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Dal movimento di sinistra al movimento popolare

di Riccardo Paccosi - 04/10/2025

Dal movimento di sinistra al movimento popolare

Fonte: Riccardo Paccosi

DAL MOVIMENTO DI SINISTRA AL MOVIMENTO POPOLARE, IN UNA SOLA MOSSA 
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I. PER QUANTO SI POTRA' CONTINUARE A FAR FINTA CHE LA QUESTIONE PALESTINESE SIA UN TEMA A PARTE, ISOLATO DAL CONFLITTO GLOBALE?
Malgrado Hamas abbia appena parzialmente accettato il piano di Trump per Gaza, lo scenario mediorientale risulta ben lungi dall'essere pacificato e questo per il banale motivo che non è pacificato neanche il contesto generale di cui il conflitto israelo-palestinese fa materialmente parte, ovvero la terza guerra mondiale a pezzi. 
Tanto l'eventuale nuovo attacco israeliano all'Iran quanto la velleità di sconfiggere strategicamente la Russia da parte degli europei, sono espressioni del conflitto più generale tra unipolarismo occidentale e multipolarismo nascente.
E allora, venendo al nuovo movimento di massa che sta riempendo le piazze, la prima domanda che sorge è la seguente: per quanto ancora sarà possibile questo gioco volto a fingere che la questione palestinese sia un tema distinto da quello del conflitto geopolitico per il nuovo ordine globale? 
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II. IL MOVIMENTO COME ESPRESSIONE DI AUTONOMIA POPOLARE
Venendo al movimento odierno, abbiamo visto nelle piazze alcuni aspetti ch'io reputo indiscutibilmente positivi.
1) Vi è stata una partecipazione di massa e spontanea, molto più estesa di quella che è la rappresentatività reale dei sindacati di base promotori, dunque si è materializzata una dinamica all'insegna dell'autonomia popolare.
2) Nel corso della manifestazione svoltasi a Torino, il tentativo dei manifestanti d'irrompere al convegno presso il politecnico in cui prendeva parola Ursula Von der Leyen, ha espresso una volontà di orientare il conflitto in senso verticale, cioè verso l'alto, secondo una logica non più di sinistra, bensì anti-sistema.
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III. IL MOVIMENTO E LA SUA STRUMENTALIZZAZIONE DA PARTE DELLA SINISTRA NEOLIBERISTA E DEI GOVERNI EUROPEI.
D'altro canto, limiti e pericoli di questo movimento sono parimenti evidenti. 
1) Alla dinamica autonoma e popolare sopra citata, fa da contraltare una dinamica opposta, ovvero una sorta di "via libera" dall'alto alle contestazioni contro Israele, che risulta dalla trattazione non criminalizzante da parte di diversi media mainstream nonché dal parziale collatelarismo di partiti e sindacati della sinistra globalista. Questo "via libera" sembrerebbe essere partito all'inizio dai governanti europei, forse con la finalità di mettere in difficoltà l'attuale presidenza americana.
2) Risulta evidente il tentativo, da parte della sinistra istituzionale, di orientare questo movimento in chiave anti-Meloni. Questo implica la prospettiva d'un imminente governo tecnico e/o di centrosinistra che, nel pieno dell'escalation bellica contro la Russia, sarebbe pedissequamente allineato con le velleità guerrafondaie di Macron, Starmer, Merz e Von der Leyen.
3) Per quanto riguarda la sinistra antagonista, oltre all'analoga volontà di ridurre tutto in chiave anti-Meloni vediamo in quest'area anche il desiderio di mettere in atto una saldatura fra la conflittualità giovanilista dei centri sociali e la nuova categoria idealizzata dei "maranza". 
Su questa visione apparentemente politica ma sostanzialmente antipolitica è perfino stato pubblicato un pamphlet teorico - scritto dalla attivista franco-algerina Houria Bouteldja e promosso pubblicamente anche da Ilaria Salis - intitolato "Maranza di tutto il mondo unitevi".
Questo tipo di idealizzazione prese piede in Francia trent'anni fa, quando al movimento dei lavoratori del 1995 si associò contemporaneamente il ribellismo spontaneista delle banlieu. Negli anni successivi, però, i francesi hanno potuto esperire che questa saldatura esisteva solo nella testa degli idealisti di sinistra giacché un conto è puntare a lotte dei lavoratori all'interno delle quali vi siano anche lavoratori immigrati (come per esempio il movimento dei Gilet Gialli), altra cosa è attribuire una presunta valenza politica a un'identità sottoproletaria e neo-tribale come appunto quella dei maranza. I conflitti di fabbrica degli utimi decenni, hanno dimostrato che gli immigrati - in quanto lavoratori - possono assumere la solita, vecchia soggettività operaia. Ma l'evocazione di una fantomatica "soggettività migrante", invece, rientra nella pura astrazione idealistica da intellettualini.
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FUORI LA SINISTRA, DENTRO LA CONNESSIONE CON LA LOTTA AL RIARMO EUROPEO.
Sulla base di quanto fin qui esposto, non si può che giungere alla tesi che, se questo movimento vuole davvero volgere verso il conflitto con gli assetti di potere esistenti, esso deve diventare autonomo e popolare in maniera consapevole e irrudicibile. E questo significa ch'esso deve rompere con la sinistra, sia istituzionale che antagonista. 
Per ottenere questo risultato, non c'è alcun conflitto diretto da dover svolgere, bensì occorre una capacità d'imporre - per uno o più dei prossimi appuntamenti nazionali di mobilitazione, in almeno alcune grandi città - l'appaiamento del tema palestinese a quello della lotta contro il riarmo europeo.
Tanto gli emissari di Conte e Schlein, quanto gli antagonisti, semplicemente dovrebbero tenersi ai margini per la paura di risultare "filo-russi". 
Non si tratterebbe di dividere politicamente il movimento, bensì di dividere l'autonomia popolare dall'autoreferenzialità zavorrante e strumentalizzante delle organizzazioni politiche di sinistra.