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La sindrome iraniana

di Franco Cardini - 08/07/2025

La sindrome iraniana

Fonte: Il Fatto Quotidiano

Quando il gioco si fa serio, le persone serie debbono cominciar a giocare. Ma questo prezioso aforisma è ignoto nel beato mondo di Fakenewslandia, dove si crede solo alle sòle e alle bufale.
Per esempio, che la Russia vorrebbe aggredire l’Europa e che a lasciarla fare arriverebbe fino a Lisbona e ad Amsterdam: per quale motivo, poi, e con quali mezzi, resta ignoto perfino ad Angelo Panebianco. Oppure, che nella costituzione della Repubblica Islamica Iraniana è scritto bello chiaro che si vuole la distruzione totale d’Israele: il che si ripete di continuo, ma corrisponde a una colossale menzogna per smascherar la quale basta leggerne il testo online (https://rome.mfa.gov.ir/it/generalcategoryservices/10425/costituzione). È vero che è stato presentato da alcune forze presenti in Parlamento un disegno di legge contro lo Stato ebraico, ma esso non è ancora definitivo e dovrebbe comunque entrare in vigore entro il 2041. All’articolo 13, la Costituzione sancisce il diritto alla piena libertà di culto per zoroastriani, ebrei e cristiani, cioè per tutte le religioni che secondo la sharia adorando Iddio eterno, onnipotente e onnisciente si trovano sulla via della Rivelazione: quelle cioè proprie delle ahl al-Kitab, le “Genti del Libro”. Vero è che il 9 maggio 1990 venne promulgato un Atto in otto articoli – da allora soggetto e revisioni ed emendamenti – nel quale si definisce il regime di Gerusalemme come “oppressore e occupatore” della nazione palestinese.
I cittadini iraniani ebrei godono d’ogni libertà con l’unico obbligo di rifiutare esplicitamente l’ideologia sionista. Vero è che in forza del nuovo dispositivo giuridico varato dopo gli attacchi israeliani è stata applicata la pena di morte contro alcuni collaborazionisti, e non possiamo certo qui pronunziarci pro o contro la correttezza delle accuse a loro carico: ma, se la pena capitale basta a far considerare il regime iraniano una “dittatura” – come qualche Anima Bella dalle nostre parti pretende – allora è in buona compagnia, dagli Usa alla Cina passando per i tagliatori di teste che abbondano negli Emirati arabi del Golfo, fieri alleati degli americani e ora de facto sostenitori di Netanyahu sia pur con qualche distinguo.
Ma torniamo all’assetto civile interno dell’Iran, che dal novembre del 1979 è oggetto di un embargo totale voluto dagli Usa che nel settembre 1980 appoggiarono l’iracheno Saddam. Il pur avventuristico Trump, durante la “guerra guerreggiata” tra Israele e Iran che stava senza dubbio registrando la superiorità tecnologico-militare del primo sul secondo, si è sia pur a malapena trattenuto da colpi di mano suscettibili di obbligare i soldati stars and stripes a calcare il territorio iraniano. La Repubblica Islamica è vasta più di un milione e mezzo di chilometri quadrati e abitata da oltre 90 milioni di abitanti di età media fra i 30 e i 40 anni a schiacciante maggioranza musulmano-sciita nonostante la varietà etnica (i persiani sono meno del 35%:) ed è uno dei paesi di cultura media più alta del mondo, con il 45% di laureati di cui gran parte in scienze “dure” come medicina, ingegneria, scienze naturali: laureati veri, non di università online (quasi 1 adulto su 2 ha un titolo universitario; altissimo il numero di donne laureate in facoltà scientifiche, il 76% circa).
Una “dittatura”, quella iraniana? La Rivoluzione islamica del 1979 è stata un movimento identitario e popolare, culminato con un referendum in cui oltre il 98% dei votanti scelse la Repubblica islamica. Ancor oggi, la maggior parte della popolazione ne sostiene l’ordinamento: gli oppositori tanto spesso oggetto delle rare sequenze tv sono in genere concentrati nei quartieri medio-alto-borghesi di Teheran e Isfahan e protestano per lo più contro il chador, indumento portato in effetti con disinvoltura e che non impedisce alle iraniane di laurearsi e raggiungere alte cariche in politica, magistratura, accademie, produzione, esercito. Milioni d’iraniani partecipano a manifestazioni di sostegno al governo, come quelle per l’anniversario della Rivoluzione o in risposta ad aggressioni esterne, come quelle avvenute la notte dell’aggressione israeliana, che chiedevano una forte risposta da parte dell’Iran, contrastando la narrazione dei media occidentali che spesso le censurano. In momenti di aggressione, come gli attacchi israeliani, la popolazione tende a compattarsi e a mostrare un forte senso di patriottismo e unità.
Del resto partiti e media d’opposizione esistono, i giornali sono molti e di varia tendenza per quanto oggi la stampa cartacea sia in declino come da noi, sostituita dia mezzi informatici. La minoranza non è tale in quanto perseguitata, bensì perché manca d’unità d’intenti e di veri e propri leader credibili: fra i temi d’opposizione più comuni, a parte la sparuto gruppo di nostalgici del regime dello shah definitivamente screditato, i più seguiti insistono sull’adozione di modelli ispirati alle liberal-democrazie occidentali e godono di un certo credito. Molte delle operazioni di sabotaggio e/o destabilizzazione son state portate avanti da agenti interni addestrati o sostenuti da attori esterni come Israele e Usa scopo dei quali è promuovere un cambio di regime: ma, a parte gruppi specifici come i mujaheddin del popolo”, rare sono le formazioni oggetto di divieto assoluto sul modello della ricostituzione del partito fascista nella Costituzione italiana.
Per ciò che riguarda dunque la libertà di pensiero e potere politico, la Repubblica Islamica presenta un ordinamento in cui sovranità e partecipazione popolare alla vita politica è fondamentale, basato sui princìpi di fondo islamici ed elezioni parlamentari.
Capo dello Stato è il Rahbar, Guida Suprema designata a vita dagli 88 membri dell’Assemblea degli Esperti (il “senato” di giuristi-teologi eletti a suffragio universale ogni 8 anni). Il Rahbar presiede il Consiglio dei 12 Guardiani della Rivoluzione, per metà designati da lui e per metà dall’Assemblea Islamica, il “parlamento” con poteri legislativi costituito da 290 membri che restano in carica 4 anni e che, eletti secondo un elenco proposto dai partiti politici e approvato dal Consiglio dei Guardiani, designa a sua volta, a maggioranza, il presidente della Repubblica e capo del governo. Il sistema è definibile come “oligarchico-democratico”, misto di cariche “nominate dall’alto” e cariche elettive. Poche le donne, 14 su 290 seggi parlamentari: ma la situazione si sta evolvendo, anche dato l’altissimo numero di laureate. Il dibattito politico è molto vivo e ordinariamente libero. Che un sistema del genere sia definibile come “dittatura”, nonostante la presenza d’una milizia politico-religiosa e i metodi duri di polizia, è semplicemente ridicolo.
Sia prima dell’accordo sul nucleare del 2015 (poi stracciato da Trump), sia prima dei negoziati di quest’anno, la Guida Suprema, l’imam Khamenei, aveva espresso perplessità sulla loro utilità, asserendo che gli Usa non sono affidabili: eppure sia il governo di Ruhani nel 2015, sia l’attuale governo di Pezeshkian, hanno optato per i negoziati. Si noti che il parere della Guida Suprema s’è dimostrato corretto: tuttavia egli non ha imposto il suo volere al governo, al contrario di quel che Trump fa abitualmente. E ciò vale anche per altre tematiche che vanno dalla questione del velo alla collaborazione con Russia e Cina e così via.
Chi scrive conduceva abituali visite turistiche in Iran: non solo con studenti universitari. Negli ultimi anni, la cosa è diventata impossibile: non per colpa della burocrazia iraniana, che concede facilmente i visti (anche agli ebrei che visitano il santuario della “Profetessa” Esther ad Hamadan: l’ingresso in Iran sarebbe vietato agli ebrei israeliani, i quali però dispongono spessissimo di doppia cittadinanza, dunque doppio passaporto), ma perché tra gli aspiranti turisti si vanno formando due correnti d’incerti e intimiditi: la prima oppone al viaggio il pregiudizio (che si rifiuta di verificare de visu) che “si tratta di una dittatura”; la seconda manifesta la paura “del terrorismo”, pericolo in teoria più presente a Parigi o New York che a Teheran.