Alcune considerazioni sull'assalto a Gaza dell'IDF
di Daniele Perra - 17/09/2025
Fonte: Daniele Perra
1) È ormai chiaro che a Netanyahu e soci interessa poco della vita degli ostaggi in mano ad Hamas (dopotutto l'avevano già dimostrato applicando il cosiddetto "protocollo Annibale" il 7 ottobre 2023, volto all'eliminazione di rapitori e ostaggi insieme prima che questi diventino "armi" da usare contro Israele in sede negoziale). Tra l'altro, bisogna mettere in evidenza che sugli ostaggi presi da Hamas si è costruita in Occidente una retorica stucchevole che mai ha preso in considerazione le migliaia di palestinesi incarcerati e torturati da Israele senza alcuna accusa e/o processo prima e dopo il 7 ottobre 2023 (spero non sia più necessario ripetere che questa guerra è iniziata molto prima del 2023).
2) L'IDF può anche prendere il controllo di Gaza city in tempi relativamente brevi. Il problema sorgerà dopo l'occupazione, quando dovrà affrontare migliaia di insorti che agiscono sulla base di tattiche "mordi e fuggi", sfruttando km di gallerie sotterranee. Diversi centri studi nordamericani hanno indicato nel combattimento urbano la caratteristica peculiare dei conflitti del nuovo millennio. È un tipo di combattimento che, in molti casi, privilegia il "difensore" rispetto all'"attaccante" che dovrebbe avere un vantaggio almeno di 6 o 10 a 1 rispetto all'avversario e mettere in conto numerose perdite. Si pensi alle difficoltà incontrate dagli Stati Uniti a Falluja, in Iraq, dove 15.000 unità riuscirono ad avere la meglio su 3.000 insorti solo radendo al suolo la città (utilizzando pure bombe al fosforo). Quello di Falluja, di fatto, insieme a quanto avvenuto a Grozny nel 1994 nel contesto delle guerre caucasiche post dissoluzione dell'URSS, è indubbiamente il principale riferimento per ciò che concerne l'eventuale evoluzione della situazione a Gaza (non di certo Stalingrado, come cianciano i prezzolati giornalisti italiani).
3) Bisogna riconoscere che Hamas ha vinto la guerra informativa contro Israele, riportando la causa palestinese al centro del dibattito internazionale. Tuttavia, conta poco se il grosso delle corporazioni multinazionali, della finanza e la prima potenza militare al mondo sono dalla parte israeliana e, soprattutto, se l'industria delle armi trae enorme vantaggi dalla situazione. In questo senso, è anche interessante notare come le politiche israeliane riguardo ai suoi presunti "alleati" siano sempre rivolte a depotenziare lo "Stato in sé" ed a favorire gruppi privati legati al cosiddetto "Stato ebraico" (in Italia la cybersicurezza è nelle mani di gruppi israeliani; negli Stati Uniti, ormai, l'AIPAC ha più potere del Congresso). Ad ogni modo, la perdita di immagine di Israele rimane evidente. Netanyahu e soci potrebbero contrastarla mettendo in luce il fatto che l'IDF ha subito numerose perdite. Ma questo comprometterebbe ulteriormente la stabilità interna di un governo e di una società estremamente divisa (su tutto o quasi) che si regge su fondamenta molto fragili.
4) Imminente l'attacco israeliano agli interessi turchi a Cipro.