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Dalla natura matrigna allo tsunami umano

di Paola Pagliaro - 23/01/2013

Fonte: blog.graphe


Se Giacomo Leopardi riscrivesse oggi Il dialogo della Natura e di un islandese probabilmente si vedrebbe costretto a rivalutare la crudele indifferenza di madre terra nei confronti del genere umano, evidenziando invece la cecità dell’uomo nel rapportarsi con l’ambiente. L’umanità, da vittima inerme di catastrofi naturali, da entità passiva costretta a sfidare la furia degli elementi per sopravvivere, si è tramutata in una forza altrettanto devastante, un agente distruttivo che non assiste più impotente ai fenomeni naturali ma plasma il territorio a suo piacimento, sfrutta gli altri esseri viventi e provoca stravolgimenti agli equilibri ecosistemici pur consapevole delle gravi implicazioni. Un modo più sensibile, pacato e consapevole di dialogare con la Natura ci viene oggi offerto dagli autori di Etiche dell’ambiente. Voci e prospettive. La raccolta di saggi, a cura di Matteo Andreozzi, è una lettura illuminante sull’origine della disciplina e sulle sue diverse evoluzioni. Un volume che si prefigge e riesce ad essere un invito alla ricerca e all’approfondimento sulla reale natura umana e sulla necessità di ritrovare l’equilibrio perduto, riscoprendoci parte di un tutto, non elemento predominante e prevaricatore.
Occorre lasciarsi alle spalle l’antropocentrismo senza cadere nel tranello di un’ecologia superficiale che si limiti a concedere la grazia, occasionalmente, agli altri esseri viventi, in virtù della benevolenza umana solo apparentemente superiore. Come sottolineano Matteo Andreozzi e Guido Dalla Casa nel saggio Ecologia profonda. Lineamenti, intenti e fraintendimenti:
La natura non dovrebbe apparire più come un dono da custodire, una cosa da dominare e conquistare o una risorsa da sfruttare, ma come un sistema olistico, o per meglio dire ecologico, di cui lo stesso essere umano fa parte.
La Natura, i suoi figli altri e lo stesso animale uomo, soffrono, oggi come non mai, l’impatto dello tsunami umano, un’impronta che si fa sempre più greve. Vittime di una crescita sui generis, sregolata dall’etica ambientale, sono quelle creature, quei paesaggi e quelle risorse naturali che l’uomo, accecato dall’antropocentrismo, si rifiuta di vedere se non in relazione con il genere umano e con il suo immediato profitto.
Sovrasfruttamento delle risorse, inquinamento, fenomeni meteorologici estremi, riscaldamento globale, acidificazione degli oceani, cementificazione, erosione delle coste, vivisezione, allevamenti e agricoltura intensiva, estinzione dei grandi mammiferi, deforestazione, perdita di biodiversità: la lista delle catastrofi umane si fa ogni giorno più lunga e si ripercuote sull’uomo, ormai divenuto un figliastro che si autoinfligge disastri e devastazione. In questo scenario a mio avviso appare sempre più logico perseguire un agire etico maggiormente attento all’ambiente, capirne la necessità e l’urgenza.
Occorre superare quell’ambientalismo che mira a limitare i danni ma non rinnega il ruolo dominante dell’uomo per capire le origini sociali dei problemi ecologici. È solo così che ci avvieremo verso una società ecologica basata sul biocentrismo e sul rispetto dell’equilibrio dinamico della natura, dell’interdipendenza degli esseri viventi. Una società in cui il concetto di individuo è esteso agli esseri non senzienti. Come spiega Adriano Fragano:
Di fronte alla rete di connessioni che è il sistema naturale, l’essere umano, al fine di partecipare e nel contempo tutelare il bene collettivo (o soggetto collettivo) che chiamiamo natura, dovrebbe muoversi con estrema cautela, umiltà e, come suggerisce Michel Serres, ritegno, abbandonando gli steccati ideologici e ontologici che hanno forgiato la società umana contemporanea (ivi compreso il concetto stesso di «umanità») e ponendo finalmente l’individuo al centro.