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L'Italia (ufficiale) in cifre

di Lorenzo Parolin - 23/02/2014


 

Fatto cento il numero degli Italiani, la tavola riassuntiva mostra come oggi appena 1,53 persone lavorino nel settore primario (agricoltura e pesca) e solo 11,74 nella produzione di beni mobili ed immobili (3,32 edilizia; 8,42 industria). Ciò è possibile perché i lavoratori d’oggi sono assistiti da potenti servitori: l’energia elettrica, il petrolio, il gas, il carbone … Un uomo sul trattore, si sa, moltiplica a dismisura il lavoro fatto dall’aratore con buoi. (Va ricordato che nel 1931 gli addetti all’agricoltura erano il 54% della popolazione.)

L’elevata capacità di usare l’energia farebbe pensare ad un’abbondanza stabile e generalizzata, invece la crisi colpisce ugualmente. Perché?

Perché 1,53+11,74=13,27 persone, pur bene attrezzate, sono pochine per soddisfare i bisogni di sé stesse e delle altre 86-87 che ronzano loro attorno spesso con le mani in mano.

Nelle seguenti liste di lavoratori

 

1°- Contadino                     1°- artigiano

2°- Fruttivendolo                2°- rivenditore

3°- Commercialista             3°- avvocato

4°- Impiegato statale           4°- insegnante

 

i livelli 2 hanno bisogno dei livelli 1 per esistere; inoltre i livelli 3 traggono il loro sostentamento servendo i livelli 1 e 2, e i livelli 4 sono mantenuti dalle tasse pagate dai livelli 1, 2 e 3; in definitiva, se i livelli 1 si contraggono troppo, l’intero meccanismo si ferma. In altre parole, se troppi vogliono lavorare nel settore dei servizi (commercianti, trasportatori, bancari, estetiste, medici, vigili, statali …) oppure farsi servire (studenti, pensionati, invalidi, disoccupati) le bocche che mangiano sono troppe rispetto alle braccia che producono, e portano carestia.

Nonostante l’assurdità sia evidente, il terziario e gli statali non smettono di crescere e di gravare esageratamente sulle spalle del settore produttivo. Allora, per pagare le tasse con cui mantenere i non produttivi, i settori di base sono costretti ad aumentare i prezzi del pane, dei vestiti, dei mobili, delle case … dando luogo ad una forte crescita del costo della vita. Ecco spiegato perché i cinesi possono vendere i loro prodotti a prezzi così bassi: essi ancora non hanno la moltitudine di mangiatori a ufo dei paesi “sviluppati”. C’è inoltre da osservare che se l’Occidente importa più roba di quella che esporta (perché molte imprese ex produttrici importano e commerciano), i nostri paesi consumano più di quello che producono, intaccano i risparmi, esportano moneta e alla lunga impoveriscono. Esportazioni ed importazioni dovrebbero sempre bilanciarsi. Va detto pure che nell’agricoltura e nell’industria sono occupati milioni di stranieri. Senza di essi le 13-14 unità produttrici citate scenderebbero a 8 e l’equilibrio già precario si romperebbe.

E come se ciò non bastasse c’è un enorme baco che sta deteriorando di nascosto il Sistema: il baco del degrado. Data l’accresciuta capacità di usare l’energia, basterebbe che tutti lavorassero di meno e che il lavoro fosse ripartito equamente fra tutti; invece i più aggressivi monopolizzano i lavori più redditizi costringendo gli altri a restare disoccupati. Gli esclusi, naturalmente, si difendono dicendo: “Se non ci inventiamo qualcosa di strano, come facciamo a vivere?” Sviluppano allora prodotti nel campo del frivolo, del dilettevole e del voluttuario, i quali, però, stuzzicando l’appetito dei sensi, deteriorano moralmente e fisicamente i loro fruitori. Risultato? L’energia e la tecnologia, usate in modo sconsiderato, generano un’abbondanza che distrugge il Sistema. La ricchezza usata male aumenta la capacità di farsi del male e di sperperare energia. I lavoratori abbrutiscono, si demotivano, perdono efficienza e tendono a migrare nel terziario, nella burocrazia e a farsi assistere gratis. Si aggiunga poi che una grossa fetta di cittadini (che per ovvi motivi non compaiono nella tabella sopra riportata) lavora in nero ed evade le tasse che servirebbero a mantenere il Sistema, ed il quadro è completo.

A questo punto corre l’obbligo di fare una domanda: “Ci sarà una via d’uscita di qualità?” Sì, ma la soluzione è talmente facile che nessuno la prende in considerazione. Si tratterebbe di eliminare i consumi superflui, di ripartire il lavoro più equamente e di puntare sulla cultura e sulla spiritualità, così da contenere le spinte auto distruttive. Già se i 13-14 lavoratori di base producessero beni essenziali al posto dell’attuale grande fetta di prodotti voluttuari, le cose migliorerebbero di molto; se poi altri 13-14 parassiti stipendiati dal Sistema fossero mandati a lavorare nelle fabbriche di base, la produzione raddoppierebbe a costo zero e l’attuale esorbitante costo del lavoro dimezzerebbe: potremmo inondare il mondo con le nostre merci e fare concorrenza persino ai Cinesi.

A ben guardare, la crisi che costringe molti a rinunciare al superfluo ha già avviato a soluzione il problema, invece i capipopolo lavorano per superarla insistendo a riproporre il modello che l’ha prodotta. In questo caso nel Sistema continuerà ad accumularsi energia negativa e il prossimo “terremoto” sarà più rovinoso dell’attuale. Se l’umanità capirà la lezione che la Natura ha voluto darci con la crisi, e cambierà direzione di marcia, si salverà; diversamente verrà travolta dal crollo delle sue costruzioni superbe. [Tratto da L6/641]

A che servono tanti servitori (gli occupati nel settore dei servizi) se i padroni da servire (gli addetti ai settori primari e secondari) sono sempre di meno e sempre più poveri? Inoltre, vi sembra normale che i “padroni” vengano bistrattati e ricattati dai servi? E quanto può durare un mondo in cui guadagnano di più i servitori dei padroni?

Ciò che fa arricchire in modo sano è il lavoro utile ed efficiente, non qualsiasi lavoro. Bisogna discernere il buono dal cattivo, promuovere il primo e ostacolare il secondo.

È mai possibile che ci sia gente che vive sulle spalle degli altri sfruttando la loro posizione di dominio conquistata con la forza o con l’astuzia?     Purtroppo sì, ma è immorale.

[rif. www.lorenzoparolin.it S3/46]