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Scomposizione e ricomposizione del quadro politico italiano (epilogo)

di Eugenio Orso - 10/02/2015

Fonte: Pauperclass


Fin dai tempi del primo governo-Quisling, quello di Monti e Napolitano, ho trattato la questione della scomposizione e ricomposizione del quadro politico italiano, a uso e consumo della troika. L’Italia, in quanto paese occupato monetariamente, finanziariamente, economicamente (e anche militarmente, tenendo conto delle basi americano-atlantiche), doveva essere completamente “normalizzata” in senso neocapitalistico anche sul piano politico. Si è agito scomponendo e ricomponendo le deboli e corrotte forze politiche nazionali nel modo desiderato dalle aristocrazie del denaro e della finanza. Occupazione completa del paese significa, infatti, controllo totale monetario, finanziario, economico, contabile, militare e, ovviamente, anche politico-istituzionale.

La gabbia liberaldemocratica che contiene il paese è stata rinforzata artificialmente, togliendo qualsiasi spazio a eventuali, pur sempre possibili anche se improbabili, opposizioni non di facciata. Il percorso seguito, da Monti a Renzi, è diverso da quello greco e spagnolo (nuova democrazia, popolari, socialisti euroservi, poi le trovate syriza e podemos), “personalizzato” ad hoc tenendo conto in modo intelligente delle peculiarità italiane.

Prioritaria, agli inizi, è stata la frantumazione del centro-destra berlusconiano, per estrarre parlamentari in appoggio ai governi-Quisling non eletti. L’idea – in buona parte realizzata – era e rimane quella di dividerlo per ricomporlo in almeno due settori. Uno da utilizzare in appoggio diretto o indiretto ai governi dell’occupatore e l’altro “populista”, ma completamente ingabbiato nel sistema liberaldemocratico, rispettoso delle sue regole e dei suoi tabù (metodo democratico, pacifismo strumentale, tensione verso gli appuntamenti elettorali chiaramente inutili, eccetera) evitando che possa rappresentare una vera minaccia per la stabilità sistemica. Questo passo è stato quasi interamente compiuto con l’elezione di un presidente della repubblica semi-sconosciuto ai più, rottame della precedente era democristiana (ormai fossilizzata), che ha definitivamente frantumato il cosiddetto centro-destra. Da una parte, il declinante Alfano al governo, collaboratore dei collaborazionisti piddini della troika, e una forza Italia frettolosamente resuscitata che fino a ieri ha appoggiato il governo Renzi restandone fuori. Dall’altra, la Lega di Salvini, la piccola formazione ex alleanza nazionale di Fratelli d’Italia e forse i fittiani dissidenti nel redivivo partito berlusconiano. Partendo dal dato fondamentale che Berlusconi è ricattato dai poteri esterni, deve fare soltanto quello che gli impongono (anche contro l’interesse del suo partito) e politicamente è già finito da un pezzo (non solo per ragioni anagrafiche), notiamo che gli schieramenti nati dall’ex centro-destra sono sostanzialmente due, con funzioni diverse e una diversa collazione nella recita liberaldemocratica. Venendo ai “populisti” d’opposizione nati nel sistema, Salvini è ovviamente il più gettonato, il più presente sugli schermi televisivi, con l’apparato mediatico al gran completo che “investe” abbondantemente sulla sua figura di oppositore anti-Renzi e anti-eurozona (le due cose vanno insieme …). Per quale motivo? Semplicemente perché, astraendo dalla buona volontà del giovane emergente, il suddetto incontra dei limiti oggettivi non da poco. Limitazioni che non gli consentiranno, in tempi prevedibili, di insidiare il primato di popolarità – in primo luogo nei sondaggi, oggi più rilevanti delle elezioni – del piccolo Quisling Matteo Renzi, lanciato verso un orwelliano-huxleyano futuro dominato dal “partito della nazione”. I due Mattei dovranno fronteggiarsi nella recita liberaldemocratica, ma il primo, Salvini, ha grandi difficoltà di espansione a sud, imposte dalla storia della lega, e si muove in un centro-destra in piena fibrillazione, diviso fra “governativi” appoggiati dalla troika e “oppositori” inutilmente legali, ossia rigorosamente parlamentari. Proprio l’ideale, per fingere la democraticità del sistema e l’esistenza di un’alternativa politica nell’onusto, sterile gioco destra-sinistra al quale gli italiani sono ormai assuefatti. Tutto quanto precede, lo ripeto, indipendentemente dalla buona volontà di Salvini.

Passando ad altro osserviamo (non senza disgusto) la parabola discendente della scelta civica montiana. Pur avendo ottenuto un certo numero di seggi alla camera, ma soprattutto al senato, dove la maggioranza governativa collaborazionista della troika ha qualche problema, questa formazione è strafinita. Si tratta di un esperimento fallito, che però rilascia senatori per il partito democratico, in appoggio a Matteo Renzi e, dietro di lui, alla commissione europea, alla bce e al fondo monetario internazionale. I senatori di scelta civica (esclusa l’”icona” Mario Monti, nominato a vita dal sodale Napolitano), passano armi e bagagli al pd, mostrando così che l’esperimento in questione non è stato del tutto fallimentare. Renzi apprezza e ringrazia.

Sinistra ecologia e libertà, da sempre nelle elezioni politiche e amministrative aggrappata al pd, inneggia a syriza e podemos (soprattutto alla prima, vittoriosa in Grecia), ma nella dura realtà ha rilasciato parlamentari per irrobustire il partito democratico, guidati dal transfuga Gennaro Migliore, capoccia del gruppetto libertà e democrazia.

Non parliamo poi del movimento 5 stelle, ancora forte nei sondaggi sostitutivi delle elezioni, ma soggetto a continue emorragie di parlamentari, che tendono ad avvicinarsi al pd e al governo-Quisling voluto dalla troika. Si ha l’impressione (ma è più di un’impressione, quasi una certezza), che i grillini si siano rivelati utilissimi per la stabilità del sistema e degli esecutivi imposti. In due modi. Anzitutto, narcotizzando la protesta popolare con l’ingresso nel recinto parlamentare (l’ha ammesso persino Grillo, dicendo che senza di lui ci sarebbero state rivolte violente). Poi, rilasciando parlamentari a singhiozzo di cui possono beneficiare Renzi e i suoi compari. Un utile serbatoio, insomma, al quale attingere per estendere la maggioranza nel voto parlamentare. Alcuni fra questi transfughi avranno deciso in base al volgare interesse personale, mantenendo il seggio in parlamento e le ricche prebende, senza riduzioni indebite e minuziosa rendicontazione delle spese (facendo così la figura dei miserabili, ma che gli importa?). Personalmente credo che terranno in vita m5s il più a lungo possibile, viste le sue reali funzioni – impedire rivolte popolari anti-sistemiche e rilasciare parlamentari alla bisogna – anche se il movimento grillino è praticamente e ignominiosamente finito.

In ultimo ma non ultimo, il boccone più grosso. Il partito unico collaborazionista della troika, democratico, filo-atlantista ed euroservo, cioè il pd. Quello intorno al quale tutto ruota, istituzioni occupate e politica nazionale subalterna. L’unico “partito indispensabile” (o per lo meno, tale ancora per un po’) nel quadro politico italiano. Il pd deve essere preservato, addirittura allargato e trasformato nella sua composizione interna, rispettando i desideri programmatici delle aristocrazie del denaro e della finanza. Per questo si punta al futuribile partito della nazione, mutazione del pd in crescita alimentato dai molti “reflui” provenienti da scelta civica, dal sel, nel prossimo futuro dal cinque stelle e – perché no? – in prospettiva anche da ncd e forza Italia. Transfughi, profughi e orfani (o più ironicamente “orfanelli”) al senato e alla camera alimentano già oggi, numerosi, il futuro “partito della nazione”, salendo in fretta e furia sul carro del vincitore. La troika, per imporre le sue politiche di austerità e morte, ha necessità che la politica italiana sia popolata da questi spregevoli ominicchi, che ingrossano fatalmente le file del pd. Quanto alla vergognosa e sedicente opposizione interna piddina, che paventa di tanto in tanto la minaccia della scissione, sappiamo per esperienza, confermata dall’esito di molte votazioni parlamentari (presidente della repubblica, legge elettorale, jobs act), che la sua è solo una recita, a uso e consumo di una plebe ridotta nello stato subumano-piddiota (restate con noi, perché nel pd c’è ancora la sinistra!). Non è previsto che il pd si scinda come un’ameba o che perda un po’ di pezzi. Non è in agenda, per lui, la fine che ha fatto il pdl o che sta facendo forza Italia. La formazione collaborazionista che ha generato il renzismo (ultima frontiera della politica degenerata) deve ingrossarsi nella logica del partito unico neocapitalista, fedele servitore dei poteri esterni. Tutto fa brodo per la troika e graditi saranno anche gli ex grillini, che vogliono tenersi tutti per sé, in saccoccia, i ricchi emolumenti concessi ai parlamentari.

Sic et simpliciter