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È l’occidente a essere isolato, non la Russia

di Pino Arlacchi - 02/11/2022

È l’occidente a essere isolato, non la Russia

Fonte: Il fatto Quotidiano

Dopo il Covid, non ci voleva proprio. La paranoia è una brutta malattia, che ha colpito l’Occidente dopo l’invasione russa dell’Ucraina devastando il contatto con la realtà dei suoi governi e dei suoi media. Entrambi credono di parlare in nome del mondo, e di avere intrapreso uno scontro estremo con la Russia per difendere regole di democrazia e di giustizia universali, condivise dall’intero pianeta.
È un peccato che il resto del mondo non la pensi affatto così. La dura evidenza dimostra che sia il blocco euroamericano e non la Russia a essere isolato come non mai. Dopo aver condannato senza esitazione la violazione della sovranità dell’Ucraina in sede Onu, quasi il 90% degli Stati membri hanno rifiutato di schierarsi con la Nato in una crociata antirussa. Gli unici a porre la questione in termini apocalittici – di lotta tra valori supremi e tra civiltà e barbarie – sono rimasti perciò i Paesi dell’Alleanza atlantica e pochi altri. Al di fuori dei soci Nato e dei tradizionali partner americani in Asia orientale, nessun Paese ha accettato di inviare aiuti militari all’Ucraina, o di imporre sanzioni alla Russia. Parlo delle nazioni dell’Africa, del Centro e del Sudamerica, del Centro e del Sud dell’Asia. Come notano sconfortati Gfoeller e Rundell su Newsweek, “l’87% della popolazione del mondo ha declinato di seguirci” (15.09.22). La guerra in corso è una questione limitata a tre attori: l’Occidente atlantico, la Russia e l’Ucraina. Il resto del pianeta, è rimasto a guardare, e perfino i governi satelliti degli Usa hanno respinto le pressioni di Biden verso la punizione della Russia.
Quando tutti i principali Stati extra-europei eccetto il Giappone – dal Messico, all’Indonesia, al Pakistan, all’India, al Brasile, al Sudafrica, e perfino a Israele e all’Arabia Saudita – si dissociano dallo Zio Sam, significa che qualcosa di profondo è cambiato nelle relazioni internazionali. E che non ci sarà alcuna nuova guerra fredda né terza guerra mondiale per assenza di materia prima. Quanti sono disposti a perire per la Nato? Lo scontro tra Nato e Russia non si allargherà perché la lettura del conflitto che prevale nel pianeta è quella di una questione sub-regionale come le altre, da affrontare tramite i soliti strumenti del cessate il fuoco, del negoziato e dell’accordo di pace. Molti Paesi detestano l’invasione dell’Ucraina, ma la bilanciano con altre preoccupazioni. Temono le conseguenze delle risposte occidentali al comportamento della Russia più di quanto temano la Russia. Non si fidano della capacità dell’Occidente di gestire le ricadute economiche della guerra sugli Stati non belligeranti. E sono esterrefatti dall’imposizione di sanzioni contro la Banca centrale russa: un’arma inventata da Mario Draghi che temono un giorno venga usata contro di loro.
Il mondo è multipolare da più di trent’anni. Nel 1989 non è caduto solo il comunismo sovietico. Il tentativo di dividerlo nuovamente in due campi – liberal-democrazie pro-Usa contro tirannie pro- Cina e pro-Russia – è una operazione politica votata alla sconfitta. Perché si sono capovolti i rapporti di forza: gli Usa detengono solo il 4,2% della popolazione mondiale e solo il 16% del Pil globale, contro il 50% del 1950. Il Pil dei Brics (Cina, Brasile, Russia, India e Sudafrica) supera ormai quello dei G7. La cui popolazione è solo il 6% di quella globale, contro il 41% dei Brics. Secondo i dati 2022 del Fondo monetario internazionale, i Paesi “emergenti e in via di sviluppo” producono ormai il 58% del Pil planetario misurato in termini di potere di acquisto, contro il 30% dei G7.
L’Università di Cambridge ha appena pubblicato uno studio sui sondaggi mondiali di opinione. Lo studio è accuratamente fazioso, perché forza i dati dentro uno schema Occidente liberale-resto del mondo illiberale. Ma esso non può fare a meno di documentare una bruciante sconfitta del campo cosiddetto “liberal-democratico”: il 70% dei 6,3 miliardi di persone che vivono nei 137 Paesi “illiberali” considerano la Cina in maniera positiva, e il 66% degli stessi vedono la Russia nello stesso modo. L’opposto accade nel campo “liberale”, dove il 75% non ama la Cina e l’84% la Russia. Ma si tratta di 1,2 miliardi di individui contro 6,3 (https://www.bennettinstitute.cam.ac.uk/). La proporzione, quindi, è di 5 a 1 a favore della Russia e della Cina. Questo risultato è coerente con quello di un sondaggio del 2021, commissionato da una fonte anch’essa ultra-atlantista quale l’Alliance of Democracies Foundation: quasi la metà (44%) degli interpellati di 53 Paesi considerano gli Stati Uniti come una minaccia alla democrazia del loro Paese più grave di quella cinese (38%) o russa (28%) (cfr. P. Wintour in The Guardian, 5.04.21). Quanto ci costeranno terapia e riabilitazione post-paranoia?