Dalla dissoluzione della UE può rinascere la speranza
di Luigi Tedeschi - 01/08/2025
Fonte: Italicum
E’ giunta l’ora di intonare un de profundis in suffragio della UE? Assurdo. Si celebrano le esequie per i morti, non certamente per chi non è mai esistito. La UE ha tradito l’Europa e i suoi popoli? Falso. La UE non ha una costituzione e non è nemmeno un ordinamento democratico. Pertanto non può aver tradito un mandato elettorale scaturito dal consenso popolare. La UE non è uno stato ma una istituzione tecnocratico – oligarchica sovranazionale che si sovrappone agli stati, dato che non si propone di integrali un vista della creazione di una federazione statuale su base continentale.
Occorre quindi concludere che la sua subalternità agli USA emersa dal totale cedimento alla imposizione dei dazi trumpiani è perfettamente coerente alla sua identità atlantica, quale organismo preposto alla governance politica dell’Europa, in nome e per conto della Nato.
La retorica apocalittica di cui è infarcita la narrazione ufficiale del mainstream, riguardo alle guerre e agli sconvolgimenti economici prodotti dal ciclone trumpiano, unitamente agli sproloqui occidentalisti della nostra classe politica, si rivelano del tutto evanescenti, dinanzi al disvelamento della crisi irreversibile in cui si dibatte l’Occidente. Con la Guerra Grande e l’avvento della presidenza Trump, è svanita l’immagine ideologica virtuale dell’Occidente, facendo riemergere la sua reale identità storica e culturale originaria ed immutabile. Sono infatti venute alla luce sia l’identità teocratico – genocidaria di Israele, che quella suprematista - imperialista americana, oltre alla natura oligarchico – finanziaria di una UE politicamente integrata nell’Occidente, quale protettorato americano.
L’accordo commerciale tra l’Europa e Trump si è risolto in una resa senza condizioni della UE nei confronti degli USA. La UE si è impegnata a non imporre alcuna tariffa commerciale alle importazioni provenienti dagli USA. La UE ha inoltre rinunciato ad ogni forma di tassazione verso le piattaforme digitali americane.
Occorre rilevare che i dazi del 15% praticati dagli USA sull’export europeo si aggiungono alle aliquote già in essere. Pertanto, tali livelli tariffari si rivelano insostenibili per vari settori dell’economia italiana ed europea, in particolare per l’agro – alimentare il cui limite di tollerabilità era stato valutato al 10%. Sull’export del settore auto incombono dazi intorno al 27%. Particolarmente penalizzato risulta il settore dell’acciaio e alluminio, con dazi al 50%. Tenuto conto che negli anni precedenti l’export europeo negli USA è diminuito da circa 900.000 tonnellate a 250.000, è prevedibile il quasi azzeramento delle esportazioni europee in America.
L’accordo avrebbe la validità di 3 anni, corrispondenti alla durata del mandato di Trump. La UE si è impegnata inoltre ad acquistare nel triennio armi ed energia dagli USA per 750 miliardi. Gli USA non dispongono di quantitativi di energia da esportare in Europa per l’ammontare concordato di 250 miliardi l’anno. E’ dunque verosimile che gli USA acquisteranno gas e petrolio offshure (magari dalla Russia, secondo una modalità già praticata dall’India), per rivenderla all’Europa a prezzo maggiorato. Si ipotizza inoltre, che la UE, per adempiere alle condizioni poste dall’accordo, dovrà rinunciare ad approvvigionarsi di energia presso altri fornitori a costi inferiori. L’aumento dei costi energetici potrebbe rivelarsi insostenibile per le imprese europee.
L’accordo prevede inoltre investimenti europei negli USA per 600 miliardi. Si tenga conto che larga parte dei risparmi europei affluiscono negli USA. E’ pertanto prevedibile che grandi complessi industriali europei potrebbero delocalizzare la produzione negli USA, attratti dai bassi costi dell’energia e da una tassazione ridotta rispetto ai paesi d’origine. L’export delle imprese europee delocalizzate avrebbe come sbocco l’Europa e sarebbe per loro assai conveniente, data l’assenza di barriere tariffarie sulle merci importate dell’America.
In realtà la politica dei dazi messa in atto da Trump, oltre che per risanare il deficit commerciale americano, costituisce uno strumento di pressione politica nei confronti dell’Europa. Prodotti agroalimentari OGM potrebbero entrare liberamente in Europa, con danni incalcolabili per i produttori europei. Trattasi di una riedizione in salsa trumpiana del già fallito accordo trans – atlantico promosso dal TTIP di Obama.
Ma soprattutto sarà particolarmente penalizzante per la UE il libero accesso dei capitali americani nell’economia europea, che comporterà l’acquisizione da parte dei fondi di investimento americani (in particolare delle Big Three), di rilevanti quote dell’industria, del settore bancario, di quello delle assicurazioni previdenziali e sanitarie. L’impero Usa in declino drena risorse dai protettorati europei.
Tale accordo rappresenta per l’Europa la fase terminale di un sistema economico – finanziario neoliberista basato sull’export già rivelatosi fallimentare. Al fine di rendere competitive le esportazioni, la UE, con la compressione salariale e dei consumi e rilevanti tagli al welfare, ha distrutto il suo mercato interno e quindi, dinanzi alla politica protezionista americana si presenta disarmata, dato che, dopo la rottura delle vie commerciali con la Cina, gli USA costituiscono l’unico mercato di sbocco per le merci e i capitali europei. Aggiungasi poi che le politiche di austerity praticate dalla UE per decenni, hanno comportato il venir meno degli investimenti nei settori strategici dell’innovazione, dell’energia, della difesa, rendendo l’Europa dipendente dagli USA nella tecnologia avanzata, nel fabbisogno energetico, negli armamenti.
In tale contesto si inquadra la politica del riarmo europeo, messa in atto (specie dalla Germania), per sopperire al declino del settore dell’automotive. In realtà, il riarmo europeo costituisce il necessario sbocco dei capitali dei fondi di investimento americani che, in rotta con l’amministrazione Trump e in fuga dai settori del green e dell’A.I. ormai in declino, hanno dirottato grandi flussi finanziari verso i titoli legati al riarmo europeo, innescando una nuova bolla finanziaria in Europa.
Il riarmo europeo verrà effettuato attraverso la riconversione della struttura produttiva manifatturiera in via di dismissione che verrà acquisita da gruppi industriali controllati da finanziarie americane (vedi il caso della industria di armamenti tedesca Rheinmetall). L’Europa si è peraltro impegnata con l’accordo con Trump ad acquistare armamenti direttamente dagli USA. Dopo il disimpegno americano in Ucraina, le forniture di armi da parte dell’Europa verranno effettuate mediante l’acquisto di armamenti americani.
Trump deve necessariamente coinvolgere nelle sue strategie economiche espansioniste nei confronti dell’Europa i fondi di investimento americani, affinché questi ultimi garantiscano il loro sostegno al debito pubblico americano che ha raggiunto livelli da record.
L’arrendevolezza delle classi dirigenti della UE è facilmente comprensibile. L’Europa è governata da una classe dominate del tutto integrata nel sistema finanziario americano. Merz, già presidente del consiglio di sorveglianza di BlackRock, è l’artefice della politica del riarmo tedesco, in funzione degli interessi finanziari dei fondi di investimento americani. Così come Draghi, che è stato vicepresidente di Goldman Sachs e altri personaggi simili, i cui orientamenti riguardo alla governance europea, non si ispirano alle logiche della strategia geopolitica, ma a quelle degli interessi finanziari europei ormai in totale osmosi con quelli americani. Fu lo stesso Draghi ad affermare l’assoluta irrilevanza degli orientamenti politici dei governi degli stati europei, dato che alla governance europea avrebbe presieduto il pilota automatico dei mercati finanziari. E il pilota automatico europeo si identifica attualmente con la Von der Leyen, assurta alla presidenza della Commissione europea in qualità di clone di Angela Merkel. Una classe dirigente, quella della UE, creata per essere funzionale al capitalismo finanziario americano, non certo ai bisogni dei popoli europei.
La politica protezionista invasiva di Trump sorge dalla esigenza di sostenere il debito pubblico degli USA e dalla necessità vitale per l’America di preservare il ruolo del dollaro quale valuta di riserva mondiale. Occorre rilevare che mercati finanziari americani costituiscono un punto di approdo fondamentale per i flussi risparmio europeo. La classe dirigente della UE deve quindi essere acquiescente con Trump e sostenere i mercati finanziari americani. In caso di implosione finanziaria degli USA, verrebbe meno la stessa ragion d’essere per le elite dominati della UE. Così si è recentemente espresso a tal riguardo Alessandro Volpi: «Quasi il 60% del risparmio gestito degli europei è investito negli Stati Uniti, attraverso la mediazione dei grandi fondi. Le sorti dei risparmiatori del Vecchio Continente ha così bisogno che i listini e il debito Usa non crollino. Allora se il capitalismo finanziario a stelle e strisce accusa segni di grave crisi, è inevitabile che le classi dirigenti europee, responsabili della costruzione della finanziarizzazione sotto il dominio americano, corrano in soccorso dell'Impero».
Si prospetta una devastante crisi per l’economia europea, a seguito del venir meno di rilevanti quote dell’export negli USA. La UE quindi non potrà che far fronte a tale crisi imponendo ai popoli nuova austerity, con drastiche riduzioni retributive e ulteriori tagli al welfare, al fine di recuperare quote di competitività nell’export già falcidiato dai dazi. Sui bilanci degli stati europei graverà inoltre l’incremento esponenziale del debito pubblico contratto al fine di sostenere gli investimenti nel riarmo. Fondamentali risorse verranno dirottate nel riarmo, a discapito della spesa sociale. Il debito pubblico potrebbe presto rivelarsi insostenibile, a fronte di una crescita vicina allo zero. Potrebbe prefigurarsi una prospettiva di default degli stati, a tutto vantaggio della speculazione finanziaria. E’ una ipotesi credibile.
E’ facile prevedere l’accentuazione delle diseguaglianze, la recessione, impennate dell’inflazione, tensioni sociali allarmanti e misure repressive del dissenso da parte della UE. Non sono concepibili alternative al modello neoliberista su cui è strutturata la UE.
Emergono quindi i danni devastanti prodotti da un sistema economico impostosi con la fondazione della UE, concepita come un organismo finanziario privo di sovranità politica e del tutto omologato al neoliberismo globalista scaturito dal primato mondiale americano ormai in crisi sistemica. Le classi politiche degli stati europei sono del tutto subalterne alle strategie globaliste finanziarie di oltreoceano. La stessa composizione delle forze politiche dominati in Europa rappresenta la riproduzione in versione europea del sistema politico americano. In Italia le forze di centro – destra si identificano con i conservatori trumpiani e quelle di centro – sinistra con i Neocon democratici.
Con l’unilateralismo americano e la diffusione della sua cultura ad opera del soft power nella società europea, sono venute meno le identità culturali – ideologiche che animavano il confronto politico tra le varie fazioni. In conseguenza di tale sradicamento culturale, è scomparsa nei popoli la coscienza di se stessi e del loro ruolo nella storia. E’ oggi infatti assente nella coscienza collettiva la percezione della crisi epocale che incombe sull’Occidente.
In Europa, dinanzi alle imposizioni imperialiste americane, non emerge alcuna coesione tra i membri della UE, ma, al contrario, emergono profonde fratture conflittuali dovute alle divergenze degli interessi dei singoli stati. Certo che una Europa dilaniata da conflittualità interne insanabili, non potrà che favorire le strategie del dominio americano. Con la crisi, si manifesteranno però anche contrapposizioni violente tra le classi sociali, con effetti destabilizzanti per gli stati europei e soprattutto per la UE. L’Unione Europea si identifica con le sue classi dirigenti, che già da oggi preservano il loro potere mediante il ricorso sistematico alla repressione, alla criminalizzazione delle opposizioni interne, alla censura mediatica delle opinioni divergenti dalla sua linea filo – atlantica.
Dai recenti accordi trans – atlantici la UE ne esce devastata. L’Europa è isolata, marginalizzata e senza un futuro nel mondo multipolare emergente. I dazi trumpiani potrebbero innescare un processo di dissoluzione progressivo della UE. La fine della UE è dunque una condizione essenziale per la riconquista della libertà e della sovranità dei popoli. Solo dalla implosione del sistema occidentale neoliberista può rinascere la speranza.