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Cosmogonie

di Francesco Petrone - 18/07/2025

Cosmogonie

Fonte: Francesco Petrone

La strana affinità fra la cosmogonia del Rinascimento e quella delle Upanishad. Il Rinascimento viene considerato come un’epoca in cui si è formata l’identità della civiltà occidentale. Questa sensazione probabilmente è rafforzata dal fatto che di questo periodo viene studiata prevalentemente l’estetica, la plasticità delle forme, la prospettiva, il razionalismo urbanistico, l’equilibrio dei volumi ed il presunto individualismo. Esiste un altro aspetto di questo importante periodo storico, una trascendenza di tipo quasi iniziatico e magico. Si trattava però di una “Magia Naturalis”, illustrata dall'erudito napoletano Giovan Battista Della Porta. L'autore desiderava studiare i segreti della natura che Eraclito asseriva amasse nascondersi. Ciò che si stava sviluppando in quella fortunata epoca era una concezione mistica unita ad una spiritualità di tipo cosmologico. Questo risveglio culturale che ha interessato l’Italia, prima di debordare in tutta Europa, era pervaso da una profonda religiosità dal sapore quasi esoterico che, pur non avendo avuto alcun punto di contatto, era molto simile ad alcune dottrine orientali. La filosofia platonica e neoplatonica, sembra fornire al Rinascimento alcuni elementi analoghi a certa religiosità indiana. Verrebbe da pensare ad un aggancio con l’Oriente tramite la filosofia platonica ma sappiamo che tali elaborazioni spirituali, sono stati sistemi di pensiero lontani fra di loro nel tempo e nello spazio. Inoltre, fra gli scritti di Platone e la stesura delle Upanishad sembra che intercorra poco meno di mezzo millennio. Nonostante ciò rimaniamo sorpresi dalle incredibili similitudini. Le due filosofie danno importanza ad un principio trascendente, l’Uno per Platone ed il Brahman per l’induismo, da cui sarebbero emanate tutte le cose. Nel neoplatonismo l’anima è concepita come entità intermedia tra il mondo divino e quello materiale. Da questo principio abbiamo il concetto, tutto rinascimentale, dell’uomo centro dell’universo, concetto che vuole esprimere lo stesso principio, un ponte fra la materia e Dio. Analogamente nell’induismo l’anima (Atman) è una scintilla divina intrappolata nel ciclo delle nascite. Inoltre nel Rinascimento abbiamo il concetto di Philosophia perennis o "Arcana teologia”, una tradizione primordiale dal sapore quasi metastorico. Questa definizione sembra avere profonde analogie col concetto di “Sanatana Dharma”, letteralmente “legge eterna” o “dottrina eterna” che sarebbe il vero nome dell’induismo. Si parla in ambedue i casi di una verità universale atemporale che storicamente si sarebbe dispersa in molteplici rivoli. I Romani parlavano di Mos Maiorum, le usanze degli antichi, che i Romani ritenevano essere state trasmesse dai progenitori. Nel Rinascimento ritroviamo il concetto di un’entità divina vivente nell’universo stesso. Il filosofo del Cinquecento Bernardino Telesio, riprendendo il concetto di un universo permeato da essenza divina, e di conseguenza la natura sarebbe dotata, per lui, di leggi proprie, arrivando a concepire ogni cosa come dotata di un’anima o di sensibilità, una forma di panpsichismo. L’esatto contrario della filosofia cartesiana. Tommaso Campanella, eredita questi principi da Bernardino Telesio e ipotizza, anche lui, un’anima in molte parti dell’universo pregne di Dio che a noi appaiono inanimate ma avrebbero un’intelligenza o perlomeno una coscienza anche se diversa da come la concepiamo noi. Questo è un principio che ritroviamo anche in un certo Giainismo e in una determinata scuola del Buddismo, la scuola Mahayana Tien Tai. Questa forma di pensiero crede che quella che chiamiamo coscienza non sia un’eccezione ma una caratteristica fondamentale dell’universo, anche se a noi non si manifesta. Sono scuole di pensiero che in Oriente vengono denominati insondabili. In Italia un altro filosofo Agostino Steuco, un erudito e filologo,  tratta della “Filosofia Perenne”. Tornando a Campanella, il filosofo domenicano, concepisce, anche lui, da uomo rinascimentale, un universo vivo e intelligente dove ogni cosa partecipa alla conoscenza. Sappiamo che non ci sono state influenze ma è innegabile l’affinità con alcuni aspetti dell’induismo e di alcune scuole buddhiste.. Anche il filosofo Karl Jaspers, scomparso il secolo scorso, ebbe a notare alcune similitudini fra mondi separati come la Grecia e l’India e lo giustificò con la sua teoria del periodi assiali della storia durante i quali si sarebbero sviluppate diverse tradizioni filosofiche e religiose in vari parti del mondo. Un diverso metodo per giustificare molte analogie sottolineare dalla filosofia perennis. Sono analogie osservate anche da un famoso teologo, il cardinale francese, Jean Marie Danielou, col suo saggio in cui descrive le profonde affinità fra Dioniso e la divinità indiana Shiva. Nel Rinascimento, nell’Accademia Neoplatonica di Careggi a Firenze, studiando Platone e traducendo, come fece Marsilio Ficino, il Corpus Hermeticum, pensavano di gettare uno sguardo verso le antiche tradizioni del Mediterraneo e invece, senza volerlo, hanno costruito un ponte spirituale con l’India, anticipando di secoli il romanticismo di Friedrich Schelling o gli studi eseguiti dopo la scoperta in Europa, William Jones, nel 1786 presentò un saggio in cui veniva sottolineata la similarità tra sanscrito, greco e latino. Nel secolo scorso, il filologo e studioso delle religioni, Georges Dumézil, con uno studio sulla comparazione delle religioni, scoprì che alcuni riti della religiosità arcaica romana, erano del tutto simili a dei riti che venivano ritrovati nell’induismo. Un solo esempio, è quello delle due sorelle che portavano un bambino al tempio e rappresentavano l'aurora, l’alba ed il sole nuovo.