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Come costruire in Italia una coalizione anti euro

di Antonio Maria Rinaldi - 22/10/2014

Fonte: Formiche


L’attuale periodo può essere così sintetizzato: “la casa brucia e non sto a vedere chi porta i secchi d’acqua, ma che l’incendio venga spento!” Questa metafora, che calza perfettamente con la tragica situazione in cui è precipitato il nostro Paese, fa anche emergere che non c’è coesione fra le forze che attualmente professano il ritorno alla completa Sovranità come l’unica via percorribile per la salvezza dell’Italia. Sarebbe invece in questo momento quanto mai opportuno e producente stringere alleanze funzionali, mettendo da parte per una volta per tutte le divisioni e i contrasti propri della dialettica politica in nome dell’interesse supremo nazionale per la salvaguardia del bene comune. Che senso ha che partiti o movimenti come la Lega, FdI-Alleanza Nazionale, M5S, frange di Forza Italia, tanto per citare quelli con rappresentanza parlamentare, conducano separatamente la loro battaglia per poi confrontarsi singolarmente contro lo squadrone compatto e fedelmente supino agli ordini della Troika?

Il successo di qualsiasi iniziativa, tesa a spezzare il cappio che ci siamo calati noi stessi intorno al collo, passa dalla capacità d’informare correttamente i cittadini ormai plagiati e storditi dal pensiero unico dominante. Solo in questo modo sarà possibile conquistare e ottenere quel consenso, necessario in qualsiasi ordinamento democratico, per liberarci dalla dittatura economica, ad iniziare dal mezzo tecnico con cui viene esercitato questo sopruso: l’euro. Ci siamo infilati in questo vicolo cieco grazie alle improvvide scelte di una classe politica che ha preferito fingere di rincorrere sogni per celare tornaconti esclusivamente di bottega invece di verificare se fossero state rispettate le reali esigenze del Paese. L’unico modo per riuscire nell’intento è fornire agli italiani quegli strumenti di conoscenza per valutare che il ritorno a una politica economica autonoma tarata per le proprie esigenze, e pertanto non più forgiata per gli interessi esclusivi di un mondo finanziario distante anni luce dall’economia reale, in questo momento è il male minore rispetto al disastro certo.

Perciò il mio accorato appello è che le forze contrarie a questa unione monetaria, che sta infliggendo più danni di una guerra mondiale, si coalizzino per condurre insieme l’Italia fuori dal guado. Uniscano insieme tutte le risorse intellettuali, tecniche e politiche a disposizione per concertare un’azione comune e mettano in secondo piano le differenze e i contrasti; salvare il Paese è un obiettivo superiore e l’opinione pubblica premierà questa visione di collaborazione nell’interesse di tutti, nessuno escluso.

La Francia, anche lei attanagliata dalla crisi, figlia di questa follia liberista, ha già fatto enormi passi in questa direzione, e i preconcetti propri di divisione ideologica fra destra, sinistra e centro sono stati annullati. Quando scendono in piazza lo fanno sottobraccio e coesi perché hanno da tempo capito che uniti si vince! L’alternativa è disperdere le forze e fare in questo modo il miglior gioco del “nemico”.

Quando i nostri Padri si trovarono nelle drammatiche condizioni di affrontare un fortissimo e agguerrito nemico comune che ci aveva usurpato, non guardarono il colore della propria camicia, ma combatterono insieme fino alla vittoria. Allora comunisti, democristiani, socialisti, liberali, repubblicani e tante altre forze politiche e sociali, imbracciarono le armi dalla stessa parte della barricata e lottarono fianco a fianco fino all’annientamento di chi ci aveva ridotto allo status di protettorato riuscendo a riprendere il destino della Nazione nelle proprie mani. Cosa diranno le nostre generazioni future se non saremo riusciti a preservare la casa comune solo perché nel momento del bisogno eravamo divisi?

Questo è ciò che vorrei che avvenisse per il bene del mio, del nostro, Paese; tanto il tempo dopo per tornare a litigare non mancherà di certo, ma almeno con la soddisfazione di poterlo ancora fare da italiani fieri di esserlo ancora!