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Cent'anni di Apocalisse

di Luciano Fuschini - 19/01/2014

 


 

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 Cent’anni di solitudine di Gabriel Garcia Marquez è uno dei più bei romanzi della storia della letteratura universale.

Potremmo intitolare il periodo che va dal 1914 a questo 2014 Cent’anni di Apocalisse.

Il Novecento è stato definito in tanti modi, ma il punto su cui l’accordo è generale è la sua tragicità.

Il consenso è pressoché unanime anche nell’individuare come massimi orrori del secolo il totalitarismo nazista e quello comunista (o stalinista, termine preferito da chi tenta di salvare l’ideale comunista attribuendo a Stalin e a chi ne ha seguito il modello, da Mao a Pol Pot, la sua degenerazione).

Una corrente storiografica ha visto nel nazismo la reazione al bolscevismo, attribuendo così alla rivoluzione d’Ottobre in Russia la causa e l’origine delle peggiori storture del secolo. Altri assegnano all’Olocausto, e quindi al nazismo, il primato dell’orrore, catalogandolo come un unicum nella storia dell’umanità, un genocidio programmato freddamente e attuato con meticolosità scientifica.

Ebbene, come rilevava acutamente il compianto Costanzo Preve, anche questi giudizi storici, apparentemente obiettivi, sono pesantemente ideologici, diciamo pure propagandistici, perché ignorano sistematicamente il 1914, la data di inizio della Grande Guerra, come lo spartiacque decisivo.

Perché questa omissione?

La risposta è abbastanza ovvia.

Le cause dello scoppio di quella terribile guerra sono tutte attribuibili al capitalismo, quando già opposti imperialismi si confrontavano in una globalizzazione (fenomeno meno recente di quanto si pensi) che era terreno di scontro per il controllo dei mercati, delle materie prime, delle rotte marittime, un imperialismo alimentato dal capitale finanziario fuso con quello monopolista.

Rievocare il 1914 significherebbe fare riflettere su realtà sgradevoli per il potere. Deve passare l’altro scenario, quello dei terribili totalitarismi sconfitti dalla liberaldemocrazia delle potenze anglosassoni, alle quali dovremmo eterna riconoscenza.

La realtà è che comunismo e nazismo sono nati come conseguenza di quel 1914 la cui responsabilità ricade interamente sul capitalismo imperialista e sul nazionalismo esasperato che ne fu l’espressione culturale.

L’Apocalisse è un processo, non la vampata di un attimo.

Il massacro di milioni di esseri umani nelle trincee della Grande Guerra è all’origine di tutti gli orrori del Novecento. In quel macello mai visto prima e in quei volti deformati dalle maschere antigas, si manifestava già qualcosa di abnorme, di qualitativamente diverso dalle normali tragedie della storia. Il comunismo, con la sua evoluzione verso lo stalinismo, e il nazismo, ne sono stati una conseguenza. La seconda guerra mondiale è stata un proseguimento della prima, dopo un breve intervallo di anni convulsi.  Hiroshima e i bombardamenti di città inermi con bombe incendiarie, per seminare terrore e abbattere il morale delle popolazioni, non furono meno orrendi dell’Olocausto, altra verità indicibile perché offuscherebbe l’immagine dei “liberatori”.

La catena ininterrotta di eventi che è partita dal 1914, fa incombere il suo rombo apocalittico anche sui nostri anni, quando né nazismo né comunismo possono averne parte.

Quanto al fondamentalismo islamico, il tentativo di farne un fantasma sostitutivo delle dittature del Novecento sconfitte dagli anglo-americani è troppo in contraddizione con i fatti perché possa essere credibile.

La contaminazione dell’ambiente, la prepotenza imperialista, la volatilità della finanza che sovrasta la concretezza della produzione di valori d’uso, la mercificazione di tutte le relazioni umane, la pretesa di un potere che assume il ruolo di una divinità, con la sua guerra robotizzata, i suoi droni che folgorano dall’alto, la sua tecnologia che spia praticamente tutti gli abitanti del pianeta, manipola il DNA, modifica il clima, frantuma il sottosuolo per estrarne fonti energetiche, sono il fondale della nostra scena.

E su tutto la mostruosa proliferazione di un’umanità che in un secolo è passata da un miliardo agli attuali sette, massa brulicante che migra, cerca spazi, consuma risorse, si contende terreno vitale.

Nei brindisi che hanno salutato il 2014 c’era ben poco da festeggiare. Celebravano, nella beata inconsapevolezza di chi non sa, la chiusura di un ciclo apocalittico inaugurato da quel 1914 che il potere vuole esorcizzare perché non si rifletta su ciò che significa.