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Bon courage, monsieur de Voltaire...

di Franco Cardini - 16/06/2022

Bon courage, monsieur de Voltaire...

Fonte: Franco Cardini

Non sono sicurissimo che sia da attribuirsi proprio a Voltaire, e solo a lui, la massima che suona più o meno: “Io non sono affatto d’accordo con le tue idee, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di esprimerle”. Si afferma – a torto – ch’essa esprima il più autentico e prezioso succo dell’illuminismo, il che non è affatto vero. Tale galassia di forme e di atteggiamenti del pensiero occidentale fu molto più ampia e complessa. Si ritiene altresì ch’essa sia il distillato del modo di essere e di pensare “liberale”: e forse con maggior precisione si potrebbe affermare ch’essa sia l’ostentata divisa di chi liberale si ritiene o vuol essere ritenuto, ma che non ne costituisca necessariamente la sincera sostanza.
Lascio volentieri ad altri il risolvere tale quesito, dal momento che liberale io non sono, e tantomeno liberista. Ritengo comunque che quella massima esprima uno dei più profondi fra i cosiddetti “valori dell’Occidente”, tanto sovente chiamati in causa quanto di solito non dichiarati, non elencati, non analizzati. Tra essi, andrebbero comunque compresi quelli che sono andati nel tempo a costituire la sostanza dello “stato di diritto”; il senso della corresponsabilità e della convivenza fra diversi – da intendersi forse più come l’aspirazione al “pubblico bene” piuttosto che non la “tolleranza”, troppo spesso con leggerezza chiamata in causa ma espressione di un atteggiamento gretto e limitato –, il concetto di uguaglianza comunque espressa e definita tra tutti i membri della specie umana, i diritti alla vita, alla libertà di pensiero, alla libera proprietà, a quella “ricerca della felicità” richiamata nella stessa Costituzione degli Stati Uniti d’America che ne è ritenuta un modello.
Ma la difesa di questi valori comporta un ossimoro: dal momento che nessuno di essi può essere pensato come un Assoluto, ciascuno di essi va vissuto ed esercitato in presenza di un supremo senso del limite. Ciò richiede un equilibrio tra diritti e doveri, che sono due opposte facce della medesima realtà etica: non v’è in altri termini Libertà concepibile senza Ordine, come non v’è Pace concepibile senza Giustizia. Nel trinomio proposto come basilare nella Rivoluzione francese il valore assiale è quello che a suo tempo, in una prospettiva immanentistica, fu definito la Fratellanza: e fu quello sotto il profilo antropologico (e, in senso profondo, metafisico) un grave errore, dal momento che non c’è Fratellanza – come non ci sono né Ordine, né Pace, né Giustizia – che possa reggersi se non ha “le sue radici piantate nel cielo”, vale a dire se non è sostenuta da un’intima ragione metafisica e metastorica. Gli altri due valori rivoluzionari, la Libertà e l’Uguaglianza, sono come due cavalli che tendano con tutte le loro rispettive forze a procedere in direzione rispettivamente opposta. Alla luce dell’assialità della Fratellanza, è necessario che tali valori tendenzialmente opposti vengano costretti alla complementarità: ché un eccesso di Libertà finisce con l’uccidere l’Uguaglianza, un eccesso di Uguaglianza finisce con l’uccidere la Libertà.
Da qui la necessità di stabilire per mezzo della Legge la complementarità e pertanto l’equilibrio di tali valori: ed è la politica, correttamente intesa, a garantire il mantenimento della loro convivenza; e il senso del Limite è il centro, il nucleo profondo, della politica.
Il punto è che “il nostro Occidente moderno” è nato – attraverso una gestazione durata circa tre secoli ed avviata nel Duecento con la ridefinizione della moneta e degli strumenti creditizi, coeva con la rivoluzione commerciale, e sfociata nell’antropocentrismo umanistico e nell’età delle scoperte e delle invenzioni – con un “peccato originale”: l’aspirazione alla cancellazione di qualunque senso del limite. Tale è l’Uomo “divino camaleonte” di Pico della Mirandola. Da qui anzitutto l’avvio del cosiddetto “processo di secolarizzazione”; da qui la progressiva eclisse del Divino e con essa la negazione che la vita umana e il cosmo abbiano uno scopo metafisico, con la correlativa riduzione di entrambi a un sistema di qualità meccaniche; da qui la progressiva negazione del senso del Limite, che ha spinto l’homo occidentalis a un’infinita ricerca di nuovi orizzonti a loro volta avvertiti non già come Fine ultimo, come Scopo, bensì come tappe successive di una corsa infinita: vivere per vivere ulteriormente, comandare per comandare ancora – la “Volontà di Potenza” –, accumular profitti allo scopo di accumularne ancora di più, spostare i limiti della conoscenza al fine di conseguire conoscenze ulteriori all’infinito. Questo è l’Uomo prometeico, l’Uomo ulisside (nel senso dantesco del termine), l’uomo faustiano al quale potersi rivolgere con la preghiera Verweile doch! Du bist so schön! (“Fermati dunque! Tu sei così bello!”), nell’intima coscienza che tutto ciò è un Adynaton, una cosa impossibile.
Tutto ciò non è affatto il comune destino di tutte le civiltà che si sono avvicendate sulla faccia della terra. È la sostanza della Eccezione Occidentale, che ha cominciato a trasformare le precedenti società in una progressiva “Economia-Mondo” ed ha avviato il processo di Globalizzazione, sottomettendo progressivamente la terra ai suoi scopi ed alle sue esigenze, cancellando progressivamente tutto il Diverso da Sé nel momento stesso nel quale proclamava di amarlo e di rispettarlo ma al tempo stesso postulando una superiorità della propria civiltà su quelle altrui e ritenendo una sacra missione l’omologazione progressiva di tutte quelle alla propria. In ciò, gli opposti dell’umanitarismo e del razzismo hanno una radice comune.
Da ciò dipende la necessità di riscrivere l’orwelliano 1984: l’autentico volto del più terribile fra i totalitarismi è il contraddittorio, agghiacciante totalitarismo umanitario-liberistico che si esprime nell’ossimorica legge del “Vietato vietare”, la quale sta alla base del politically correct nato per tutelare in modo definitivo e corretto la libertà di tutti e di ciascuno stabilendo la ferma norma del reciproco rispetto universale e cresciuto come tentacolare tirannia. Il totalitarismo che abbiamo visto più volte affiorare nel mondo degli ultimi decenni e la cui manifestazione più demenziale è stata la corsa iconoclasta all’abbattimento delle statue di Cristoforo Colombo negli Stati Uniti nel nome di una radicale rivolta di tutti gli Ultimi, di tutti gli Oppressi, di tutti gli Emarginati.
Ma i sintomi di questo male erano già affiorati da tempo: e molti, troppi fra noi avevano voltato la testa dall’altra parte nel tentativo di ostinatamente negarli. L’attuale farsa della “lista dei putiniani d’Italia” compilata nel ridicolo documento del Copasir maldestramente commentato dal suo presidente Adolfo Urso e peggiorata venerdì 10 giugno scorso dalla desecretazione, presentata dal sottosegretario Franco Gabrielli, delle 7 ridicole paginette dello Hybrid Bulletin. Speciale disinformazione nel conflitto russo-ucraino, 15 aprile – 15 maggio, è ulteriore dimostrazione del “paradosso di Salem” che conoscevamo già dalle vicende del New England nel XVII secolo: una società di cristiani libertari sfuggita alla persecuzione nella madrepatria che finisce col metabolizzarsi in una congrega liberticida e omicida, quella della “caccia alle streghe”. La difesa della libertà del popolo ucraino spinta fino alla denunzia dei presunti fiancheggiatori di chi, secondo quella che ad esser molto indulgenti si potrebbe definire una lectio facilior, quella libertà negherebbe: una difesa che si trasforma in denunzia e persecuzione di cittadini che, nella più severa delle ipotesi, altro non hanno commesso se non il delitto di esprimere liberamente il proprio punto di vista e che si sono visti trasformare per questo in nemici della libertà. Difficile immaginare un più perfetto orwellismo.
A questo è ridotto il cavalleresco proposito di morire pur di difender la libertà di chiunque di dire quello che vuole, anche quando egli esprima convinzioni opposte alla propria? Bon courage, monsieur de Voltaire, ma attenzione: prima o poi qualcuno rovescerà e farà a pezzi anche le effigi che sul marmo o nel bronzo La ritraggono. Del resto Lei ha detto male di troppa gente, dai gesuiti agli ebrei. “Molti nemici, molto onore”, diceva uno a sua volta travolto poi dalla damnatio memoriae. Ma quando i nemici sono troppi, il discorso cambia. Vedrà, qualcuno se la prenderà perfino con Lei.