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Decrescita: questa (s)conosciuta

di Simone Zuin - Luca Barbirati - 15/05/2013

Fonte: lintellettualedissidente


In tempi in cui l'invocazione alla crescita economica è la panacea di ogni male, parlare del suo opposto -la decrescita- può sembrare una bestemmia o quantomeno un'irriverente provocazione. Ma cos'è la decrescita? Lo chiedo a Simone Zuin, blogger nonché fondatore del sito Decrescita Felice Social Network.

crisi-economica


In tempi in cui l’invocazione alla crescita economica è la panacea di ogni male, parlare del suo opposto -la decrescita- può sembrare una bestemmia o quantomeno un’irriverente provocazione. Ma cos’è la decrescita? Lo chiedo a Simone Zuin, blogger nonché fondatore del sito Decrescita Felice Social Network.

La definizione che più mi piace è quella data da Maurizio Pallante, padre della Decrescita italiana, nel suo libro “Meno e meglio”: La Decrescita è il rifiuto razionale di ciò che non serve.

Questa frase riassume tutto il pensiero decrescentista, che concentra la sua attenzione sul rifiuto del sistema consumistico che ci è stato cucito su misura dal capitalismo.

Per rifiutare razionalmente qualcosa è chiaro che è necessario decolonizzare l’immaginario, così come indicato da Serge Latouche, forse il più famoso tra i teorici contemporanei della Decrescita.

Volendo approfondire ciò che invece risulta essere importante, alla luce di questo rifiuto, penso alla necessità di far parte di una comunità conviviale e alla riscoperta del territorio in cui viviamo, al mutamento dello stile di vita e alla ricerca volontaria della sobrietà, della riscoperta della spiritualità, all’avvicinamento progressivo alla natura, allo sviluppo di economie locali.

In Italia il movimento decrescentista analizza le conseguenze di questo rifiuto attraverso il pensiero espresso da figure di riferimento tra cui Mauro Bonaiuti, Gianni Tamino, Francesco Gesualdi, Paolo Cacciari, Massimo Fini, Maurizio Pallante e Andrea Bertaglio, solo per citarne alcuni. 

Molte di queste persone, provenienti da esperienze politiche e personali assai differenti, sono ai più sconosciute, così come sono sconosciuti i “padri” della Decrescita tra i quali – e ne cito solo alcuni – il filosofo austriaco Ivan Illich, l’economista rumeno Nicholas Georgescu-Roegen, i filosofi Cornelius Castoriadis e Andrè Gorz.

 E in concreto, Simone, cosa significa essere decrescenti o fare i decrescenti? Puoi farci degli esempi?

Più che “fare i decrescentisti” parlerei proprio di “essere decrescentisti”.

Non si tratta infatti di acquistare un manuale e di mettere in pratica i suggerimenti che vi si possono trovare. Quella che viene richiesta è una vera e propria rivoluzione interiore. Un cambio di visuale della nostra vita, delle prospettive, delle aspettative e delle necessità. Una messa in discussione di ciò che oggi siamo per diventare quello che saremo. 

Non è una cosa semplice e di sicuro non è un passaggio istantaneo, ma è un percorso necessario se riteniamo indispensabile migliorare il mondo in cui viviamo.

Personalmente ho individuato almeno tre ambiti in cui cerco di impegnarmi per percorre la strada della Decrescita: quello personale, quello comunitario e quello politico.

Per quanto riguarda la sfera personale ho cercato di ridurre i consumi, individuando i falsi bisogni e tentando di ridurre il superfluo. Ho cercato di acquistare prodotti locali o comunque provenienti da piccoli produttori il più possibile dislocati vicino a casa. E’ possibile poi usare il baratto, lo scambio, l’autoproduzione e sopratutto il dono, che non va confuso con il regalo. 

Per un decrescentista la comunità intesa sia come famiglia – il nucleo primo di comunità – sia come rete sociale è fondamentale. Solo in una comunità che vive in modo conviviale l’economia del dono l’individuo può trovare il sostegno ed il soddisfacimento dei propri bisogni e, contemporaneamente, può offrire il suo contributo per il sostegno degli altri membri della comunità.

In fine la politica. La militanza convinta e disinteressata all’interno di associazioni e partiti è la strada maestra per poter portare il proprio credo decrescentista nei momenti decisionali che regolano la vita democratica delle istituzioni a noi più vicine come, ad esempio, i Comuni.

 Una “teoria concreta” che vuole insegnare “come vivere” riceverà molte critiche. Principalmente cosa vi rimproverano?

Ci sono coloro che, per motivi politici, cercano di sminuire la Decrescita declassandola a “mera ricerca di stili di vita agresti” – citando il giudizio espresso dall’ex ministro Carfagna nel corso di una nota trasmissione televisiva – inoltre sempre più di frequente, purtroppo, si confonde la decrescita con la recessione economica che stiamo vivendo in questi ultimi anni. Ci accusano poi di proporre teorie economiche senza basi scientifiche e proposte da teorici non tecnici. In fine veniamo accusati d’essere seguaci di un’utopia.

 E voi come rispondete?

Ai vari “Carfagna” non riteniamo utile rispondere. Non siamo interessati ad entrare in un dibattito politico sterile con coloro che non hanno la benché minima idea di cosa sia la Decrescita.

Ci sforziamo però di spiegare che la Decrescita non è quel disastroso stato di recessione che oggi ci è stato consegnato da decenni di politica della crescita. Questo sì è un punto fondamentale per dipanare la nebbia che oggi offusca in parte il nostro lavoro.

La Decrescita si basa certamente su di un approccio etico delle questioni che riguardano l’uomo moderno, ma tutto nasce da solide basi poste dalla bio-economia di  Nicholas Georgescu-Roegen. Va poi ricordato che anche lo stesso Serge Latouche è un economista, così come il prof. Mauro Bonaiuti per rimanere in Italia. I “tecnici” quindi non mancano nel movimento decrescentista.

Per quanto riguarda l’utopia…beh la storia è piena di idee utopistiche che poi sono divenute realtà,  cambiando il volto della storia stessa. Quello che fa la differenza è l’impegno del singolo: solo con l’impegno di ognuno di noi sarà possibile rendere la Decrescita un’utopia concreta.

 Nel 2008 hai fondato il DFSN. Cos’è e perché ne hai sentito la necessità?

Quando ho iniziato ad interessarmi ai temi legati alla Decrescita la prima necessità che ho avuto è stata quella di confrontarmi con altre persone che stavano facendo o avevano fatto lo stesso percorso che avevo intrapreso io.

L’uso quotidiano del web e la scarsità, in quel momento, di informazioni su questo tema mi hanno dato l’idea di creare un sito dove raccogliere le mie idee e le mie riflessioni. Nel 2011 il DFSN vede la nascita della sua attuale forma di blog multi utente.

Oggi sono oltre sessanta gli utenti iscritti che possono pubblicare liberamente i proprio contributi, anche se in realtà sono una decina coloro che lo fanno con una certa assiduità.

Come si inserisce il vostro discorso nel dibattito sulla decrescita? Che ruolo avete?

Non abbiamo grandi pretese, anche se è fuori dubbio che il nostro blog è oggi un punto di riferimento a riguardo della decrescita italiana nel grande mare del web.

La libertà nella pubblicazione ha dato modo a molti utenti di esprimersi dando il meglio di se stessi. Questo ha permesso d’avere contenuti di qualità. Va da sé che molte persone si stanno avvicinando al nostro sito con  particolare curiosità ed attenzione.

Il nostro obiettivo principale è quello di diffondere, con il mezzo a noi più congeniale – internet – i principi della decrescita. Visto l’interesse che esiste attorno alla nostra attività direi che ci stiamo riuscendo.

La decrescita può essere un ampio progetto politico o il limite è l’egoismo intellettuale dei suoi teorici, come ha sostenuto Antonio Pascale ne LaLettura del Corriere?

Ho letto l’articolo di Pascale, così come ho letto le numerose risposte – alcune tra le più “gettonate” sono state pubblicate proprio dal nostro blog – che smontano puntualmente le critiche mosse alla decrescita.

Ciò che Pascale non vede, e con lui i numerosi detrattori della decrescita, è che molte realtà decrescenti già esistono. Quello che manca al variegato mondo della decrescita italiana, a mio avviso, è un’attenta analisi e programmazione che permetta di coordinare il tanto che già esiste, pianificando e organizzando un passaggio sereno della società dalla società della crescita alla società della decrescita.

Manca quindi una programmazione politica. Manca la politica intesa come una forza rappresentativa ed organizzata che possa tradurre in atti legislativi quanto sta già avvenendo e quanto dovrà avvenire. 

 Attualmente, vedi forze politiche che possono proporla o almeno difenderla?

Senza dubbio il M5S è stata la prima forza politica a parlare di Decrescita, anche se nel suo programma questa parola non viene mai citata, e non è stata sufficientemente spiegata ai suoi elettori. Evidenzio poi che, secondo me, non esiste una vera pianificazione legislativa che vada in questo senso. 

Ho trovato alcune idee riconducibili alla decrescita anche nei programmi di Sinistra Ecologia Libertà e Rivoluzione Civile. Quello che manca a questi partiti è una convinta critica alla crescita illimitata. 

Anche l’estrema destra presenta alcuni riferimenti, più o meno espliciti, alla decrescita, ma non nego che vedo queste idee ancora fortemente incrostate dai retaggi dell’ideologia fascista, e di questa sinceramente ne faccio volentieri a meno.

Va comunque detto che la Decrescita va oltre il dualismo destra – sinistra e si pone come strada alternativa al panorama politico così come lo conosciamo oggi.

Non nego una mia convinzione: la sinistra italiana potrebbe trarre grande giovamento nello sposare le nostre posizioni su temi fondamentali per l’uomo e per il cittadino.

 Può avere futuro la decrescita? Una tua prospettiva..

Quello che personalmente cerco di spiegare è che la decrescita ci sarà a prescindere se la vogliamo o meno. Se non cambiamo rotta sin da subito, arriveremo a vivere quel momento in cui la situazione ambientale, la scarsità delle risorse e le grandi ondate migratorie – frutto delle carestie e delle guerre per il controllo delle fonti primarie di vita come l’acqua – spingeranno la politica verso decisioni forti imponendo, anche con l’uso della forza, misure restrittive. Una sobrietà imposta da scelte di governi autoritari, che non sarà digerita serenamente nemmeno da chi la Decrescita la sente come proprio obiettivo.

Sta quindi a noi decidere se rimanere immobili ed attendere di vivere una decrescita imposta o cambiare noi per primi per cambiare il mondo che ci circonda, ed avviarci verso una decrescita serena e  condivisa.

E’ l’impegno del singolo a fare la differenza. 

Concludiamo l’intervista con queste tue parole. Ti ringrazio per la disponibilità e per la chiarezza delle risposte.

Grazie a voi per l’opportunità che mi avete dato con questa intervista di parlarvi, anche se in modo sintetico, di Decrescita e del DFSN. Spero d’aver incuriosito i vostri lettori in modo che possano iniziare ad approfondire i temi della decrescita senza pregiudizi. Grazie e buon lavoro.