Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Come risolvere il teorema di don Chisciotte

Come risolvere il teorema di don Chisciotte

di Francesco Lamendola - 29/01/2019

Come risolvere il teorema di don Chisciotte

Fonte: Accademia nuova Italia

Chi ha almeno una cinquantina d’anni, sa cos’è il cubo di Rubik e ricorda quando esso invase il mercato dei giochi matematici, irrompendo ovunque con la forza d’un ciclone: era impossibile andare in qualsiasi posto, pubblico o privato, sui treni, nelle case degli amici, senza imbattersi in qualcuno, o più di qualcuno, impegnato a manipolare i cubetti che formano il cubo, spostandoli per ottenere la soluzione del gioco: far sì che ogni faccia appaia di un solo colore. Inventato nel 1974 dall’omonimo professore ungherese e messo in commercio a partire dal 1980, all’inizio del 2009, cioè in meno di trent’anni,  ne erano stati venduti 350 milioni di esemplari in tutto il mondo, e a tutt’oggi risulta essere il gioco più venduto nella storia, matematico o non matematico. Ebbene, si potrebbe dire che ora siamo alle prese con un altro puzzle, con un altro rebus, non meno intrigante, ma, ahimè, assai più drammatico, e soprattutto perfettamente reale: non si tratta più di un gioco, in effetti, ma della nostra società, della nostra vita e del nostro destino, individuale e collettivo. Potremmo definirlo, scherzando un po’ amaramente, il cubo di don Chisciotte, o il teorema di don Chisciotte, anche se, in effetti, non c’è alcun cubo da costruire, ma c’è, in compenso, un enigma logico ed esistenziale da risolvere. Si tratta di questo: come far sì che, in un mondo di pazzi, chi mette in guardia contro la pazzia, essendo rimasto savio, non venga immediatamente preso per pazzo da tutti gli altri, che si credono savi ma non lo sono, e che venga ridotto all’impotenza, e le sue parole completamente “coperte” e cancellate, come se non fossero mai state pronunciate, o come se fossero state scritte sull’acqua. Un bel rebus, non è vero? Somiglia molto a quel giochetto, caro ai sofisti, consistente nel buttar là una frase del tipo: tutti gli uomini sono bugiardi, e poi stare a vedere quel che succede: perché se qualcuno si ribella, e dice che non è vero, costui si tradisce da solo e rivela di essere un bugiardo; se tutti tacciono, il loro silenzio conferma l’assunto. Del resto, il pasticcio sta ancora a monte di eventuali risposte; sta nella frase stessa: se tutti gli uomini sono bugiardi, lo è anche colui che dice la frase tutti gli uomini sono bugiardi. D’altra parte, dicendolo, egli direbbe il vero: paradossalmente, confermerebbe l’assunto, ma confermandolo, non mentirebbe, bensì direbbe la verità: il che è impossibile, dato che tutti gli uomini, e non solo una parte, per quanto grande, sono bugiardi. Carino, dirà qualcuno, e molto ingegnoso; tuttavia, in definitiva, è solo un gioco linguistico, più che mentale, escogitato da qualcuno che non aveva niente di meglio da fare: roba per spiriti oziosi, ma tale da non creare alcun problema nella vita d’ogni giorno, perché la vita è fatta di cose reali e non di giochetti linguistici.
Spiacenti, ma non è così; o, per lo meno, oggi le cose non stanno più in questi termini.  Perché, cosa è cambiato? È cambiato il fatto che, per la prima volta nella storia dell’umanità, tutti gli strumenti dell’informazione, tutte le funzioni dell’economia e quasi tutto il potere politico e giudiziario si trovano concentrati nelle stesse mani, o, per dir meglio, controllati da un’unica regia, beninteso occulta (ma neanche tanto). Ciò crea una situazione del tutto nuova e senza precedenti. Immaginiamo che gli ospiti di un manicomio si ribellino, s’impadroniscano della struttura ed espongano la scritta: Casa di salute mentale rivolta verso l’esterno, ad indicare il mondo di fuori. Se qualcuno volesse entrare in quel luogo, per trattare con gli insorti, si troverebbe intrappolato nella loro logica: il pazzo sarebbe lui, e pertanto verrebbe trattato come tale: verrebbe immobilizzato, trattenuto, sottoposto a regime di terapia psichiatrica. Ebbene: adesso proviamo ad immaginare uno scenario molto, ma molto più vasto, come nei romanzi di fantascienza o come nelle distopie riguardanti il futuro prossimo venturo, tipo 1984 di Orwell: immaginiamo, cioè, che la stragrande maggioranza degli esseri umani sia caduta in preda alla follia, o meglio che la follia sia stata somministrata nelle loro menti e che sia stata poi scientificamente coltivata e alimentata; in tal caso, la Terra intera sarà divenuta un unico, immenso manicomio, senza muri né recinzioni, perché abbraccia tutto il genere umano. Inoltre, immaginiamo che la regia occulta di questa nefanda operazione sia stata così abile da distruggere non solo la ragione, ma anche da far scomparire la memoria storica e da disseccare le radici dell’identità: sicché i popoli, le comunità nazionali e anche i singoli individui, siano stati espropriati, senza neppure rendersene conto, di tutti i loro punti di riferimento, di tutta la memoria di se stessi e, in breve, di tutta la consapevolezza di essere ciò che sono: come se esistesse solamente l’oggi, e come se l’ieri fosse già sepolto e dimenticato al pari delle più remote epoche geologiche. E immaginiamo che pochi, pochissimi esseri umani, siano riusciti a resistere alla follia pilotata che aggredisce la mente e svuota la memoria, servendosi della televisione, del cinema, della pubblicità, del teatro, della letteratura, dell’università, della scuola, delle organizzazioni culturali, sportive e ricreative, della stampa, della musica leggera, dei giocattoli (infornatici), della magistratura e della politica, insomma praticamente di tutto. A questo punto, proviamo a chiederci come faranno, quei pochi non ancora impazziti, quei pochi ancora in possesso di una testa pensante, a sopravvivere in un mondo di dementi, nel quale la demenza è stata promossa al rango di saviezza, e la saviezza abbassata al rango della demenza. Proviamo a chiederci non già come faranno a lanciare l’allarme, a persuadere gli altri di come stanno in realtà le cose, il che è palesemente impossibile; ma anche solo a evitare di essere trattati da untori e da stregoni, da terroristi e da nemici del popolo, da soggetti estremamente pericolosi e destabilizzanti, meritevoli, nel migliore dei casi, di essere internati e curati come pazzi furiosi. Belle domande, si fa per dire: domande ancor più imbarazzanti di quelle che si fa un inesperto giocatore del cubo di Rubik, al quale vengano concessi, poniamo, solo dieci minuti per risolvere il gioco, cioè per allineare tutti i cubetti, su ogni faccia, in modo che ciascuna faccia risulti di uno stesso colore. Ancor più imbarazzanti, perché la soluzione, per il cubo di Rubik, si sa che esiste, e un esperto giocatore può trovarla ed attuarla in pochi secondi di mosse precise; mentre il teorema di don Chisciotte sembra apparentemente irrisolvibile, come sembra irrisolvibile il rompicapo posto dalla frase: tutti gli uomini sono bugiardi.
Tutto quel che abbiamo detto, purtroppo, non è immaginazione ma realtà. E già questa affermazione ci pone, automaticamente e inesorabilmente, fra i “pazzi”: ci costringe a interpretare il ruolo di don Chisciotte, del quale gli altri ridono perché lo ritengono un folle. Eppure siamo rimasti su un terreno estremamente generico: abbiamo detto che nel mondo imperversa una pazzia collettiva; che tale pazzia è stata “confezionata” da qualcuno, al preciso scopo di manipolare l’intera umanità; e che quel qualcuno si è reso padrone, in un modo o nell’altro, di tutte le modalità della comunicazione e di quasi tutti i centri del potere, sicché si è reso padrone anche del linguaggio: e chi possiede il linguaggio, possiede per ciò stesso le credenziali giuste per stabilire, lui, chi è pazzo e chi è savio, tenendo quest’ultima qualifica per sé, e applicando l’altra a quanti gli danno fastidio. Il linguaggio, in se stesso, non ha più consistenza di quanta ne abbia un gioco matematico: in teoria, è possibile inventare un linguaggio dalla prima all’ultima parola, dalla prima all’ultima regola grammaticale; un linguaggio che, in realtà, nessuno ha mai parlato, né ha mai sentito nominare. Però, in pratica, chi possiede il linguaggio, s’impadronisce della realtà: perché è lui a dare un nome alle cose, come Adamo che dava un nome alle creature di Dio; e dare un nome alle cose equivale a stabilire ciò che esse sono, indipendentemente da ciò che esse sono in se stesse. Per esempio, chi è padrone del linguaggio può stabilire che una sedia è un tavolo, e un tavolo è una sedia; oppure, per entrare in un terreno ben più delicato, può stabilire che il vero è falso, e il falso è vero, oppure ancora, e qui entriamo su un terreno drammatico, che il bene è male, e che il male è bene. In altri termini, chi è padrone del linguaggio può trasformare una società sana in un manicomio, oppure in un inferno: perché padroneggiare il linguaggio equivale ad avere il monopolio del Discorso. Il Discorso è sia la narrazione del reale, sia il reale, così come viene percepito; di conseguenza, il Discorso è la totalità del vissuto e del percepito, indipendentemente dal suo grado di verità intrinseca. Non ha alcuna importanza, per chi è padrone del Discorso, se dice il vero o il falso; quel che conta è che egli è il solo autorizzato a dire, a chiamare le cose, e quindi non esiste altro discorso, né altra realtà, al di fuori di ciò che egli dice. Il padrone del Discorso è il dittatore totale, colui al cui controllo non sfugge nulla perché, se qualcosa sfuggisse, allora ci sarebbero più discorsi, il che è impossibile, una volta che il Discorso è finito nelle mani d’un singolo soggetto.
Ora, il padrone del Discorso è la grande finanza. La grande finanza è per gran parte in mani ebraiche. Di conseguenza, quei banchieri hanno bisogno non solo di addomesticare e controllare ciò che passa attraverso l’informazione: giornali, televisione e cinema; ma anche ciò che viene insegnato nelle scuole e nell’università e ciò che si scrive sui libri; in altre parole, di una nuova visione del mondo, basata su presupposti assoluti. Una visione del mondo basata su presupposti assoluti è, di norma una religione; dunque, hanno bisogno di creare una nuova religione. L’hanno trovata nel dramma vissuto dagli ebrei d’Europa durante la Seconda guerra mondiale, sfruttandolo senza scrupoli, per erigere un altare davanti al quale tutte le genti si devono inginocchiare e, in certo qual senso, riconoscersi moralmente colpevoli: colpevoli di non aver impedito quel che è successo. Su questa religione della colpa e del rimorso, i padroni del Discorso hanno costruito la loro religione laica e si sono adoperati per sostituirla all’altra religione universale, il cristianesimo, che intralciava i loro piani, se non altro perché essa è basata sulla libertà dei figli di Dio e sul fatto che Gesù, il Redentore, era, sì, un ebreo, ma rifiutato dai suoi correligionari e messo a morte con l’accusa di essersi spacciato per l’atteso Messia. Questa sostituzione dell’una all’altra religione mondiale ha avuto la svolta decisiva nel Concilio Vaticano II e particolarmente con la dichiarazione Dignitatis Humanae ispirata, come oggi sappiamo, da ebrei e da cardinali filo-ebrei, come Augustin Bea. Ora la manovra è giunta a compimento con l’esplicita affermazione di Bergoglio (e prima di Wojtyla) che il popolo ebreo non ha alcuna necessità di convertirsi, perché ha già l’Alleanza, l’ha sempre avuta e quindi era e rimane il popolo eletto. Stranissima affermazione, da parte di un papa, perché equivale a smentire la base stessa del cristianesimo: il fatto che l’Incarnazione, la Passione e la Resurrezione di Gesù costituiscono la Nuova e definitiva Alleanza di Dio con gli uomini. D’altra parte, era una passo necessario, per chi volesse percorrere la strada che abbiamo indicato: dal momento che gli ebrei hanno rifiutato Gesù proprio per motivi religiosi e ne hanno voluto la morte (anche se a eseguirla, per ragioni meramente contingenti, sono stati i romani: questo dicono i Vangeli, se sono degni di fede; se no, buttiamoli nel cestino), era necessario emendarli da una simile responsabilità e rovesciare, per così dire, la frittata, riversando sui cristiani la colpa di averli perseguitati – anche se gli ebrei, nel corso della storia, sono stati perseguitati essenzialmente per ragioni economico-sociali, più spesso che religiose). Quindi non sono più gli ebrei che devono rendere conto della crocifissione di Gesù, ma i cristiani che devono rendere conto della Shoah e di ogni forma, presente e passata, di antisemitismo e antigiudaismo, dando per certo che le ragioni e i torti non sono distribuite, come di solito accade, fra entrambe le parti, ma sono nettamente separati: agli ebrei tutte le ragioni, ai non ebrei tutte le colpe. Perciò è giusto che i non ebrei, e specialmente i cristiani, paghino il loro debito e si prostrino davanti all’altare della nuova religione olocaustica.
Com’è evidente, siamo entrati in pieno sul terreno della pazzia. È da pazzi fare questo discorso, perché come tali, o peggio, si viene etichettati; ed è del tutto inutile svolgere qualsiasi ragionamento o portare qualsiasi dato di fatto (per esempio, il dato innegabile che banchieri ebrei finanziarono la scalata al potere di Hitler; o che la cifra “ufficiale” di 6 milioni di vittime della Shoah non è così certa come viene asserito). È da pazzi anche precisare che la ricerca della verità non è una forma di antisemitismo, e che, se nessuno si sognerebbe di invocare la prigione per uno storico il quale metta in dubbio i numeri “canonici” di altre stragi e genocidi, verso gli armeni, o verso i tutsi del Ruanda, non si capisce perché sia un crimine passibile di condanna discutere sulle cifre e le modalità della Shoah, oppure dire che già il nome Olocausto è fuorviante, perché l’olocausto è il sacrificio che si offre alla divinità in una cerimonia religiosa, il che non fu il caso degli ebrei deportati dai nazisti durante l’ultima guerra mondiale. Comunque, anche se inutile e pazzesco, vogliamo qui ripeterlo: non solo affermiamo che ogni forma di discriminazione razziale o religiosa è sbagliata, e quindi lo è anche l’antisemitismo; ma siamo convinti che solo una piccola minoranza di banchieri ebrei, insieme a banchieri non ebrei, ha concepito il disegno di dominio mondiale cui abbiamo accennato, mentre la quasi totalità del popolo ebreo e dei seguaci del giudaismo non ne sa nulla, né vi è coinvolta in alcun modo. Basterà questo a scamparci dall’accusa di voler alimentare i fantasmi della passata intolleranza antiebraica? Probabilmente no; ed è logico. I padroni del Discorso, per coprire la loro strategia di potere, hanno sempre bisogno di nemici sui quali convogliare l’odio delle masse...