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“Divide et impera”: la società italiana di fronte al Potere

di Roberta Barone - 30/07/2014

Fonte: L'intellettuale dissidente


Il fascismo dell'antifascismo, così per usare l'espressione già avanzata da Renzo De Felice, nasce e sussiste proprio in funzione di distruzione dello stesso principio democratico tanto inneggiato dai presunti attivisti di un qualsiasi movimento, come i No tav o i No Muos, che dovrebbero esclusivamente lottare contro l'installazione di potenti strumenti da parte di un potere ben più grande, ed invece troppo spesso si sentono legittimati ad escludere da quella battaglia coloro che non condividono ideali che esulano da quello stesso contesto

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È un’arma potente quella della convinzione. Etichettare, tacciare, attribuire o attribuirsi un “marchio” all’interno di un contesto sociale che vorrebbe sfornare prodotti sempre più simili così da poterli facilmente classificare e controllare, significa risparmiarsi la fatica di pensare, di guardare oltre la superficialità e l’etichetta delle cose. Si cresce con la statica convinzione di ciò che sia giusto o illecito fare, leggere o dire, mentre la dinamicità degli avvenimenti sempre nuovi e diversi, si ritrova oggi a camminare a braccetto con ideologie cariche di vecchie dicotomie e futili stereotipi. Una di questa è proprio quella che vede scontrare nelle strade i giovani dei centri sociali antagonisti: è la dicotomia del fascismo e dell’antifascismo. Un antagonismo che nel 2014 risulta assai anacronistico, considerata la già scarsa differenza tra forze politiche di destra e di sinistra create appositamente per offrire l’illusione della sovranità e produrre quello stesso alone di falsa democrazia utile al sistema. Non si tratta solamente di ciò che viene sancito dalla famosa Legge Scialba (contenente “Norme di attuazione della XII disposizione transitoria e finale -comma primo- della Costituzione) per quanto concerne l’Apologia di fascismo perché oramai, quella che per molto tempo fu una forma di prevenzione tesa ad evitare il ritorno di forti prese di posizione politiche attraverso un “nuovo Mussolini”, altro non fà che distogliere lo sguardo dall’attuale dittatura, quella finanziaria. Non più una dittatura dichiarata quanto gli “ismi” che caratterizzarono l’epoca dei conflitti mondiali e dei reali bombardamenti, ma un’imposizione implicita che ogni giorno cresce silenziosamente, seguendo il principio di ebollizione della rana destinata a morire*.

Non si capisce o più semplicemente si indirizzano i giovani nella condizione di non capire che l’eccessivo accanimento a favore o contro una particolare ideologia (fascista o comunista che sia) che non si ferma alla semplice esibizione di gadget o magliette rappresentanti i rispettivi simboli, contribuisce a distrarre e dividere la popolazione, in questo modo,  impossibilitata a scrutare l’attuale pericolo di un nuovo manganello. Quello del capitalismo, quello di una dittatura finanziaria colpevole dello stesso malcontento che ogni giorno, attraverso politiche di austerità, uccide la serenità di troppi padri di famiglia e i sogni di altrettanti giovani su cui grava il peso dell’eccessiva disoccupazione. È la legittimazione dell’imposizione, la giustificazione del potere attraverso cui ottenere grandi masse di individui sottomessi alle logiche del mercato, pedine nelle mani dei veri dittatori non dichiarati. Gli stessi individui protagonisti delle cosiddette “guerre tra poveri”, combattenti di una lotta ideologica dove a vincere è sempre il terzo che assiste soddisfatto, complice e responsabile di aver innescato i contrasti grazie all’incitamento dell’odio l’uno contro l’altro, dell’indebolimento dei rapporti tra le fazioni vicine ad una possibile coalizione contro quel potere centrale. Il principio stesso della locuzione latina “Divide et Impera” trova le sue origini nelle politiche espansionistiche dei grandi Imperi; in particolare viene attribuita a Luigi XI di Francia l’espressione diviser pour régner «dividere per regnare». Un principio di cui si sono serviti gli stessi romani per controllare vasti territori conquistati e che, nel mondo moderno, è stato ben testimoniato dalle politiche inglesi proprio nell’India britannica, dove venivano appositamente alimentate le diatribe tra le varie tribù ignare dell’inganno da parte dei dominatori: il risultato fu poi la distruzione dell’impero e la costituzione di sei stati indipendenti.

Arrivando a giorni nostri, come possiamo negare l’uso di tale tecnica come mezzo di controllo e assoggettamento della nostra stessa società? Lontani ormai da quegli anni in cui gli unici cuori battenti erano solo quelli rossi e quelli neri, proprio di recente abbiamo assistito alla chiara frantumazione di movimenti sociali nati da uno scopo comune, poi andato perso per via dell’intrusione di nuovi fattori incidenti nella stessa “lotta”. Il fascismo dell’antifascismo, così per usare l’espressione già avanzata da Renzo De Felice, nasce e sussiste proprio in funzione di distruzione dello stesso principio democratico tanto inneggiato dai presunti attivisti di un qualsiasi movimento, come i No tav o i No Muos, che dovrebbero esclusivamente lottare contro l’installazione di potenti strumenti da parte di un potere ben più grande, ed invece troppo spesso si sentono legittimati ad escludere da quella battaglia coloro che non condividono ideali che esulano da quello stesso contesto. Si finisce così come si finì per il Muos in Sicilia, dove lo scontro sempre più forte tra diversi attivisti, sottolineato da uno “statuto” basato sull’antifascismo e l’antiomofobia (quasi in preminenza rispetto al tema del Muos) portò alla inutile divisione dei vari comitati (con la rara eccezione delle mamme no Muos, cui forse si devono i migliori risultati) , giovando sicuramente al potere centrale: quello statunitense tanto appoggiato dal governo italiano. Mentre le antenne criminali di Niscemi trovano così la loro precisa funzione bellica, il potere ovvero quel famoso “potere centrale” dalla varie sfaccettature (militare, economica, politica, sociale) continua ad imporsi sempre di più nelle nostre vite, nella nostra quotidianità, manipolando le coscienze e, ancor peggio, regalandoci l’illusione della libertà.