Censura
di Enrica Perucchietti - 20/11/2024
Fonte: Arianna editrice
Da ieri, orde di troll stanno commentando sguiatamente la mia pagina, insultando i miei followers, in maniera volgare e arrogante. Detto ciò, vedo brevemente di commentare alcune fantasiose critiche che vengono mosse al mio ultimo libro (La censura nelle «democrazie» del XXI secolo. Criminalizzazione del dissenso e inquisizione digitale) sulla censura, senza che sia stato ovviamente letto, quindi, sulla base di meri pregiudizi.
Seguirà nei prossimi giorni un numero speciale del mensile Visione sullo stesso tema, firmato da numerosi intellettuali, giornalisti e scrittori.
I libri cartacei sono un mezzo per sopravvivere alla strisciante e odiosa censura digitale, il fatto che esista una censura delle Big Tech non significa che i libri non possano essere più pubblicati, anzi le riviste e i libri rimangono un avamposto culturale, uno spazio che resiste al rischio di essere silenziati. Commentare in tal senso che è impossibile pubblicare un libro sulla censura se la censura digitale esiste, significa essere in malafede o non conoscere le regole basilari dell'editoria.
Da anni parlo di come la battaglia contro le fake news serva a creare una informazione certificata e a legittimare la censura. Dai Twitter Files ai Facebook Files, sono numerose le inchieste che attestano come governi e agenzie di intelligence abbiano fatto pressioni sui giganti del web per oscurare anche notizie vere ma scomode per il Sistema. Lo ha ammesso lo stesso Zuckerberg, chiedendo scusa. Per non parlare dell'arresto di Durov, dell'adozione del Digitale Service Act o della persecuzione di giornalisti indipendenti (il caso Assange è emblematico ma non è isolato). Oltreoceano, eminenti rappresentanti politici stanno mettendo in discussione persino il Primo emendamento.
Il fenomeno dell'inquisizione digitale è reale e complesso, sfaccettato e si ammanta della retorica e della propaganda politicamente corretta per legittimare misure liberticide e del braccio armato dei fact checkers, che più che dimostrare la veridicità di una notizia hanno ormai il compito di denigrare e perseguitare il dissenso.
Il potere usa un atteggiamento paternalistico, giustificando la censura come se questa avesse una funzione costruttiva per salvaguardare la collettività.
Si usa poi il consueto armamentario delle fallacie logiche per fare in modo che le argomentazioni non entrino in gioco. Si sposta l'attenzione sulla persona che parla di un tema, attaccandola e denigrandola con le solite e ripetitive etichette di complottista, no vax, terrapiattista, ecc. Si devia in tal modo l'attenzione del pubblico dall'argomentazione che quella tal persona porta avanti, denigrandola.
Tra l'altro, come state dimostrando proprio in queste ore, la criminalizzazione del dissenso passa attraverso l'hate speech, gli insulti e gli sfottò. Quello stesso discorso d'odio che molti di voi vorrebbero censurare, ma che poi usate contro chi non la pensa allo stesso modo.
Io non mi sono mai permessa di insultare o denigrare nessuno, non ho mai avallato la violenza, ma difemdo la libertà di esprimere la proprio opinione, senza per questo cadere nell'infamia di aver commesso uno psicoreato.
Invece, i paladini del politicamente corretto sono i primi a sbavare come cani rognosi e a scagliarsi con ferocia contro chi non la pensa come loro. Se dissenti sei automaticamente un subumano o un pazzo a cui dovrebbero togliere il diritto di voto (è il tenore di tanti messaggi che ho letto).
Tale arroganza sarà forse sul breve la vostra forza, ma sarà anche la vostra rovina, perché non solo dimostrate la fondatezza di certe teorie, ma anche la vostra ottusità.
Tra l'altro, la censura nell'era digitale è anche portatrice di nuove regole di condotta, non prescrive solo cosa non debba essere detto e nemmeno pensato, ma cosa e come pensare.
Spiace che non si possa aprire un dialogo maturo su certi temi stringenti, ma che si debba dribblare tra insulti banali e accuse maldestre. Però questo astio denota anche un fastidio da parte di certi personaggi, che forse hanno intuito che il vento sta cambiando e che le persone sono stanche di sottomettersi alla cappa persecutoria di un pensiero unico che stritola ogni possibilità di pensare criticamente con la propria testa.
I padroni delle idee vogliono monopolizzare la verità e omologare le menti. Polarizzano l'opinione pubblica col metodo del Divide et Impera, generando una guerra tra capponi di mamzoniana memoria. Vogliono impedire che certe notizie, idee e riflessioni diventino virali perché potrebbero portare a generare un contagio positivo delle idee.
Sta a noi tornare a esercitare la nostra coscienza critica, a evitare la violenza della polarizzazione e a salvaguardare la libertà di pensiero.