazioni fanno paura, perché qualunque decrescita economica viene percepita come un salto nel buio, crea nei giovani una grande angoscia per il proprio futuro, e nessuno sa indicare una alternativa credibile alla globalizzazione capitalista, al dominio delle grandi banche, alla attività delle multinazionali, alla potenza militare di alcuni paesi.
Comunque “tornare primitivi” non mi sembra una valida idea per sopravvivere e credo che la gente preferirebbe assoggettarsi al “lodo Marchionne” che prevede che un operaio globale abbia in Italia gli stessi orari e gli stessi soldi di un cinese o di un brasiliano.
Ribadendo invece che la crisi globale ci sarà, sarebbe ora che la politica si svegliasse e togliesse alla economia il primato di tutte le decisioni, attuando un piano di riconversione economica capace di portare l’Italia ad essere autosufficiente nei settori fondamentali della alimentazione e della energia.
L’Italia è nella incresciosa situazione di produrre solo il 30% del suo fabbisogno alimentare e quindi importa il restante 70%. Nel settore energetico va ancora peggio in quanto abbiamo una produzione di circa il 12% tra idroelettrico e altre rinnovabili, e il 90% circa lo importiamo (gas e petrolio).
E’ drammaticamente evidente che qualsiasi seria crisi dei rifornimenti alimentari ed energetici per eventi tellurici, guerre, siccità, picco del petrolio, ci porterebbe in pochi giorni alla fame e alla guerra civile.
Invece di “tornare primitivi” sarebbe più intelligente mettere in cantiere, da subito, una rivoluzione tecnologica capace di rendere ogni unità abitativa, ogni capannone industriale, ogni azienda agricola, indipendenti energeticamente con pannelli fotovoltaici, progettando, costruendo e installando in Italia questi apparati, senza acquistare nulla dall’estero.
Quindi non mega impianti in mano a grosse società, ma autoproduzione elettrica diffusa, capace di alimentare anche le cucine (e quindi rinunciare al gas) e piccole autovetture elettriche.
 
E’ una strada percorribile da subito, ma c’è bisogno di una pianificazione politica che affidi alle Regioni la responsabilità di un “piano energetico” che nel tempo porti all’autosufficienza, con leggi, finanziamenti e incentivi adeguati.
Per quanto riguarda l’autosufficienza alimentare, è chiaro che essa preveda un massiccio ritorno di persone verso le campagne. Per quanto possa essere una vita dura, è sempre meglio della vita da disoccupato, da precario o da schiavo salariato, vita in cui non hai certezze, sei esposto a pericoli di vita e di malattie da inquinamento, sei privato della facoltà di pensare, puoi essere licenziato in ogni momento.
Oggi è possibile unire la sopravvivenza certa che dà una piccola attività agricola, con un reddito certo che può venire dalla vendita di energia elettrica alla “Rete”, installando impianti fotovoltaici, per vivere in prima persona la straordinaria soddisfazione di vivere in piena autonomia energetica ed alimentare e non essere mai più schiavo di nessuno.
Capitalismo e comunismo reale si assomigliano sempre di più: entrambi partecipano alla globalizzazione, entrambi penetrano in altri paesi a caccia di materie prime e affari, entrambi hanno bisogno di grandi masse di schiavi salariati da sfruttare, e non fa molta differenza se uno è il padrone e l’altro il Partito.
Uscire da queste logiche è imperativo perché esse hanno portato la crisi, la distruzione dell’ambiente, le speculazioni finanziarie, un neo-imperialismo che usa presiti ed eserciti, dove gli Stati nazionali non contano più o sono commissariati come Italia e Grecia.