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Democrazia: i Nuer e noi

di Massimo Fini - 24/04/2012

Noi paghiamo della gente perchè ci comandi. Un masochismo abbastanza impressionante che, come notava Jacques Necker nel 1792, “dovrebbe lasciare stupiti gli uomini capaci di riflessione” ('Du pouvoir exécutif dans les grands États'). Noi invece ci siamo talmente assuefatti che non ci facciamo più caso, ma è una cosa che farebbe sbellicare dalle risa un Nuer. I Nuer sono un popolo nilotico (200 mila persone circa) che vive nelle paludi e nelle vaste savane del Sudan meridionale. Un Nuer non solo non paga nessuno perchè lo comandi, ma non tollera ordini da chicchessia. I Nuer infatti non hanno capi e nemmeno rappresentanti. “E' impossibile vivere fra i Nuer e immaginare dei governanti che li governino. Il Nuer è il prodotto di un'educazione dura ed egualitaria, profondamente democratico e facilmente portato alla violenza. Il suo spirito turbolento trova ogni restrizione irritabile, nessuno riconosce un superiore sopra di sé. La ricchezza non fa differenza...Un uomo che ha molto bestiame viene invidiato, ma non viene trattato in modo differente da chi ne possiede poco. La nascita non fa differenza... Ogni Nuer considera di valere quanto il suo vicino”. Così li descrive l'antropologo inglese Evans Pritchard che, negli anni Trenta, visse tra loro a lungo e li studiò.

Un popolo di liberi e uguali. Un'eccezione? Non precisamente. Si tratta infatti di una di quelle 'società senza capi' o di 'anarchie ordinate' nient'affatto rare nel Continente Nero prima che (oltre agli islamici) arrivassimo noi con la nostra democrazia teorica, funzionale alla nostra economia, che ha completamente distrutto l'equilibrio su cui si sostenevano le popolazioni africane e l'Africa stessa.

Liberi e uguali. Una bella lezioncina che ci dovrebbe far riflettere se, per dirla con Necker, fossimo ancora capaci di riflessione. Soprattutto oggi che il terrore corre sul filo e la classe politica, dopo un trentennio di ruberie, di malversazioni, di soprusi, di abusi, di un sacco devastante del paese, dopo aver favorito disuguaglianze enormi e indecenti, economiche, sociali e di status (loro, insieme ai loro sgherri televisivi e di altro tipo, sono i Vip, imbottiti di privilegi che nemmeno la nobiltà medioevale aveva, noi la 'gente comune') cerca gattopardescamente di far finta di cambiare perchè nulla cambi. Così Pier Ferdinando Casini, 'Pierferdi' per gli amici, ex portaborse di Arnaldo Forlani, si rivernicia sotto il 'Partito della Nazione', Beppe Pisanu, ex portaborse di Benigno Zaccagnini, cerca di smarcarsi dal Pdl. Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano tuona: “Guai a rifiutare la politica” (e lo credo bene: è la politica che gli ha permesso, come a tanti altri, di vivere una vita senza fare un giorno di lavoro).

L'attacco all' 'antipolitica' è diventato il leit motiv degli esponenti del regime. Antipolitici sono i grillini, antipolitici sono tutti coloro che si rifiutano di partecipare al rito truffaldino del voto che serve a legittimare per l'ennesima volta questi ladri, questi parassiti, questi privilegiati, questi usurpatori. Mentre chi denuncia che i partiti sono il cancro del sistema è assimilato, o quasi, ai terroristi.

In realtà tutti questi anatemi contro 'l'antipolitica' mascherano l'abbietto terrore di costoro di essere spazzati via dalla collera popolare. A parte il fatto che la politica non è una categoria sacrale e divina, intoccabile e intangibile (il cittadino ha tutto il diritto di infischiarsene), fare oggi dell' 'antipolitica' non significa affatto non fare politica. Siamo stufi di essere sudditi, pecore da tosare, asini da soma da sfruttare per i migliori comodi di lorsignori. Vogliamo tornare, senza tante sofisticate teorizzazioni liberali e marxiste, nella pratica a essere liberi e uguali. Come i Nuer.