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Dalla passione la rinascita

di Claudio Risé, - 10/04/2012



Passione, morte, resurrezione. Queste tre tappe, riproposte ancora una volta nella prossima settimana, non appartengono solo alla storia di Gesù, ma ad ogni trasformazione e sviluppo umano.
Il successo ha sempre un termine, molti si allontanano, occorre rientrare dentro se stessi e accettare con passione la fine di come si è stati. Solo così si risorge, si entra nel rinnovamento.
La vita umana cresce sempre attraverso esperienze pasquali. Ma non è semplice vederlo e accettarlo davvero.
L’idea della fine e della resurrezione è presente nella maggior parte delle antropologie (non solo nel Cristianesimo), e parla appunto della necessità del cambiamento, che deve passare sempre attraverso una perdita: di abitudini, di situazioni consolidate, di modi di essere.
Il nostro tempo, la modernità, fatica però più di altre epoche ad accettare questa visione. Anche se una delle sue scienze più giovani e più promettenti, la neuroscienza, ha dimostrato che è proprio così che il cervello si forma e cresce, attraverso un continuo sviluppo, che passa attraverso distruzioni e trasformazioni, dalla giovinezza fino alla fine della vita.
Perché questo processo abbia risultati positivi però, noi stessi dobbiamo, anche nei momenti più difficili, dargli un obiettivo, una direzione, uno scopo. Forse è quello che Gesù chiama: “Il Regno”, e potrebbe benissimo essere, per ognuno di noi: la sovranità su noi stessi, la capacità di guidare la nostra vita e le nostre azioni, senza lasciarci sopraffare dalla disperazione, dalle pulsioni, dall’irrazionalità.
Per la modernità come stile di vita e proposte politiche è difficile tuttavia accettare questa visione, perché prevede di passare attraverso delle perdite, mentre il nostro tempo è dominato da una visione (piuttosto schematica) di progresso inarrestabile, di acquisizioni continue. Un’idea che anche le tecnoscienze tendono a confermare, malgrado i loro periodici insuccessi.
Anche dal punto di vista economico e politico moltissimi continuano a immaginare modi di crescita ininterrotta, mentre la storia dimostra che ogni sviluppo deve prima passare da trasformazioni anche dolorose, e perdite di ogni genere.
Nella vita affettiva è lo stesso: si cresce attraverso passaggi faticosi e dolenti, ed è soltanto accettando di vederli e passarci attraverso che si diventa capaci di relazioni pienamente soddisfacenti. E’ proprio questo che cercano di fare le diverse psicoterapie, aiutando la persona a vedere e reagire positivamente ai passaggi che sta compiendo.
Anche lo sguardo sui mutamenti in atto nel mondo dei giovani e nella formazione delle famiglie deve tener conto di questo andamento ciclico nello sviluppo personale. La loro fatica ad accettare di instaurare rapidamente legami affettivi “ufficiali”, stabili, dipende anche dalla percezione che l’esperienza della perdita, della sconfitta, della delusione, non è evitabile, fa parte dello sviluppo vitale ed anche della ricerca della felicità.
E’ sempre meno frequente che si passi dalla mamma alla moglie, dal braccio del padre a quello del marito. Maschi e femmine vedono con progressiva lucidità che il successo della relazione passa anche dalla propria crescita come persone, e che questo avviene attraverso successi, sconfitte, trasformazioni di sé.
Gli adulti devono essere pazienti di fronte alla voglia dei giovani di essere liberi, di esitare ad assumere impegni precisi e definitivi: sono in formazione, e lo sanno. Del resto, anche tutta la società attorno a loro, è in trasformazione, non solo la famiglia, ma lo Stato, la scuola, l’azienda, tutto.
Per salire, bisogna prima scendere.