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Monti nella palude

di Paolo De Gregorio - 02/10/2012

Sostiene Padellaro, nell’editoriale di ieri 30 settembre su “il Fatto Quotidiano”: “qualcuno può pensare davvero che l’Europa, i mercati e la Casa Bianca possano affidare il grande malato italiano, con tutto il rispetto, ai Bersani e ai Renzi?”

Implicitamente qui si afferma un principio culturalmente molto diffuso, ma concettualmente sbagliato, che per governare ci vogliono i professori, i banchieri, i grandi industriali, gli intellettuali, che godono di un grande prestigio internazionale.

Per ora abbiamo visto che i provvedimenti di Monti hanno colpito soprattutto i pensionati, tagliato servizi, aumentato la recessione e hanno consegnato l’Italia ad un commissariamento in cui le vere decisioni le prendono BCE, Merkel, USA, agenzie di rating.

Tutto ciò è la conseguenza diretta della nostra adesione acritica alla globalizzazione che ha premiato solo chi ha  grandi multinazionali, grandi strutture di ricerca scientifica, elettronica e farmaceutica, grandi banche, potere nel FMI e nella Banca mondiale, chi ha centinaia di milioni di lavoratori a basso costo, chi possiede materie prime, chi la potenza militare globale.

L’Italia è in declino strutturale e ha futuro incerto, non solo perché ha un debito pubblico di duemila miliardi di euro che è impossibile restituire e che costano di soli interessi 100 miliardi di euro l’anno, ma perché è stata invasa da merci straniere a basso costo che hanno fatto fallire interi settori produttivi, ha visto migliaia di imprese , FIAT compresa, delocalizzare all’estero privando il nostro paese di centinaia di migliaia di posti di lavoro, e vede ogni giorno i migliori cervelli migrare verso paesi più forti, visto che qui si sono tagliati anche i fondi per la ricerca.

Questa fase storica non è stata governata dalla politica, che negli ultimi 20 anni è affogata in scandali, barzellette, escort, corruzione. La natura della crisi non solo non è stata compresa, ma negata dando la colpa ai pessimisti e ai catastrofisti, e ora Monti ci imbroglia sulla “ripresa”, che non ci sarà come per tutte le economie deboli, che saranno tenute in vita, ma commissariate e man mano depredate di tutti i pezzi pregiati che possono essere venduti a prezzi stracciati.

La globalizzazione ha già i suoi vincitori e i suoi vinti, e non bisogna illudersi che le cose possano cambiare, se non in peggio.

Vi è infatti una ragionevole prospettiva per economie gigantesche, come quella cinese, indiana, brasiliana, indonesiana, russa e tra un po’ anche quella africana sostenuta dalla Cina, di aumentare la propria capacità produttiva e conquistare ulteriori mercati, anche in settori avanzati.

I professori, i tecnici, i politicanti, i preti, ci vogliono lasciare in questa palude senza alcuna prospettiva.

Siamo falliti, economicamente e anche eticamente.  Inutile pensare che possiamo risalire dalla voragine in cui ci hanno gettato i “mercati globali”, bisogna pensare solo ad uscire da queste logiche globali per ripensare l’economia a partire dalla soddisfazione dei bisogni primari: autosufficienza energetica (con le rinnovabili) e autosufficienza alimentare, finanziando questa svolta industriale, tutta Made in Italy, con l’azzeramento delle spese militari e l’uscita dalla WTO.

Bisogna cominciare a pensarci e a mettere sul tavolo la dura realtà dei fatti, senza ideologismo, ma liberandoci dal dogma liberista che a tutto pensano i mercati, visto che i mercati hanno già deciso per la vittoria dei più forti.