Anche la Bce teme una slavina finanziaria
di Mario Lettieri e Paolo Raimondi - 07/12/2025

Fonte: Mario Lettieri e Paolo Raimondi
La Banca centrale europea non è mai stata così schietta sul rischio di una nuova crisi globale. Il “what ever it takes” dell’ex governatore Mario Draghi era la risposta necessaria alla speculazione finanziaria internazionale che intendeva affossare l’euro. Nelle parole di Luis de Guindos, vicegovernatore della Bce, per presentare il rapporto del Financial Stability Review di novembre 2025 emerge, invece, il pericolo di un collasso del sistema finanziario.
Alcuni problemi sono presentati con rara chiarezza.
Da aprile, i mercati azionari globali hanno raggiunto nuovi massimi storici. I mercati finanziari, e in particolare quelli azionari, sono vulnerabili a bruschi aggiustamenti dovuti a valutazioni persistentemente elevate e all’aumentata concentrazione del mercato azionario.
Gli squilibri di liquidità nei fondi d’investimento, le sacche di elevata leva finanziaria tra gli hedge fund e l'opacità nei mercati privati potrebbero amplificare le tensioni.
Non si escludono neanche tensioni sui mercati obbligazionari globali. Ciò potrebbe influire sulla stabilità finanziaria anche nell'area dell'euro a causa delle variazioni nei flussi di capitali internazionali e delle oscillazioni valutarie. E poi la guerra dei dazi provocata da Donald Trump. E la crescita esponenziale delle criptovalute.
A livello globale la crescente presenza dell'intermediazione finanziaria non bancaria e l'interconnessione con il settore bancario tradizionale stanno minando la resilienza del settore.
Non intendiamo sottovalutare o negligere i problemi economici, finanziari e del debito pubblico dei paesi dell’Unione europea, ma il centro del problema è negli Stati Uniti. L’indice S&P 500 evidenzia che la capitalizzazione totale delle azioni delle 500 maggiori imprese americane, valutate nella borsa di Wall Street, è di circa 58.000 mld di dollari, con una crescita del 32% nell’ultimo anno e mezzo. Le suddette imprese sono rappresentative dell’80% della capitalizzazione di mercato. Nello stesso periodo il pil americano è cresciuto soltanto di circa il 4%. L’aumento dell’indice S&P è pari alla metà del pil americano ed è stato trainato dalle imprese dell’intelligenza artificiale. La quota di queste ultime è di circa 19.000 mld di dollari. Soltanto Nvidia Corp, il colosso Usa dei chip, con 4.300 mld di dollari eguaglia il 13% del pil americano. Sono i “massimi storici” e la “concentrazione” di cui parla de Guindos.
In tale situazione un crollo dei titoli azionari dell’IA, di cui tutti parlano, potrebbe generare richieste di rientro da parte dei creditori, i cosiddetti margin call, costringendo i fondi e le imprese a cercare liquidità per coprire le perdite. Neanche a dirlo, contagio e panico sono le parole spesso usate in simili condizioni.
Ciò avviene nel contesto di un crescente debito statunitense, pubblico e privato. Quello pubblico ha raggiunto i 38.000 mld di dollari; quello delle famiglie, l’household debt, è di 18.600 mld, con un aumento di ben 197 mld soltanto dal secondo al terzo trimestre di quest’anno. Il 19% delle entrate fiscali statunitensi è adesso destinato al pagamento dei tassi d’interesse sul debito pubblico. Parte del debito privato è composta da ben 13.100 mld di dollari di ipoteche immobiliari, un livello superiore a quello del periodo dei famigerati subprime prima della grande crisi del 2008.
Tutti, la Federal Reserve per prima, si stanno preparando a possibili shock finanziari e alla necessità per le banche di avere accesso a liquidità di emergenza. Questo è’ diventato l’argomento principale dei media economici che hanno difficoltà a tenere il passo con tutte le dichiarazioni di elevata preoccupazione espresse dai maggiori leader finanziari americani.
Dai rapporti della Reuters si sa che recentemente la Federal Reserve di New York, che ha il compito di gestire la liquidità del sistema, ha incontrato i manager delle maggiori banche per discutere dell’utilizzo nel prossimo periodo della Standing Repo Facility (SRF), al fine di mantenere il funzionamento del sistema finanziario. La SRF consente alle banche di vendere alla Fed obbligazioni e titoli in loro possesso, creando iniezioni di liquidità di emergenza.
Com’è noto, la paura di una slavina finanziaria prende i nomi di “aggiustamento delle valutazioni”, “incidente di percorso”, “squilibrio di liquidità”, “oscillazioni valutarie”, “guerra di dazi”, “bolla delle criptovalute”, e via dicendo. Le variabili di crisi stanno diventando troppo numerose anche per i cantori di Wall Street.

