Pearl Harbor: analogie o difformità?
di Francesco Dall'Aglio - 02/06/2025
Fonte: Francesco Dall'Aglio
O l'amico Di Feo ha studiato male la seconda guerra mondiale (e non penso proprio) oppure, sotto sotto, tifa per i russi. Perché al di là di quello che è successo pochi anni dopo Pearl Harbor e che speriamo non si ripeta (e pure l'operazione Meetinghouse di qualche mese prima la lascerei stare dove sta) è vero che ci sono delle analogie tra Pearl Harbor e l'attacco di ieri, ma non vanno in una direzione molto positiva per gli attaccanti.
Di Pearl Harbor più o meno si sa tutto e non è il caso di fare qui la storia dell'operazione. Come l'attacco di ieri è stata un'operazione audace, bene organizzata, efficace dal punto di vista militare e straordinaria dal punto di vista mediatico e propagandistico, ma come l'attacco di ieri lo scopo per cui è stata congegnata, ovvero una sconfitta strategica e paralizzante per l'avversario, non si è verificato. L'idea di Perl Harbor era sostanzialmente quella di neutralizzare la flotta statunitense del Pacifico e fare in modo che non si opponesse ai progetti di conquista coloniale che il Giappone aveva in mente per l'Asia sud-orientale. Giustamente il Giappone riteneva che la Gran Bretagna non avrebbe potuto interferire più di tanto, obbligata a mantenere la maggior parte delle sue risorse nel teatro Europeo e Mediterraneo, e nemmeno avrebbe potuto farlo la Cina; restava la minaccia statunitense, che andava disinnescata prima che potesse diventare reale. Da qui l'idea di colpire la base principale della flotta del pacifico, Pearl Harbor appunto, e distruggere la flotta. L'operazione fu pianificata a lungo e condotta con gran dispendio di mezzi, anche se con alcune limitazioni logistiche, con 353 aerei lanciati da 6 portaerei appoggiate da 67 navi e 35 sottomarini (per quanto riguarda l'operazione ucraina, 5 camion e meno di 200 droni commerciali. Direi che il rapporto costi/benefici è al 100% dalla loro parte) e fu, dal punto di vista tattico, un successo: ma non quanto serviva, e lo stesso va detto per ieri. Se l'obiettivo era quello di distruggere la flotta statunitense il risultato fu ben lontano dall'essere raggiunto, così come per l'obiettivo ucraino di distruggere l'aviazione strategica russa (per "distruggere" intendo rendere inutilizzabile più della metà dei mezzi, non "eliminare completamente fino all'ultimo"). A Pearl Harbor vennero infatti affondate irreparabilmente tre navi da battaglia, la Arizona, la Utah e la Oklahoma, affondate ma in seguito riattivate altre tre navi da battaglia (California, West Virginia e Nevada) e due cacciatorpediniere (Cassin e Downes), e danneggiate in vario modo altre 13 navi di vario tipo.
Cospicuamente assenti sono però le tre portaerei che si supponeva si trovassero a Pearl Harbor e invece non c'erano: se fossero state perse si sarebbe trattato di una catastrofe per la flotta USA, e l'obiettivo giapponese sarebbe stato pienamente raggiunto. Lo stesso ragionamento possiamo farlo per l'attacco di ieri che, ricordo, prevedeva l'attacco in contemporanea di cinque aeroporti nei quali dovevano trovarsi, secondo i calcoli ucraini, almeno 50 bombardieri strategici su un totale stimato di 70. Distruggerli o danneggiarli gravemente avrebbe significato eliminare i 5/7 dell'aviazione strategica russa nel giro di mezz'ora, cosa che nemmeno un first strike nucleare garantirebbe. Come per Pearl Harbor, però, il risultato finale è stato parecchio inferiore alle aspettative. In primo luogo, tre attacchi su cinque sono falliti, per varie ragioni che sarà interessante scoprire. Riguardo invece ai due aeroporti colpiti, Olenya e Belaya, dove secondo i media ucraini sono stati distrutti 40 aerei (che pure sarebbe un successo straordinario, 4/7 del totale) oggi hanno cominciato a circolare le prime foto satellitari che mostrano danni molto inferiori. Sia Rybar da parte russa che Andry Kovalenko da parte ucraina ritengono che i bombardieri colpiti e o distrutti o danneggiati seriamente siano 13, che è più di quanto stimavo io ieri (ma avevo solo visto i video e avevo detto che servivano le foto da satellite) ma decisamente molto meno della cifra che continua a circolare e che, probabilmente, nei nostri media non verrà corretta (eppure già ieri sera lo stesso Zelensky aveva detto che era stato distrutto il 34% dell'aviazione strategica russa, e il 34% di 70 è, arrotondato, 24. Nemmeno le sue parole sono state prese in considerazione, quaranta è un numero troppo bello, biblico).
Quindi il nostro Di Feo ha ragione, ci sono buone analogie tra i due eventi: dovevi mettere l'avversario in condizioni di non nuocere, e non lo hai fatto anche se gli hai inflitto danni seri. Ci sono altre analogie. La prima riguarda le infrastrutture, che non sono state attaccate né ieri né a Pearl Harbor e che avrebbero contribuito a rendere catastrofici i danni (questa è una critica più rivolta a Pearl Harbor, ovviamente, l'attacco di ieri ha reso oltre il massimo). La seconda riguarda invece la sovrastima di un componente delle forze armate dell'avversario, ovvero le navi da battaglia per il Giappone e i bombardieri strategici per l'Ucraina. Le navi da battaglia non sono state più impiegate dopo la seconda guerra mondiale, ed è molto dubbio che i bombardieri strategici resteranno rilevanti ancora a lungo. Se 18 mesi fa, quando l'operazione "ragnatela" è stata concepita, buona parte degli attacchi alle infrastrutture ucraine erano portati dai missili Kh-101 lanciati dai bombardieri strategici, ormai il grosso dei danni è fatto dagli Iskander e dalle nuove versioni dei Geran (senza contare il nuovo "Banderol" il cui impatto sul conflitto deve ancora essere studiato), entrambi prodotti in numero molto maggiore e con gittata e caratteristiche espanse e migliorate, senza contare poi i Kalibr. Quindi quella che ancora un anno fa era la scelta di default per colpire bersagli statici (appunto i Kh-101 lanciati dai bombardieri strategici attaccati ieri) ora non lo è più, e questo a prescindere dal fatto che comunque non è stato distrutto un numero di bombardieri tale da far cessare o limitare grandemente questo tipo di attacchi. Non entro nel merito poi del costo e della complessità dell'operazione, che prevede trasportare i missili all'aeroporto Engels-2 mediante aerei da trasporto IL-76MD, far volare sempre a Engels-2 i bombardieri che li lanceranno, equipaggiarli, mandare i bombardieri carichi a Olenya e da lì farli poi partire per la missione da combattimento, il tutto in un periodo di tempo che va da 5 giorni a qualche settimana. Un processo estenuante, talvolta rischioso e impossibile da tenere segreto.
Ma, dice uno, però c'è la questione della deterrenza nucleare russa, i bombardieri strategici fanno parte della "triade". Certamente ne fanno parte ed è questo il motivo per cui ieri Mosca e Washington hanno passato la giornata al telefono: ma della "triade" sono anche l'elemento più debole, visibile e vetusto (e lo stesso vale per gli USA, che però ne hanno di più perché hanno maggiori necessità di proiezione a distanza, anche convenzionale). Se l'attacco avesse preso di mira le basi di sommergibili o i punti di lancio degli ICBM (difficile ovviamente, non puoi parcheggiare un camion nelle vicinanze), staremmo parlando di tutt'altra gravità e, verosimilmente, di tutt'altre conseguenze.