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Distruzione e rigenerazione

di Marco Della Luna - 14/07/2023

Distruzione e rigenerazione

Fonte: Italicum

Alcuni ritengono che sia una legge cosmica: ciò che è violento e disarmonico, ciò che degenera, suscita i fattori della propria distruzione: la hybris ottenebra con la hate chi la perpetra, ed evoca la sua nemesis. La creazione insanamente illimitata di ricchezza contabile-finanziaria sganciata dalla vita reale - ma che con le sue convulse dinamiche condiziona e strapazza la vita reale delle genti, l’economia reale, il lavoro, la produzione, i risparmi, le tasse - costituisce una hybris di prima grandezza. Che chiama pari rovina.
Sinora, questo insano processo è riuscito a riprendersi, dopo ogni sua crisi, mediante un rilancio, cioè innalzando la posta, creando più ricchezza monetaria nominale avulsa dalla realtà (vedi il Quantitative Easing usato per finanziare la speculazione finanziaria anziché l’economia reale, nonostante la lezione del 2008), non reintroducendo (malgrado la lezione di Lehman Brothers e altre banche, fallite o salvate coi soldi pubblici) la separazione tra banche di credito e risparmio da una parte, e banche di speculazione finanziaria dall’altra; e altresì bloccando innaturalmente intorno allo zero i tassi per oltre 10 anni: ulteriore hybris.
La dismorfofilia (il gusto per la laidezza), l’anomia e l’acosmia che invadono l’arte e la musica contemporanee, come pure i costumi amorosi e familiari, manifestano a mio avviso questa deriva del degenerante verso il suo giusto auto-annientamento; e vanno in parallelo col crescendo degli errori commessi dai padroni dei mercati  che dirigono l’Impero del Dollaro: basti pensare all’effetto inverso delle sanzioni alla Russia, che hanno colpito le economie occidentali e dato slancio e concretezza al già avviato processo di dedollarizzazione del mondo, aiutando la coalescenza di un protagonista globale alternativo: i Brics. Ossia, oggi più che mai per effetto delle dette sanzioni, la power élite statunitense sta perdendo il magico potere di pagare e comperare ogni cosa nel mondo - dalle materie prime al sostegno politico, dalle guerre agli eserciti - mediante la creazione di Dollari a costo zero. Un potere sinora esercitato grazie al fatto che gli scambi commerciali (soprattutto di petrolio e materie prime) si possono o si potevano fare solo in Dollari, pena l’attacco militare e l’imposizione della democrazia, come avvenuto alla Libia e all’Iraq. Ma se l’Arabia Saudita e l’Iran aderiscono ai Brics, quale coalition of the willing andrà a portare loro la democrazia con le armi?
 
Su questa signoria monetaria del Dollaro, ossia dei banchieri centrali monopolisti della sua creazione ed emissione, si è sempre sostenuta, perlomeno dalla fine del Gold-Dollar Exchange Standard (1971) in poi, l’egemonia politico-militare USA; e la difesa culturale, politica e bellica di tale signoria è stata il fulcro della storia  contemporanea, delle guerre e dei régime changes, dall’Argentina al Vietnam al Nicaragua al Cile all’Iraq alla Libia all’Afghanistan, al continuo espansionismo della NATO verso i confini russi, che ha suscitato la reazione di Mosca e la campagna ucraina in corso. Questo potere monetario è il fulcro che dovrebbe essere al centro dello studio, dell’analisi e della valutazione storiografica, ma che viene quasi sempre sottaciuto, perché imbarazzante.
 
Oggi siamo entrati in una fase che acutamente John McMurtry chiama, titolando così un suo libro, The Cancer Stage of Capitalism, nella quale la competizione per il profitto non si dirige più verso la conquista di mezzi per acquisire cose utili alla vita e insieme per la selezione di migliori forme di produzione, ma si rivolge contro le condizioni pratiche della vita stessa dell’uomo e delle comunità, quali il lavoro, il risparmio, la famiglia, la casa, gli investimenti produttivi, fino a sfociare  nella manipolazione biologica della gente a fini commerciali e di controllo sociale.
 
 
Guardando più da vicino, ma sommariamente, la hybris monetaria, osserviamo che, nel mondo contemporaneo, le decisioni economiche vengono prese confrontando opzioni alternative alla luce di previsioni probabilistiche. Confronti e previsioni si fanno comparando valori numerici esprimenti valori economici, indici statistici, rapporti, etc. I valori economici perlopiù non sono valori di fruizione, di beni reali per la vita reale. Non sono nemmeno valori di scambio, che già costituirebbero un’astrazione. Sono indici di valori di scambio e loro derivati, quadratici e cubici, con valori nominali di oltre 20 volte multipli dei valori di scambio, i quali a loro volta sono generalmente ben superiori ai valori effettivi di fruizione. In conclusione, abbiamo una piramide rovesciata sempre più alta e larga, quindi a crescente rischio statico. Essa si basa su valori speculativi (cioè alimentati dall’attesa di un guadagno dalla variazione in più o in meno delle quotazioni), mobiliari e immobiliari, i quali si sostengono sull’aspettativa di crescita, cioè di rincaro, costante nel tempo a venire: l’aspettativa che genera il c.d. “toro”: io investo in certi titoli o certi immobili, onerandomi del prezzo e degli interessi passivi, perché prevedo che le loro quotazioni continueranno ad ascendere; e siccome la generalità degli investitori farà come me, l’attesa salita avverrà: ecco il boom, il gonfiaggio della bolla. Qualora l’aspettativa si inverta, mi affretterò a vendere o svendere, e siccome anche gli altri lo faranno, avremo il dump, l’orso,  lo scoppio della bolla, che talvolta porta a bruciare anche l’80% della capitalizzazione di borsa. La storia dei mercati finanziari è tutta così: ondulatoria.
Invece, la stabilità della suddetta piramide capovolta dipende dalla stabilità, reale e percepita, valori dei titoli, quotati e no; e questa a sua volta dipende dalla capacità dei debitori (pubblici e privati) di pagare i debiti sottostanti; e questa capacità a di pagare a sua volta dipende dal reddito dei debitori e dalla liquidità nel sistema.
Quindi, eventi come la recessione, le strette monetarie (rincaro dei tassi, liquidity crunch), i grandi fallimenti, la previsione che tali eventi avvengano, possono innescare il tracollo della piramide, con conseguenze imprevedibili ma sconvolgenti. Conseguentemente i mass media e anche la stampa specializzata spesso nascondono o distorcono la realtà per puntellare i mercati tutelando il sentiment, le aspettative positive o non negative. E inventano falsi teoremi “scientifici” per giustificare scelte di politica economica e monetaria che avvantaggiano le grandi concentrazioni di capitale finanziario a danno dell’economia generale e produttiva.
Orbene, nell’attuale scenario economico si configura una costellazione di fattori (alcuni novelli, altri già da tempo presenti) che potrebbe scatenare un tracollo della piramide verso la fine dell’anno. Vediamoli per sommi capi:
1)    Il debito pubblico e privato del mondo, dall’inizio della pandemia, ha raggiunto i 305 trilioni, quasi il triplo del prodotto lordo mondiale, ed è sempre meno sostenibile, anche a causa di quanto segue.
 
2)    Da mesi le principali banche centrali attuano crescenti rialzi dei tassi restringendo così la liquidità, con l’effetto di deprimere il reddito e il gettito fiscale, ridurre l’accesso al credito e tagliare la capacità di pagare di debiti già contratti – quindi causano ondate di insolvenze; e ciò mentre l’economia non aveva ancora recuperato i livelli pre-covid.
 
3)    Entro l’anno la BCE dovrà rimborsare una notevole mole di titoli e la Fed dovrà acquistare T-bonds in grande quantità per far fronte al maggior indebitamento del governo federale. Nel complesso, avremo un pesante taglio della liquidità che potrebbe far precipitare la crisi di solvibilità già in atto.
 
4)    Gli indici previsionali dell’andamento dell’economia reale sono in forte calo sia in Europa che in America. Quindi avremo calo dell’occupazione, del gettito fiscale, della solvibilità.
 
5)    Nella borsa USA si è gonfiata una bolla ad alto rischio: Wall Street on Parade del 6 Luglio presagisce imminente uno scoppio come nel 2000. L’indice è salito molto e continua a crescere, ma quasi solo per effetto dell’abnorme crescita dei sette titoli principali (tra il 120 e il 180% dal 1° Gennaio), crescita del tutto ingiustificata dalla redditività aziendale e in parte dovuta al buy back, ossia al fatto che la corporation compera le sue stesse azioni per farne salire artificialmente il prezzo. Insomma: ci sono ingredienti esplosivi che ricordano la bolla dei titoli informatici nel 2000. Qualora una di queste società (Apple, Meta, Tesla…) salti, può scoppiare la bolla.
 
6)    Il governo della Cina si è armato per destabilizzare il Dollaro e i T-bonds anche senza aspettare un siffatto evento, o perlomeno per esercitare un ricatto geostrategico su Washington: da anni non usa più il suo enorme avanzo commerciale per comperare T-bonds da tenere nelle riserve ufficiali presso la sua banca centrale, ma lo accumula come riserve ombra depositate in banche commerciali da esso controllate; l’ammontare è stimato  in  3 trilioni di USD  (Il Sole 24 Ore del 05/07/2023).
 
Abbiamo visto da dove potrebbe iniziare la catastrofe; ma da dove potrebbe invece iniziare la soluzione, o prevenzione?
         E’ molto semplice, e altrettanto rivoluzionario: si sarebbe già a buon punto se si correggesse l’attuale, illegittima, prassi di contabilizzazione applicata dai banchieri, per renderla conforme al Codice Civile e alle regole internazionali. Prestate attenzione: premesso che, nei nostri tempi, circa il 90% della liquidità è creato dalle banche non centrali con l’atto di erogare i prestiti (ossia le banche, quando prestano denaro, non lo prendono da proprie riserve ma lo creano contabilmente dal nulla con l’atto di scriverne l’importo sul conto di disponibilità del cliente); e premesso che in tal modo la banca, quando crea e presta denaro, “allunga” il proprio bilancio, cioè aumenta il proprio attivo patrimoniale, realizzando quindi un reddito (da creazione monetaria) – ciò premesso, i gestori della banca dovrebbero contabilizzare in bilancio questo reddito come utile, ma omettono di farlo; il che produce il seguenti effetti:
a) non pagano le tasse su tale reddito da creazione monetaria (la quale, in base ai bollettini semestrali della Banca d’Italia, ammonta in Italia mediamente a 1.000 miliardi l’anno – quindi risparmiano 500 miliardi di IRPEG circa a danno dello Stato e del contribuente);
b) creano per sé pari disponibilità di fondi extrabilancio, con cui compiere operazioni a loro discrezione, attraverso banche site nei paradisi fiscali come la Cayman Islands (presidiate dalla US Navy!);
c) indeboliscono patrimonialmente la banca (se il reddito da creazione monetaria fosse contabilizzato, non si sarebbero avuti i fallimenti bancari, da Lehman Brothers in poi);
d) a livello macroeconomico, facendo sparire una grande componente di attivo, creano un buco nero debitorio mondiale.
Se dunque si rettificasse e mettesse a norma la contabilizzazione degli utili delle banche, si avrebbe per converso il risanamento del debito pubblico, il risanamento delle banche in crisi, il calo delle tasse, ampie disponibilità di fondi per investimenti pubblici e privati, l’eliminazione del buco nero e la stabilizzazione della piramide finanziaria. Ma una tale operazione di rettifica minaccerebbe la stabilità dell’altra piramide, ossia della piramide del potere e del privilegio, che ancora ampiamente si basa e si regge sul privilegio occulto del reddito monetario non dichiarato. Il sistema bancario-monetario è stato costruito nel suddetto modo fraudolento proprio allo scopo di indebitare sempre più e irreversibilmente i governi e i cittadini, di renderli dipendenti, quindi di sottometterli e comandarli con la minaccia di vendere i loro titoli, di non comperarli più, di tagliare il rating, come fatto nel 2011 da Bundesbank e soci per far sostituire Berlusconi col loro agente Monti. Per inciso: i poveri Ucraini combattono e si sacrificano per la libertà e l’indipendenza da Mosca, ma così facendo si sono già cacciati in una dipendenza peggiore e più profonda, indebitandosi per generazioni e generazioni verso gli USA e l’UE per molte centinaia di miliardi di armamenti e aiuti. L’indipendenza e la libertà potranno ormai solo sognarle o cercarle nell’emigrazione.
Abbiamo però un illustre precedente di applicazione del metodo sopra auspicato: quello, riscoperto ma Marco Saba nelle sue ricerche di storia monetaria, delle AM Lire, che l’AMG (Allied Military Government).
Il governo alleato in Italia, iniziò a creare ed emettere nel 1944, e che l’AFA (Allied Financial Authority) contabilizzava come “receipts”, ossia incassi, nel bilancio di esercizio. A quel tempo, nel bilancio della Banca d’Italia, le AM Lire erano registrate correttamente, ossia tra le attività. E questo procedimento contabile fu stabilito non da qualche comunista, ma dagli USA, che lo introdussero perché bisognava ricostruire l’Italia, distrutta dalla guerra, e lo si poteva fare solo attraverso investimenti che funzionassero, aumentando la ricchezza del Paese, e che non si traducessero in un aumento del debito rispetto al PIL, cioè in un arricchimento dei banchieri. E ha funzionato: è un fatto storico, un precedente, che ci indica il metodo per ricostruire anche l’Ucraina, quando sarà il momento. Ma credo che i progetti degli attuali signori del Dollaro della NATO siano ben diversi.