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La bella morte

di Gianluca Donati - 29/05/2013

 


 

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E adesso cosa diranno i laicisti e gli anti proibizionisti del suicida Dominique Venner che è entrato nella cattedrale di Notre-Dame di Parigi, è salito sull’altare e si è sparato un colpo di rivoltella uccidendosi? Era un ateo devoto? L’ha fatto per servilismo nei confronti del Vaticano?  Aveva un tornaconto personale? Che interesse può avere una persona a togliersi la vita? Oppure diranno che era semplicemente un omofobo squilibrato.

Certo l’atto di Venner è stato estremo, e anche profano, se si tiene conto che il suicidio è per il cristianesimo un peccato ed è stato compiuto dentro una chiesa; non voglio fare l’apologia del suicidio. Venner era sicuramente in uno stato di disperazione personale per compiere un atto del genere ma non può essere liquidato solo in questo modo; c’era una razionalità dietro alla sua follia e non si può ritenere che fosse un omofobo, considerando che era un cultore di Yukio Mishima, scrittore, intellettuale giapponese, anch’egli suicida per motivazioni simili a quelle di Venner, ma, guarda caso, omosessuale! Ha ragione Marine Le Pen che ha definito il gesto di Venner “politico”, e, infatti, Venner l’ha motivato in questo modo, lasciando un ultimo post sul suo blog, un riferimento alla legge francese sulle nozze gay. In realtà però, Venner intendeva lanciare un grido di rifiuto nei confronti dell’intera società moderna che ha rinnegato le tradizioni. Venner non era contro gli omosessuali ma contro la legge che autorizza le adozioni dei figli da parte dei medesimi, una legge che colpisce duramente le tradizioni. Ed è singolare ch’egli si sia suicidato attraverso un rituale, precedendo il gesto con una sua motivazione scritta, esattamente come Mischima aveva enunciato un discorso carismatico e patriottico prima di togliersi la vita. Mischima era omosessuale, ma era sposato (con una donna) e aveva figli. Frequentava locali gay e nelle sue opere c’erano spesso riferimenti all’omosessualità, ma egli visse sempre il proprio orientamento sessuale con discrezione e oggi sarebbe sicuramente contro i matrimoni gay, come lo sarebbe anche Pasolini.  I tre intellettuali avevano idee politiche diverse: Pasolini era un marxista eretico, Mischima un nazionalista conservatore decadente, Venner simpatizzava per il Front National, ma tutti e tre erano “tradizionalisti” e “antimodernisti”.

La questione dei matrimoni gay sta diventando un elemento di tensione sociale globale. In Francia, secondo i sondaggi, la maggioranza del popolo è contraria alle adozioni dei figli da parte dei gay e tuttavia il governo tira dritto. Nei paesi dell’ex Unione Sovietica si sta reagendo alle rivendicazioni omosessuali, con repressioni poliziesche, mentre in Italia esponenti del Pd chiedono di introdurre fin dalle scuole elementari “l’ora di omosessualità”. Sembra che le lobby gay vogliano “rieducarci” alla “superiorità omosessuale”. Tuttavia, questo è solo uno degli aspetti della deriva modernista della società globale. La decadenza dei costumi e delle tradizioni è strettamente legata al modello di sviluppo economico capitalista globalista. Popper che rappresenta più di chiunque altro la visione filosofica della globalizzazione capitalistica, affermava che “un mercato aperto implica una società aperta e viceversa”. Le due cose sono perciò collegate tra loro; la sinistra spinge per una società aperta, la destra invece per un mercato aperto; l’una apre la strada all’altra e viceversa, quindi sono complementari. Ecco perché il liberalconservatorismo di derivazione reaganiana e thatcheriana, a lungo andare non regge cosi come neppure il socialprogressimo. Quello che necessita alla società mondiale per uscire dalla crisi del modernismo è un modello comunitario tradizionalista.  Ha ragione Marcello Veneziani, quando in un recente articolo ha espresso il suo pessimismo, descrivendo i difensori di valori etici e tradizionali come dei vinti, costretti a una “bella morte” nella battaglia per le proprie idee. In effetti, tutti quelli che sono insofferenti nei confronti del modernismo, sembrano tanti Don Chisciotte che combattano invano, destinati alla sconfitta, contro i moderni mulini a vento. Ecco perché remare controcorrente, può essere affascinante, forse anche utile, ma comunque insufficiente se si vuole ottenere dei risultati. Se Evola insegnava a “Cavalcare la tigre”, oggigiorno ciò significa lasciare che il capitalismo globale si autodistrugga, perché se questo modello di sviluppo fallisce, scomparirà anche la società delle libere pulsioni animalesche che sembrano prevalere attualmente.

C’è però un piccolo problema; Marx aveva già previsto la crisi mondiale del capitalismo ed era convinto che al momento della crisi capitalistica, avrebbe trionfato il comunismo. Marx però l’hanno letto anche i capitalisti e lo stanno applicando al rovescio. La crisi sistemica del capitalismo, è stata “anticipata” da una crisi “pilotata”, per riposizionare il capitalismo a livello planetario, quello che è comunemente definito Nuovo Ordine Mondiale. Le oligarchie tecno-finanziarie stanno orchestrando abilmente i destini delle popolazioni mondiali, ma non tutto sta andando come loro avevano progettato, tutt’altro, la situazione gli sta sfuggendo di mano. Questa però non è una ragione per abbassare la guardia. Più che chiederci come abbattere questo sistema, dovremmo domandarci quale modello alternativo deve essere costruito, come e quando agire. Sono convinto che il quando sia “in breve” e sul quale, è evidente che non può che essere un modello di tipo neotradizionalista basato su una decrescita ragionata, sul recupero dell’economia rurale, miscelata con quella industriale, un modello economico-sociale misto pubblico e privato, un tipo di società comunitaria, ma non collettivistica, una rivalutazione del ruolo dello Stato-nazione, senza scivolare nello statalismo o nel nazionalismo neocoloniale. Una valorizzazione delle identità locali in senso federalistico, senza che questo significhi rinnegare un certo patriottismo spontaneo e libertario. Al posto del laicismo o del confessionalismo, ci dovrebbe essere un sano senso dell’etica pubblica e dell’autocontrollo individuale. Tutto ciò richiede una maturazione dell’umanità che adesso sembra lontana, ma l’umanità è fortemente condizionata dal modello politico-economico e se questo è radicalmente rivoluzionato, è possibile rivoluzionare anche l’uomo come individuo. Certo, dubito seriamente che questo cambiamento possa giungere dal Movimento 5 stelle. Grillo e il suo movimento hanno avuto molti meriti, primo tra tutti quello di aver smosso le acque stagnanti della politica italiana, ma il problema è globale, non nazionale, e ci vorranno realtà politico-culturali ben più solide del grillismo per risanare questa società marcia. Venner, quale che fossero le sue idee politiche, era un ribelle antimodernista; il suo è stato un atto estremo di rivolta, un modo personale di “passare al bosco” in senso jungeriano; quando questo era diventato per lui impossibile da compiere in modo concreto, e lo spazio metafisico era stato oramai esaurito, egli non ha trovato altra via che la morte, perché la libertà come la intendeva lui era un atto dello spirito. Perché per rimanere liberi bisogna, a un bel momento, prendere senza esitare la via della tomba!