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Che significa odiare?

di Fabio Falchi - 15/09/2019

Che significa odiare?

Fonte: Fabio Falchi

Secondo la visione politicamente corretta del mondo chi odia deve essere censurato, quasi che censurare chi odia non equivalesse ad odiare chi odia ma ad amarlo. Amare chi ci odia non è infatti che l'equivalente del precetto cristiano che impone di porgere l'altra guancia chi a chi schiaffeggia, ossia ad amare il proprio nemico, non a demonizzarlo o criminalizzarlo.
Peraltro, è nota la tesi di Carl Schmitt secondo cui inimicus non significa hostis, dacché inimicus è solo il nemico privato non quello pubblico (hostis) e quest'ultimo non si può amare se non si vuole diventare suoi complici, perché in gioco non vi è solo la relazione "io-tu", ma quella che riguarda gli "altri" verso i quali si è responsabili (Emmanuel Lévinas ha scritto pagine notevoli al riguardo).
Ma allorché si tratta del Politico, ossia allorché si passa dalla sfera privata a quella pubblica, che significa odiare?
Secondo von Cluasewitz per muovere guerra oltre all'intenzione ostile occorre, se non si vuole andare incontro ad una catastrofe, il sentimento ostile, ossia l'odio. Invero, il sentimento ostile è un tratto essenziale del Politico. Certo, il Politico è anche patto o contratto, ma patto o contratto non valgono nulla se non c'è la "spada" a difenderli. Questo non significa che l'odio, come del resto l'amore, non possa "accecare". Il sentimento ostile in quanto tratto costitutivo del Politico non deve essere separato dalla "ragione" o, meglio, dalla politiké téchne, che implica calcolo, strategia, analisi ecc. Nulla quindi di "viscerale" , perché se il sentimento ostile si muta in odio cieco allora nessuna politiké téchne è possibile. Difatti, l'uso della "spada" renderebbe impossibile qualsiasi patto o contratto e perfino qualsiasi relazione di "autentica amicizia" (e gli esempi nella storia non mancano).
Tuttavia, ritenere di potere bandire il sentimento ostile dalla vita politica demonizzando e criminalizzando il nemico paradossalmente è la forma di odio più pericolosa, perché, come sapeva Schmitt, trasforma il nemico, con cui - in linea di principio- si può sempre" trattare", in un nemico dell'umanità con cui quindi non è lecito nemmeno "trattare".