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Il marketing delle coscienze

di Luca Barbirati - 06/02/2012

 




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Onestà intellettuale e sincerità: ecco ciò che più manca all'attuale società. L'illusione della classe politica all'indomani della seconda guerra mondiale era che l'uomo –libero dall'oppressore– potesse costruire una società più giusta, più equa, più responsabile. Ci hanno marciato generazioni di politici e politologi su questa via; impresari ed economisti su questa subdola imposizione di libertà. Il buon cittadino deve essere libero e per esserlo deve fare ciò che diciamo noi, deve comprare ciò che produciamo noi, deve pensare ciò che scriviamo noi, deve ripetere ciò che diciamo noi...
Questo buon cittadino è stato generato da una forte tensione verso l'utopia concreta, è stato spinto verso il trampolino, ma dopo lo slancio iniziale tutti lo hanno cercato di arrestare, tirandolo di qua e di là, strattonandolo, illudendolo di sbagliare. L'unica certezza che l'uomo aveva –in un contesto naturale– erano gli estremi. La nascita e la morte. La società del consumo ha annebbiato i suoi limiti ed ora l'uomo è una doppia parentesi, però senza l'aperta e senza la chiusa: gli è rimasto solo il vuoto nel mezzo. Con forte contestazioni e rivoluzioni si è snaturata la nascita a mera lussuria, godimento, merce del piacere di Stato. La morte, impronunciabile, si è trasformata in evento sensazionale, teatrale; cosicché ora sappiamo che la morte avviene in un incidente, colla pistola oppure a seguito di una tragedia-catastrofe. Non esiste più il silenzioso raccoglimento metafisico tra sé e ciò che non si sarà più.
Così, svincolato dai propri limiti, l'uomo si è trovato per la prima volta libero in una prigione immaginaria. Tutto poteva toccare, ma nel limite della propria immaginazione. E tale limite è stato scritto dal marketing che ha inserito le sue sporche mani nei pre-pensieri di ognuno, addormentando l'uomo in una prigione labirintica, ammaliante, nella quale si deve vivere volutamente-costretti da cittadini.
I significanti si sono svuotati dei loro contenuti, si è confuso la libertà di coscienza con la libertà dalla coscienza. Il politico -nell'era post-ideologica- propone la piena libertà, sapendo interiormente che si tratta del suo opposto, il pieno asservimento. Il pubblicitario sa che quando vende un prodotto, spacciandolo per la “vera natura” sta invece condannando il mondo reale alla fittizia illusione di un bisogno inesistente e maligno, subdolo ed incantatore.
Il politico, il costruttore, il mercenario, l'assessore, il medico, il professore...sono tutti complici di un asservimento –prima di tutto– intellettuale. I giornalisti sanno ciò che sto scrivendo, tutti lo conoscono; ma ugualmente tutti tacciono per il loro comodo. Si compra e si rivende la rivoluzione riducendola a rivolta-personale-privata attraverso un atto di sottrazione di contenuto autentico. Tutto è sullo stesso piano nel supermercato delle coscienze. Lo sappiamo e ne abbiamo le prove ma ugualmente stiamo zitti, non diciamo nulla, rattrappiti, svuotati, ripiegati in una logica irrazionale fuorviante che ci lega –chissà ancora per quanto– ad una finta partecipazione digital-democratica.
Potrei abbandonarmi all'oblio del colesterolo e del sesso pubblicitario vivendo una non-esistenza superficialmente appagante. Ma questa società non riesce nemmeno più a garantire a ciascuno il proprio vizio. Il Re è nudo, completamente arroccato, piegato in se stesso e sta sperando che nessuno possa aprire gli occhi ed accorgersi dell'aria, della natura, della bellezza che ancora c'é, che sempre c'é stata e che abbiamo allontanato dalla nostra esistenza, accontentandoci inerti di una vita all'insegna dell'inebetitudine multimediale.
Se non credessi che l'Uomo possa realizzarsi autenticamente -divenendo un per-sé- sarebbe vana ogni passione. Dobbiamo crederci –davvero– impegnandoci seriamente per una società non più-libera, ma finalmente libera.