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Manifesto del Populismo

di Ippolito Emanuele Pingitore - 13/04/2014

Fonte: L'intellettuale dissidente


Come se non fossimo stati mai incantati e poi governati da gente addestrata nel farci passare il nero per il bianco, come se non fosse populismo farci credere che l’Europa sia il Paradiso perduto, come se il populismo sia spuntato di punto in bianco in un momento preciso della storia europea con l’emersione di movimenti e partiti che, stanchi dei soliti, sono andati a raccontare in giro le menzogne e i progetti criminali sviluppati nell’entropia dei chierici del capitale.

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Quando la moda propone i suoi prodotti, il risultato è l’omologazione collettiva. Ci sono poi mode e mode: c’è quella stilistica, quella artistica e quella politica. La nostra – nel caso particolare – è una grande moda politica che inevitabilmente si è riversata in tutti i campi della società ed in particolare nel gergo giornalistico, economico e ben pensante. Senza dubbio la parola più utilizzata quotidianamente con una frequenza assordante è proprio la seguente: populismo. Ormai il populismo fa parte del pranzo, della cena, della merenda di ognuno di noi. Non c’è convegno, trasmissione televisiva, luogo di incontro o fonte di informazione think tank in cui non spunti d’acchito tale parola. E’ la moda. Chiunque la pensi diversamente è un populista, un miserabile populista, uno che distorcerebbe la realtà dei fatti basando la propria azione sulla faciloneria generale del popolo. Come se non fossimo stati mai incantati e poi governati da gente addestrata nel farci passare il nero per il bianco, come se non fosse populismo farci credere che l’Europa sia il Paradiso perduto, come se il populismo sia spuntato di punto in bianco in un momento preciso della storia europea con l’emersione di movimenti e partiti che, stanchi dei soliti, sono andati a raccontare in giro le menzogne e i progetti criminali sviluppati nell’entropia dei chierici del capitale.

Il nuovo clero – come amava definirlo Costanzo Preve –,  giornalisti e professoroni, altro non fanno che portare alla ribalta una di quelle che è percepita come una piaga. Ed in realtà meritano commiserazione: essi hanno contribuito a creare il sistema Europa, ce l’hanno descritto come il sistema migliore in cui in futuro non avremmo fatto altro che accontentarci di vivere nell’otium, magari coltivandoci il nostro bell’orticello. <<Con l’euro lavoreremo un giorno di meno guadagnando come se lavorassimo un giorno di più>> disse Romano Prodi forse in preda ad un delirio. Più comiche le battute di un altro professorone, Mario Monti, che si lasciò scappare una analisi lucida sui successi dell’euro. Era il 2011 quando durante la trasmissione televisiva “L’infedele” sparò: <<Oggi stiamo assistendo – non è un paradosso – al grande successo dell’euro. Qual è la manifestazione più completa del grande successo dell’euro? La Grecia!>>. Mai preludi più oscuri e catastrofici. Verrebbe spontaneo chiedersi il motivo di tali affermazioni. O mancata capacità critica, e dunque pessima visione politica, il che dovrebbe poi spiegare il motivo per cui tali signori siano stati Primi Ministri o becero populismo su cui la vecchia Democrazia Cristiana (le vacche di Fanfani) ha sempre costruito la sua forza; e non sarà un caso che i due signori siano il prodotto netto di una ideologia storicamente collassata che però si è sviluppata in tante cellule sbiadite. La realtà è che i populisti onesti fanno paura perché predicano la verità. I populisti hanno sostituito nella mentalità borghese i vecchi mangiabambini. Sono i nuovi mangiapreti, dove però i preti – sia chiaro – non sono i più i don con la talare, ma i colletti bianchi di professione, quelli abituati a sfilare in processioni di ipocrisia, che con la loro pallida eloquenza amano arrogarsi il titolo di esperti, di competenti, di coloro che sanno fare bene i conti. Ma i conti senza la <<Ragion di Stato>> sono utili solo agli interessi di chi comanda e ha intenzione di comandare. Lurida ipocrisia dal sangue blu: è questo il vero populismo di cui diffidiamo. Quello che crede di partorire un popolo nuovo, sano, potente e schiavo al medesimo tempo! Lo nutre di immagini fantasiose, gli pone davanti calcoli falsati, statistiche da quattro soldi, progetti da potenza universale e invece, tolta la maschera, rimane lo schizzo di un progetto andato a male.

Povera Europa, affossata da ambizioni economiche e dalla legge del mercato, dimentica delle sue origini e della sua missione, attenta alla salvezza dei conti e cieca dinanzi alle sofferenze del popolo. Quali identità? Quello a cui si assiste è una nauseante omologazione di massa in cui l’individuo ha perso il suo ruolo centrale e viene soppiantato dal freddo calcolo matematico. Tutti numeri, tutti banalizzati a mere unità di supporto, specializzati nel sottostare ad ingiuste disposizioni e a crepare nella miseria più povera e a guardare i balzi dello spreed e del debito pubblico, meccanismi di controllo della più grande battaglia della storia umana: il controllo economico, la guerra dei soldi.

Lode al populismo, dunque. Il populismo vero, che vuole innovare, e non vuole affatto chiudersi in posizioni estremizzanti, che non vuole cercare nel campo “Europa” un terreno che faccia dimenticare il passato o le ambizioni nascoste. Chi parla di blocco all’immigrazione, di indipendentismo e federalismo, ha solo bisogno di trovare un capro espiatorio, ha solo bisogno di nascondere una politica insulsa. Noi non vogliamo dire no all’Europa dei Padri fondatori. Noi diciamo no a questa Europa. Ma questa Europa è solo un progetto fasullo, schiavo dell’americanesimo politico-culturale e degli USA, che hanno bisogno di satelliti dei quali circondarsi per agire politicamente.

Se tale presa di posizione basta ad essere considerati populisti, noi siamo fieri di innalzare questa bandiera in nome della libertà e della giustizia tra i popoli. Meglio populisti che demagoghi e falsi partigiani!