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È in atto la guerra delle banche contro i popoli (e i governi stanno con le banche)

di Francesco Lamendola - 17/10/2018

È in atto la guerra delle banche contro i popoli (e i governi stanno con le banche)

Fonte: Accademia nuova Italia

Finalmente comincia a essere chiaro ad un discreto numero di persone quali siano i veri termini della questione: che le banche sono in guerra, e non certo da ieri, contro i popoli; e che i governi, in questa guerra, hanno scelto di schierarsi con le banche, per convenienza e servilismo. Il governo italiano attuale, formato da Lega e Movimento Cinque Stelle, è l’eccezione alla regola; un’altra eccezione, notevole, ma parziale, è quella del governo statunitense di Donald Trump. Entrambi sono sotto attacco, sin dal primo istante: il loro crimine, imperdonabile, è quello di essere nati: le banche non glielo perdoneranno, né glielo possono perdonare. Se lo facessero, il sistema mondiale dell’usura comincerebbe ad andare in pezzi. Gli Stati Uniti sono gli Stati Uniti, cioè la sola superpotenza globale rimasta in lizza dopo la fine della guerra fredda. Quanto all’Italia, sulla scala dell’Unione europea è un Paese di grandi dimensioni e una delle maggiori economie del continente: se riesce a scrollarsi il giogo dal collo, l’Unione va in frantumi, e con lei la Banca centrale europea. Inaccettabile, inammissibile. Ed ecco i quotidiani attacchi, le minacce, gli insulti dei tecnocrati di Bruxelles. Moscovici: In Italia ci sono tanti piccoli Mussolini. Lagarde: L’Italia sta facendo esattamente il contrario di quel che le avevamo consigliato di fare. Juncker: L’Italia non sta rispettando la parola data. Per non parlare di Draghi, italiano al servizio del capitale privato dell’eurozona: ma in realtà straniero, perché quel genere di persone non ha patria. La loro patria è il portafoglio. Non sono parole al vento: quei signori sanno che, ogni volta che aprono bocca per dire simili cose, lo spread sale: le loro parole sono le armi di cui si servono le banche per piegare l’Italia “ribelle”. Ogni nuova uscita di Draghi & Soci vale qualche milione di euro del bilancio che si volatilizzano. Sono avvertimenti mafiosi e sono attacchi senza scrupoli dal significato chiarissimo: Tornate nei ranghi o la pagherete cara. Ora, è vero che lo spread è fatto di niente, è aria fritta; il guaio è che anche la finanza mondiale è fatta di aria fritta, e tuttavia esercita un potere totalitario. Siamo nel Grande Truman Show, non scordiamocelo mai: pertanto, finché si resta al suo interno, valgono le sue regole; anche se, vista dal di fuori, è tutta una finzione. In altre parole, anche se lo spread misura una mera “percezione” dei mercati, cioè delle banche stesse nei confronti del sistema economico di un Paese, tale percezione ha effetti concreti. Quali? Il taglio della liquidità da parte delle banche – e ciò a dispetto che il denaro attualmente in circolazione sia tantissimo, più di quanto ce ne fosse mai stato in passato. Nel nostro caso, la Banca centrale europea può decidere di non fornire più denaro all’Italia, per “punirla” di avere uno spread troppo alto, cioè, in realtà, per punirla di aver voluto scuotere il giogo. Come ha fatto con la Grecia, che si è sottomessa. E se la Banca centrale europea non ci eroga la liquidità, succede che le banche italiane non possono più pagare i loro clienti: i risparmiatori si vedono bloccati i loro conti correnti. Come è successo in Grecia. Un meccanismo infernale, che finanzia le banche e impoverisce i poveri; per essere più precisi, che deruba i piccoli risparmiatori dei loro sudati risparmi. Si tratta di una gigantesca operazione di saccheggio, destinata a trasferire nelle casse delle grandi banche il risparmio privato, dopo averlo rastrellato con metodi ricattatori e banditeschi. Perciò, quando Juncker o qualche altro burocrate della UE alludono al caso greco, mentre si parla dell’Italia, non gettano parole a caso: stanno creando i presupposti per infliggere all’Italia la stessa “medicina” che hanno somministrato alla Grecia. E quando dicono che ogni allusione del governo italiano a una possibile uscita dell’Italia dall’eurozona fa salire i tassi d’interesse dei titoli di Stato, oltre a intromettersi in maniera intollerabile nella politica interna di uno Stato sovrano, stanno facendo volutamente salire quei tassi: e hanno la sfrontatezza di attribuirne la responsabilità al nostro governo. È la vecchia storia del lupo e dell’agnello: è l’agnello che sporca l’acqua che il lupo vorrebbe bere, anche se l’agnello  si trova a valle e non a monte. Tanto più che i titoli di Stato sono venduti in una maniera assurda: mentre i vecchi BOT e CCT si rivolgevano quasi solo ai risparmiatori italiani (per cui il debito restava in pancia al nostro Paese, e ciò era un bene) con tassi d’interesse prestabiliti, ora i titoli di Stato del debito pubblico vengono messi all’asta, li comprano le banche, anche quelle straniere, e fissano loro il prezzo. Condizioni migliori per le banche, e peggiori per i cittadini, non sarebbe possibile immaginarle. Qualcuno lo ha deciso, e qui la responsabilità, evidentemente, è di natura politica. Giungiamo così al secondo punto del nostro enunciato: i governi degli Stati, nella fase attuale, altro non sono che i volonterosi maggiordomi delle grandi banche. Le banche centrali detengono il monopolio nell’emissione del denaro, quindi, cioè in pratica la sovranità monetaria degli Stati - o, nel caso dell’Unione europea, di un intero gruppo di Stati; fissano anche le regole del gioco, cioè le condizioni di vendita dei titoli di Stato, e le fissano, con tutta evidenza, secondo il proprio tornaconto di banche private, finalizzate esclusivamente al profitto. I governi, che in teoria dovrebbero difendere gli interessi dei cittadini e, in pratica, dovrebbero almeno intervenire nel fissare le regole del gioco fra le banche e i risparmiatori, non muovono un dito, se non per difendere le banche e per correre al loro salvataggio, quando le loro manovre speculative sfociano in un crack. Per i piccoli risparmiatori derubati dei loro sudati risparmi, niente. Ora diventano anche più chiari i sottintesi dei numerosi interventi del presidente Mattarella, da quando si rifiutò di controfirmare la nomina di Paolo Savona a ministro dell’Economia, a quando si incontra in forma privata con Draghi e poi ammonisce, un giorno sì e un giorno pure, che gli italiani hanno una sola maniera di tutelare i loro risparmi e i loro legittimi interessi: restare nell’euro e accettare le ricette di Bruxelles. Appunto: quelle che Christine Lagarde lamenta essere state disattese da parte del governo Conte. Che ingrati questi italiani: non capiscono neanche che quei consigli la Banca centrale europea li dà nel loro interesse. Già: peccato solo che gli ultimi quattro governi, succeduti al colpo di stato di Bruxelles che sbalzò di sella Berlusconi a colpi di spread – Monti, Letta, Renzi e Gentiloni: guarda caso, nessuno dei quali eletto dal popolo - abbiano applicato quei consigli con la massima buona volontà, ma che ciò non abbia migliorato di un millimetro la situazione economica del nostro Paese. Forse perché quei consigli si possono riassumere in un unico concetto: austerità. Per sette anni, l’Italia ha cercato di curare la propria economia con la ricetta dell’austerità, fervidamente raccomandata da Bruxelles, nonché da Napolitano e poi da Mattarella, per non parlare dei vari burocrati nostrani, da Boeri alla Corte dei conti. Risultato: zero. Il debito ha continuato a crescere, nonostante i tagli incessanti alla spesa pubblica. O forse dovremmo dire: proprio a causa di quei tagli? Una cosa è certa: quando l’economia di un Paese è in recessione, curarla con l’austerità, cioè coi tagli alla spesa pubblica, equivale a un suicidio. Abbiamo fatto la prova: ci siamo sforzati, da bravi e diligenti scolaretti, a seguire le ricette di Bruxelles. Abbiamo ingoiato anche le ironie, le frecciate, le battute sprezzanti, perché, pur impegnandoci al massimo, non facevamo mai abbastanza, i nostri forzi non erano mai sufficienti. Gli incontentabili maestri di Bruxelles continuavano a storcere il naso: Questi benedetti italiani, che razza di gente indisciplinata, ma quando impareranno a tenere i loro conti in ordine? Hanno fatto per anni la bella vita (?) e ora pretenderebbero di risanare la loro situazione in quattro e quattr’otto. Eh, calma, ce ne vuole, prima che possano rimettere in sesto la loro economia! Nel frattempo, francesi e tedeschi si spartivano il bottino delle esportazioni da cui ci hanno esclusi, perché con la moneta unica calibrata sul marco tedesco, ma con sistemi fiscali disuguali, e con le imprese italiane sottoposte a una tassazione di tipo sovietico, era logico che così dovesse andare; che l’Italia, da primo Paese esportatore della zona euro prima del 2000, venisse surclassata dalle sue rivali. Per questo ci hanno fatto il ”favore” di accoglierci nell’euro, nonostante il debito e nonostante gli altri indici economici non proprio a posto secondo gli standard fissati. Ma i nostri politici, allora come oggi, dicevano terrorizzati che in Europa bisognava assolutamente entrare, che con la nostra liretta saremmo andati subito a fondo, che se non avessimo preso il treno per Bruxelles saremmo sbarcati nel Terzo Mondo. Be’, è proprio quello che sta accadendo: stiamo approdando nel Terzo Mondo. Dal 2011 abbiamo perso un terzo della nostra produzione industriale. Ogni giorno chiudono decine di piccole e medie imprese; alcune falliscono semplicemente perché lo Stato, che è il loro committente e il loro debitore, non onora gli impegni e non paga le commesse; e intanto le banche non aspettano, vogliono i loro soldi e subito. È così che decine di aziende sane sono state portate al fallimento. Forse che ciò a Bruxelles dispiace? Al contrario: guarda caso, è una piega delle cose che favorisce proprio gli acquirenti francesi e tedeschi: vengono a fare shopping in Italia e si portano a casa le migliori aziende, pagandole quattro soldi, perché sono fallite o stanno fallendo a causa di responsabilità che non sono loro. I francesi, specialmente, sono disposti ad andare anche più in là: come quando hanno attaccato Gheddafi perché la Total potesse prendere il posto dell’Eni nell’estrazione del greggio libico. E ci hanno pure costretto ad unirci alla coalizione che bombardava la Libia: il danno e la beffa. Certo, allora al governo c’era un Berlusconi al tramonto, anche per faccende tutte sue: faccende di letto e di  lenzuola, piccanti ma del tutto estranee alla politica, e soprattutto all’interesse del popolo italiano. Ora c’è un governo con la schiena dritta, e speriamo che la musica sarà diversa: che non calerà le braghe al primo starnuto di Juncker o al primo colpo di tosse di Moscovici. Tutta gente, questa, che ha i mesi contati, perché a primavera, quando si voterà per rinnovare il Parlamento europeo, probabilmente sparirà. Intanto, però, forti del loro nulla, costoro alzano la voce, fanno gli arroganti. Finora ha sempre funzionato: perché non dovrebbe funzionare ancora?, pensano. Fino a ieri, a Roma c’era un Gentiloni che riceveva George Soros con tutti gli onori, come fosse un rispettabile capo di Stato, e non il re dei banditi della finanza internazionale: come mai adesso l’Italia punta i piedi? Sono talmente sicuri di spazzar via ogni resistenza, che non si sono neanche accorti della portata del fenomeno. Altro che tanti piccoli Mussolini: in Italia sta nascendo una cosa nuova, epocale, che li spazzerà via. Sta nascendo la riscossa dei popoli europei contro le oligarchie finanziarie, di cui loro sono gli squallidi agenti. I popoli si stanno svegliando e si sono accorti che le banche li stanno rapinando. Si sono anche accorti che le élite finanziarie hanno programmato l’invasione islamica dell’Europa e che la stanno attuando, con l’incredibile finzione dell’accoglienza umanitaria, al vero scopo di far crollare il costo del lavoro con una offerta incontrollata, che sarà l’ultimo chiodo sulla bara dei lavoratori europei. E i popoli stanno cominciando a dire no.

Questa guerra delle banche contro i popoli parte da lontano. Non staremo a rifare la storia d’Europa, anche se possiamo ricordare una data chiave, il 1694, quando venne fondata la Banca d’Inghilterra: la prima banca centrale europea, pilastro del sistema della finanza usuraia. Da quel momento, le banche non hanno fatto che crescere in potenza e ricchezza, perché padrone dell’emissione del denaro, mentre per i popoli è cominciato il declino. Per venire a tempi assai più recenti, si sa che qualcuno ha definito la Seconda guerra mondiale la lotta dell’oro contro il sangue: il concetto è sempre lo stesso. Purtroppo è stato espresso dalla parte perdente, poi acriticamente demonizzata per volontà dei vincitori, tanto che ripetere quel concetto è diventato più o meno apologia del nazismo e del fascismo. E infatti, cosa dicono i progressisti europei odierni, i Macron, i Renzi, i Martina? Dicono: attenti ai populismi, ai sovranismi: sono il ritorno del fascismo, oltre che del razzismo. Bei progressisti: l’Europa che difendono a spada tratta è l’Europa dei banchieri e degli invasori africani. Per i voti alle prossime elezioni contano su questi ultimi; per i finanziamenti, contano sui primi. Lo hanno sempre fatto e continuano a farlo. Sono disposti a qualsiasi bassezza: le parole di odio che lanciano contro il governo, l’incitamento alla ribellione rivolto a studenti (figli di papà) e immigrati clandestini, la loro difesa a spada tratta di sindaci trafficoni e disonesti, ma “campioni dell’integrazione”, le loro sceneggiate con le magliette rosse ogni volta che arriva una nave carica di clandestini e il governo cerca di porvi un freno, sono prove di guerra civile. Hanno il gusto del sangue, ce l’hanno dal ’68, nel cui mito (idiota e cialtrone) sono cresciuti. Non hanno alcuna dignità: arrivano a dire che Bruxelles ha ragione e che il governo Conte vuol portare l’Italia nel baratro. Come se gli italiani non avessero visto e sperimentato in che modo loro lo stavano portando fuori. Hanno due alleati non certo secondari, Berlusconi e la Chiesa di Bergoglio: alleati stranissimi, inverosimili, eppure li hanno. Mediaset si spreca nel dedicare servizi entusiastici alla neochiesa immigrazionista e nel dar voce ai cascami della sinistra, generali senza esercito né onore, ma soprattutto senza idee. E tutti i mass-media sono dalla loro parte. Chissà come mai. Voi che ne dite?