Contro l'immigrazione, ma contro anche alla cosiddetta guerra di civiltà
di Antonio Catalano - 17/09/2025
Fonte: Antonio Catalano
CONTRO L’IMMIGRAZIONE STRUMENTO DI DISARTICOLAZIONE SOCIALE MA CONTRO LA COSIDDETTA GUERRA DI CIVILTÀ
Che l’immigrazione incontrollata produca guasti enormi è un dato di fatto, si può negare questa incontrovertibile verità solo se si è in mala fede oppure preda di una sconsiderata dose di ideologia accoglientista. I guasti provocati dall’immissione massiccia e continua di flussi migratori sono ormai ben noti e vissuti con sempre maggiore insofferenza dai ceti popolari, i quali non a caso sono particolarmente sensibili a questo tema. Dare un’occhiata alla Gran Bretagna.
Spesso però purtoppo accade che questo tema sia agitato da forze politiche che regolarmente utilizzano la questione solo per raggranellare facili consensi, oltretutto senza che ciò comporti nei fatti una politica coerente con questa impostazione. Al di là della politica urlata, nei fatti poi rimane la realtà di una certa consonanza di provvedimenti tra i due presuntamente contrapposti schieramenti politici. Un esempio è il recente decreto governativo che prevede un flusso di circa mezzo milione di immigrati “regolari” per i prossimi tre anni. Ma sappiamo che un flusso “regolare” funziona da moltiplicatore del volume generale dei flussi, compresi quindi quelli non regolari.
Recepire l’insofferenza popolare dell’immigrazione continua significa schierarsi dalla parte della difesa della dignità del lavoro, del rifiuto del principio della concorrenza tra lavoratori, della sicurezza, in quanto oltre una certa misura è evidente che sorgano problemi di convivenza, specialmente quando molti immigrati “irregolari” vivono ai margini del consesso civile.
Le forze politiche che, strumentalmente, puntano sull’anti immigrazionismo accompagnano quasi sempre questa propaganda a un anti islamismo che utilizza fallaciamente il repertorio della natura intrinsecamente violenta di questa religione. In questo quadro l’Islam diventa un blocco monolitico espressione di violenza e sopraffazione, con un’Europa che rischia d’essere islamizzata.
Il che non vuol dire che sia da accettare l’ideologia del melting pot, quella della centrifugazione di popoli e culture, secondo la quale l’identità è elemento di cui diffidare, tranne poi rendersi conto che i maggiori identitari sono proprio gli stessi immigrati. Sia chiaro: ogni Paese deve salvaguardare la sua identità primaria, e fare in modo che i nuovi arrivi non pregiudichino tenuta sociale e culturale.
A proposito della strumentale propaganda anti islamica, condivido quanto dice Pino Cabras in una recente intervista. «C’è una profonda ignoranza di che cosa sia l’Islam, che è un mondo complesso di un miliardo e duecento milioni di persone, di Paesi diversissimi tra di loro, di aree laiche immense, che non possono essere assimilate a dei gruppuscoli tra l’altro manovrati da servizi segreti che rispondono a interessi occidentali. Quasi tutti i principali attentati terroristici degli ultimi 25 anni avevano sempre il fiato addosso dei servizi segreti dei Paesi occidentali che avevano bisogno di uno strumento per regnare». Qui il riferimento è al jihadismo estremista utilizzato per minare la stabilità degli stessi Paesi islamici, la prima vittima. «Questa è una delle grandi correnti di caos che nascono da una sbagliata interpretazione dell’Islam, del ruolo del Medio Oriente, del ruolo pesantissimo avuto dall’Occidente, e del ruolo del sionismo in questa destrutturazione della sicurezza del diritto internazionale e del Medio Oriente in particolare». L’intervista, molto interessante, che invito ad ascoltare per intero, continua sul ruolo del sionismo.
Attenzione quindi a usare l’arma della guerra di civiltà tra mondo occidentale e islamismo, questa è il cavallo di battaglia di quegli ambienti che hanno interesse a sviare il giusto rifiuto popolare dell’immigrazionismo – ricordiamolo sempre: strumento del grande capitale che vuol disporre di una continua riserva di forza lavoro a buon mercato – sul binario morto dello scontro di civiltà in Europa.
Ma qual è ora la civiltà europea? Abbiamo di fronte solo un continente smarrito in mano a un’élite finanziaria che non rinuncia, come un Crono impazzito, a divorare i suoi figli (vedi Grecia), un continente consegnato a un’Unione europea attraversata da ben altre tensioni che quelle morali, civili, culturali e religiose presa com’è dalla febbre di direttive concepite dai circoli del capitale finanziario, che oltre ad aver puntato sul green inventandosi tempeste di calore uniche nella storia, ha scommesso contro la Russia elevata a minaccia esistenziale.
E così l’UE delibera per sostenere ulteriormente in funzione anti russa l’Ucraina di Zelensky. Per cui serve incrementare la produzione di armi. Ma muoversi in questa direzione renderà obbligatorio attaccare la spesa sociale, per i ceti popolari ulteriori sacrifici in vista, coinvolgere quindi le popolazioni nel clima guerrafondaio e indirizzare disagio e malcontento sul binario morto dello scontro di civiltà.
Un’Europa generosa nell’approvare quasi una ventina di pacchetti di sanzioni antirussi, ma completamente reticente, nonostante le sue insopportabili lacrime di coccodrillo, a mettere nel conto un solo pacchetto di sanzioni contro Tel Aviv. Immaginarsi!