Dalla destra mi guardi Iddio che dalla sinistra mi guardo io
di Roberto Pecchioli - 21/06/2025
Fonte: Il perchè cui prodest
Dalla destra mi guardi Iddio che dalla sinistra mi guardo io.
Sono vecchio e disilluso. Non credo più di cambiare il mondo, né che il mondo possa cambiare. Ho abbastanza esperienza per sapere che gli uomini si giudicano dai comportamenti, non da ciò che affermano o dalle idee che dicono di professare. Per questo e per altre ragioni ho smesso di credere nello spartiacque destra/sinistra. Non credo nell’uguaglianza, constato la progressiva fine della libertà e della fraternità, la triade rivoluzionaria. Se devo riassumere il mio orizzonte ideale, ricorro alle parole di Dominique Venner, l’intellettuale suicida a Notre –Dame: la natura come solco, l’eccellenza come fine, la bellezza come orizzonte.
Venner si considerava un samurai, ossia concepiva la vita come lotta, servizio, offerta di sé. Amo la straordinaria incisione di Albrecht Durer Il Cavaliere, la Morte, il Diavolo. Il Cavaliere combatte ma non odia; avanza sereno affrontando la morte; sa di avere nemici potentissimi; è fedele a un ideale elevato; confida in Dio e nella sua forza. Aristocrazia dell’animo, fedeltà all’ideale, senso dell’onore, difesa dei deboli, l’obbligo morale di combattere tenedo fede alla parola data, indipendentemente dal successo. Non riesco a immaginare chi oggi, nella politica, nella cultura, nella realtà economica e sociale, corrisponda a questi ideali. Soprattutto ho in uggia il materialismo, l’utilitarismo sfrenato, l’individualismo. Tutti o quasi gli schieramenti sono ormai variazioni su un unico tema, il liberalismo nelle varianti radicale, postmarxista, progressista, moderata, conservatrice.
Ho amici e relazioni a destra, ma sento incolmabile la distanza da gran parte del suo ideario attuale. Ho accettato la Nato sino alla fine dell’Unione Sovietica. Dovevamo difenderci da un’idea e da una prassi, il comunismo sovietico. Ma dopo no, liberi tutti. Che c’entro io, che c’entra il Cavaliere di Durer con i valori mercantili, con il denaro come progetto di vita, con il dominio mascherato da democrazia? Che c’azzeccano con il mio mondo il materialismo greve, l’indifferentismo morale, il relativismo, l’ateismo ? Se provengono da sinistra, mi difendo. Se vengono da destra resto sconcertato. L’uomo si giudica da ciò che ha, non da ciò che è: unici ideali la difesa della proprietà privata e del libero mercato, misura di tutte le cose. Ma non sono scopi, solo mezzi, inferiori al bene comune, che impone di riconoscere le ragioni di chi è fragile, povero, indifeso.
Questo fa il Cavaliere; se non lo facesse perderebbe l’onore, il bene più grande. La destra contemporanea (e buona parte della sinistra) ha un unico Dio, il denaro, e un solo demiurgo, il Mercato. A questi innalza idoli, per essi pratica sacrifici umani. A sinistra hanno una rozza, imprecisa, imperfetta, ma comunque solida bussola : oppresso contro oppressore. Spesso sbagliano bersaglio ma almeno si attengono a un criterio. Dalla destra mi guardi Iddio se crede solo nel mercato, se considera la cultura –la costruzione e trasmissione di un giudizio sul mondo e sui fatti- un inutile sfizio per sfaccendati, se allontana lo spirito e mette sul trono il successo, il bilancio economico, la libertà declinata in egoistico farsi i fatti propri. Per moltissimi destri – e sedicenti moderati, e benpensanti- la distinzione è più rozza ( e ridicola) che per i sinistri: tutti quelli di cui non capiscono le ragioni e che non accendono ceri al Santo Occidente sono comunisti. Nessuna altra distinzione è ammessa, religiosa, politica, valoriale, etica.
Nessuna civiltà è paragonabile alla nostra. Chi eccepisce è un nemico. Così non abbiamo riconosciuto le ragioni dei popoli che uscivano dal colonialismo, gettato Fidel Castro nelle braccia dell’Unione Sovietica, applaudito l’usura. Il punto incandescente, la distanza irrevocabile dal canone “destro” è il giudizio su Israele. Baluardo d’Occidente, unica democrazia regionale, piccolo popolo circondato da nemici malvagi, numerosi come le tribù di Gog e Magog. Se non la pensi così, sei antisemita. No, basta ricatti. Non sono antisemita: stimo una comunità che ha conservato la sua identità in millenni di dispersione; riconosco che dopo tre quarti di secolo bisogna realisticamente considerare Israele parte del Medio Oriente. Provo ammirazione per l’ingegno ebraico, riconosco l’influenza che esercita nella cultura e nella scienza. Non voglio che sia negato agli israeliti il diritto di essere ciò che sono.
Tuttavia non posso tacere che Israele è figlio del sionismo del XIX secolo, un’ideologia in gran parte di ebrei atei, simile ai nazionalismi europei che lottavano per costruire Stati nazionali. E’stata utilizzata dalla Gran Bretagna e poi dagli Usa (con il sostegno di alcune potenti famiglie ebraiche) per i loro interessi imperiali e per dividere le popolazioni del Medio Oriente con l’imposizione di uno Stato in cui il non israelita non è cittadino a tutti gli effetti. Si può ancora dire, a destra, senza incorrere nei rigori del politicamente corretto? Si può chiamare, da quella parte, genocidio ciò che accade a Gaza, si può pensare che non fu una bella cosa cacciare le popolazioni insediate in Palestina per far posto ai lontanissimi discendenti di chi ci viveva due millenni fa? Si può affermare che attaccare Stati sovrani, organizzazioni politiche straniere, bombardare tutto ciò che si muove, togliere ai palestinesi il fazzoletto di terra riarsa che ancora conservano, non è, come dire, occidentale ?
Invece lo è, la storia degli ultimi secoli ne è testimone. Dimmi che cosa pensi di Israele e ti dirò se sei di destra e se aderisci al canone occidentale. Dopo il mercato, ecco il Grande Tabù. Israele esista, magari spiegando chi finanzia il suo poderoso apparato militare e di intelligence, ma non distrugga tutto ciò che incontra sul suo cammino, non faccia ciò che lamenta sia stato fatto al suo popolo in passato. Il canone occidentale ha molti nervi scoperti: mercato, finanza, materialismo, tecnocrazia, nichilismo, nuovi diritti, Nato, Russia. E Israele, il dente che batte dove la lingua duole e induce al silenzio