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Quanto vale la "famiglia"?

di Mario Bozzi Sentieri - 23/06/2013


Mettiamo da parte i “sacri principi”. Archiviamo tradizioni ed istituzioni rodate da secoli. Lasciamo perdere il “senso” dei valori. Magari arriviamo – come si sta facendo da decenni – a proclamare la “morte della famiglia”, nel nome dell’indifferentismo etico e dei generi.  E poi tiriamo le somme, in termini esistenziali ed economici, antropologici e sociali. Che cosa ne ricaveremmo? Che il tramonto del “buon senso antico”, proprio quello che ha orientato, per millenni,  gli uomini, le donne, le famiglie e le società occidentali, ha dei costi sociali, oltre che individuali, in grado di spezzare le esistenze ed i bilanci, l’equilibrio dei singoli e quello delle comunità.

A dirlo non è qualche inguaribile “reazionario”, ma studi aggiornati e  scientificamente testati. Ultimo in ordine di tempo il rapporto “Famiglie divise: perché conta la stabilità”,  pubblicato dal think-tank britannico Centre of Social Justice (CSJ). L’indagine è particolarmente significativa in quanto oggi,  in Gran Bretagna, un quarto di tutte le famiglie con figli a carico sono guidate da un solo genitore, ed il Paese mostra uno dei più alti tassi di rotture familiari nel mondo sviluppato. Come dire: teniamo d’occhio quanto accade Oltre Manica, perché prima o poi anche qui dovremo confrontarci con queste tendenze. Per scoprire che cosa ?

Intanto che per ognuna delle seimila  sterline che il governo inglese spende per i costi delle famiglie sfasciate, soltanto una sterlina viene spesa per aiutare le famiglie a mantenersi unite. Con il risultato che il totale dei costi delle rotture familiari ammonta a 46 miliardi di sterline all’anno (poco più di millecinquecento sterline per ogni contribuente). Questi valori, si legge nel dossier del CSJ, sono aumentati di quasi un quarto negli ultimi quattro anni.

Un’altra grave conseguenza dell’indebolimento della vita familiare è l’assenza di modelli maschili per i figli. Secondo il rapporto almeno un milione di bambini cresce senza la presenza di un padre in casa. Il CSJ, inoltre, descrive come alcune delle regioni più povere del paese siano diventate dei “deserti maschili” poiché ben poche scuole primarie dispongono di insegnanti uomini. In Inghilterra e Galles un quarto delle scuole primarie sono totalmente prive di insegnanti di sesso maschile, mentre quattro quinti delle scuole primarie ne hanno meno di tre.
L’assenza di padri e di modelli di riferimento maschili, sottolinea il rapporto, è legata a più alti tassi di delinquenza minorile, a precarietà economica e a gravidanze precoci.

Il direttore del CSJ Christian Guy ha osservato che i politici trovano sempre delle scuse per non aiutare le famiglie. Alcuni di loro affermano che la politica non debba interferire nelle questioni personali, altri ritengono che i cambiamenti nelle famiglie sono semplicemente parte della vita moderna, mentre altri ancora, addirittura negano che esista il problema del collasso della famiglia.

“Questo atteggiamento deve cambiare. Il collasso della famiglia è un urgente tema di salute pubblica” – dichiara Guy.“Porsi l’obiettivo di ridurre l’instabilità non equivale a criticare o stigmatizzare i genitori single o i loro figli” -  ha detto. Dobbiamo percepire che il sostegno al matrimonio “non è un’ossessione conservatrice  ma un tema di giustizia sociale”.

E qui siamo al nocciolo della questione. A meno di non volere giocare con le parole da qui, anche da qui, dal rapporto tra crisi e relativismo etico, bisogna partire per ripensare su nuove basi il tema  della “giustizia sociale”. Che non può evidentemente ridursi ad essere uno slogan usurato, un auspicio, un  tranquillante per le coscienze, un passaggio di routine in qualche sbiadito appello elettorale, ma deve partire dalla realtà, misurarsi sui numeri e le ragioni della crisi, evidenziare lo stretto rapporto tra ruolo della famiglia e crescita sociale, tra tenuta della società e tutela dell’istituto familiare, tra deficit esistenziali e deficit economici. Prenderne atto vuole dire attivare le doverose contromisure. Fare finta di niente o peggio falsare la realtà significa condannare le future generazioni ad una crisi cronica.