È scientificamente provato che a Gaza c’è un genocidio
di Alessandro Orsini - 09/09/2025
Fonte: Il Fatto Quotidiano
Definizione. Per l’Onu è “il fatto di sottoporre deliberatamente a condizioni di vita intese a provocare distruzione fisica, totale o parziale”
Espongo qui la mia tesi sul genocidio a Gaza. Preliminare è la distinzione tra “sterminio” e “genocidio”, che ho anticipato durante la puntata di Accordi e Disaccordi del 31 maggio 2025. La parola “sterminio” indica l’uccisione di un grande numero di individui senza riguardo per le loro caratteristiche individuali di razza, nazionalità e religione. La strage del Bataclan del 13 novembre 2015 è stato uno sterminio perché i terroristi dell’Isis hanno sparato all’impazzata contro chiunque capitasse a tiro. Quei terroristi non avevano l’intenzione di estinguere un gruppo etnico in particolare.
E il genocidio? Il genocidio è un tipo particolare di sterminio che mira a distruggere completamente o parzialmente un gruppo etnico sotto la guida di un’ideologia violenta che definisce l’identità delle vittime per renderle riconoscibili pubblicamente.
Dal punto di vista teorico, il genocidio può esistere anche senza spargimento di sangue con le armi. Ad esempio, privare un gruppo etnico del cibo, dell’acqua e delle medicine, provocando la morte di tutti i suoi membri o di una sua parte, è un genocidio senza spargimento di sangue. L’affermazione secondo cui “Israele non sta compiendo un genocidio perché ha ucciso con le armi solo 60.000 palestinesi in 20 mesi” muove dal presupposto errato che il genocidio comporti necessariamente un estesissimo spargimento di sangue in poco tempo, ma non è così.
Il genocidio non richiede obbligatoriamente che un governo provochi la morte diretta delle vittime. Uno Stato può realizzare un genocidio anche causando la morte indiretta dei membri del gruppo vittimizzato nei decenni. È ciò che chiamo il “paradosso della violenza estrema”. Da una parte, il genocidio è la massima forma di violenza politica; dall’altra, può essere compiuto anche senza spargimento di sangue. In Genocide in international law: the crime of crimes, William Schabas ha definito il genocidio come “il crimine dei crimini”. Ebbene, “il crimine dei crimini” può essere un crimine senza l’impiego delle armi lungo un arco temporale molto esteso.
Quanto detto finora vale sotto il profilo teorico. Sotto il profilo storico, i genocidi realmente esistiti sono stati causati da un misto di morti dirette e di morti indirette.
Una volta in possesso di questa distinzione fondamentale, abbiamo un primo strumento per riconoscere i difetti logici che affliggono il dibattito pubblico in Italia sul genocidio al fine di ragionare in modo più rigoroso sulla violenza politica a Gaza. La logica è lo studio del ragionamento. Ragionare significa porre le conoscenze in relazione. Se le nostre conoscenze sono errate, confuse o carenti, i nostri ragionamenti risulteranno deboli.
Dopo aver spiegato la distinzione tra sterminio e genocidio, introduco un secondo strumento per riconoscere i difetti logici del dibattito sul genocidio in Italia. Parlo della distinzione tra “genocidio per estinzione” e “genocidio per distruzione”.
Il genocidio per estinzione prevede l’uccisione completa dei membri di un gruppo etnico. Il genocidio per estinzione non esiste nella realtà storica. Nessun governo contemporaneo è mai riuscito a sterminare il cento per cento dei membri di una popolazione.
Il genocidio per distruzione non prevede l’eliminazione completa di un popolo, bensì il suo annullamento come soggetto storico. Cosa significa? Distruggere un popolo come soggetto storico significa: 1) estinguere la sua volontà politica; 2) distruggere i mezzi materiali per il raggiungimento dei suoi fini.
Come insegna Talcott Parsons, la motivazione è l’energia che spinge gli individui ad agire. I popoli che perdono la motivazione e i mezzi materiali per perseguire i propri scopi collettivi cessano di esistere come soggetto storico. Un popolo è un soggetto storico quando è in grado di decidere per sé. Per distruggere un popolo come soggetto storico, occorre gettare nella prostrazione psicologica i suoi membri e distruggere i loro beni materiali, a partire dalle loro case.
Il genocidio per distruzione prevede una combinazione di distruzione materiale e di annichilimento psicologico.
Un caso di popolo “distrutto” sono gli indiani d’America.
Il genocidio può consistere anche nella distruzione parziale di un popolo? Sì, secondo la Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio dell’Onu (1948). Il genocidio non prevede necessariamente l’uccisione di tutti i membri di un gruppo etnico. Se il criterio per riconoscere il genocidio fosse l’eliminazione completa di un popolo senza nemmeno un superstite, le conseguenze immediate sarebbero due. La prima è la negazione del genocidio nazista del popolo ebraico, dal momento che molti ebrei sono sopravvissuti e hanno fondato uno Stato. La seconda conseguenza è che nessuno potrebbe prevenire il genocidio dal momento che questo crimine potrebbe essere riconosciuto solo dopo il suo compimento. Ecco perché, in questo brano, l’Onu ha precisato che il genocidio è anche la distruzione “parziale” di un popolo. Il genocidio è: “Il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale”.
Tra l’11 e il 25 luglio 1995, le unità dell’esercito serbo di Milosevic uccisero 8.000 bosgnacchi o musulmani bosniaci nella città di Srebrenica. Nel febbraio 2007, una sentenza della Corte internazionale di giustizia dell’Onu ha stabilito che il massacro di Srebrenica è stato un genocidio perché è stato commesso con l’intento di distruggere il gruppo etnico dei bosgnacchi. Il 23 maggio 2024, l’Assemblea generale Onu ha proclamato l’11 luglio Giornata internazionale di riflessione sul genocidio di Srebrenica. Come appare evidente, il genocidio è anche lo sterminio parziale di un gruppo etnico.
Nel dibattito pubblico in Italia, gli “amici d’Israele” richiamano sempre l’attenzione sulle differenze tra gli ebrei sotto Hitler in Germania e i palestinesi sotto Netanyahu a Gaza.
Capovolgo questa impostazione. Anziché ragionare sul genocidio in termini di differenze, ragiono in termini di somiglianze. In altre parole, sostituisco un metodo con un altro. Sostituisco il “metodo negativo” degli amici d’Israele con il “metodo positivo” di Auguste Comte, il fondatore della sociologia. Il metodo negativo concentra l’osservazione sui fatti assenti a Gaza. Liliana Segre incarna perfettamente il metodo negativo quando dice: “A Gaza è assente questo fatto che, invece, è presente nel genocidio nazista”. La sociologia nasce per osservare quello che si presenta davanti ai nostri occhi. Osservare quello che non c’è non è un buon metodo scientifico.
Il metodo positivo concentra lo sguardo sui fatti presenti, i fatti che ci sono, i fatti che l’osservazione coglie con gli strumenti delle scienze sociali. Osservando, diventa evidente che l’azione d’Israele a Gaza presenta i cinque fatti che troviamo in tutti i genocidi, ovvero: 1) l’intenzionalità; 2) l’organizzazione; 3) la smisuratezza delle uccisioni; 4) la distruzione delle “sorgenti della vita”; 5) un’ideologia disumanizzante che criminalizza un popolo intero.