Emozioni, scelte e realtà. Oppure magia.
di Lorenzo Merlo - 09/11/2025

Fonte: Lorenzo Merlo
Se alla vita corrisponde un’emozione, se alla mortificazione dell’emozione di base, identitaria, di che siamo o crediamo di essere, come quando le aspettative note e ignote vengono deluse, corrisponde una variegata depressione esistenziale, così possiamo essere attraversati da emozioni di esaltanti che, come una tempesta solare, burrasca oceanica e terremoto terrestre in schiatta umana interrompe e modifica lo stato che stavamo vivendo, non necessariamente di quiete.
Affinché ciò possa accadere, seguendo l’ordine di Paracelso – colui che, scientificamente inascoltato, ci ha fatto presente che per attecchire, la malattia richiede un terreno idoneo al proprio seme – è necessaria la presenza in noi di un’esigenza ospitante latente e per lo più inconsapevole. Un’esigenza che, necessariamente, riflette la nostra natura, concezione del mondo, dell’altro, di noi, disvelamento – per chi è in grado di vederlo –dell’alchimia del nostro terreno.
L’evento che scatena un’emozioni terremoto, burrasca e tempesta, al pari di un magnete orienta a sé l’attenzione, ottiene accredito e seguito. Il precipitare di una frana, la battuta di spirito, un trauma ne sono campioni tra gli innumerevoli a disposizione. Lo sono anche il capo, il comandante, il maestro, la star del cinema e del rock, il modello ideale, quando sono tali non per titolo di qualsivoglia schiatta, ma perché noi stessi li accreditiamo in quel modo, sottomettendoci così al loro potere magico.
Quanto finora affermato è disponibile in analogiche alternative. Si può, infatti, sostituire il concetto emozione, con quello di bello, di energia, di fascinazione, di risonanza o di trauma, delusione, riluttanza, alieno. In termini di cambio di stato, si tratta di alternative equipollenti che corrispondono a una frequenza vibratoria, che si sovrappone o si integra a noi o che, non si sovrappone e ci disintegra.
In ambo i casi, come una cartina di tornasole, dimostra la coagulazione di una nostra esigenza, limite e condizione. In ambo i casi non avremo modo di agire consapevolmente, considerando l’evento in termini assertivi, ma reagiremo secondo gli obblighi emozionali, ovvero di difesa di noi stessi, della nostra condizione, del nostro limite, della nostra esigenza. Più precisamente, della nostra presunta identità o, ancora meglio, della nostra reale identificazione con ideologie di schiatta varia.
Nella reazione imposta dall’emozione ci si trova in un tubo universale nel quale il libero arbitrio o, meglio, l’ampiezza di vedute, viene meno. Accade così anche nel branco umano al momento della bravata e in quello animale per elevare la forza individuale a quella del gruppo. Accade negli scontri all’arma bianca, nel delirio sotto il palco del divo, tra assolutamente estranei che, al momento della rete della loro squadra gioiscono insieme come fratelli. Ma anche, accade sempre, vitanaturaldurante.
È in questo la magia o emozione o salto quantistico: cambiare stato intimo, spostare il punto di attenzione senza avvedersene, credendo, alla stregua di un inconsapevole montaggista, di seguire una continuità che corrisponde al mondo oggettivo, mentre è di fatto un collegamento tra istanti adatti a raccontarne uno a nostra immagine e somiglianza, a noi corrispondente.
Per cause di questo tipo, cioè emozionali, le imprese e i racconti di queste di Walter Bonatti e Reinhold Messner richiamavano tutto il popolo dell’alpinismo, lasciando in ogni componente di quella moltitudine, un sentimento, salvo eccezioni, favorevole, quindi un legame che, per sussistere e alimentarsi, non aveva bisogno di materialità alcuna, come a voler evidenziale che c’è un mondo al di là di quello misurato dagli scienziati.
Anche Bonatti e Messner non sono che due tra gli innumerevoli esempi utili per concludere che le emozioni che viviamo eleggono alcune realtà e ne disdegnano altre, quale premessa per fare presente che l’autoreferenzialità della realtà che raccontiamo è assoluta, inclusa quella che ci è resa dall’emozione dello scienziato.
Crediamo di essere ora questo, ora quello, ignari di non essere altro che un soffio di vanità nei confronti della magia dei terremoti, delle burrasche e delle tempeste.
“Come sempre nella scienza, usiamo approssimazioni e idealizzazioni. La realtà ha innumerevoli variabili, noi ci concentriamo su quelle poche che sono significative per ciò che vogliamo studiare” (Carlo Rovelli, Sull’eguaglianza di tutte le cose – Lezioni americane, Milano, Adelphi, 2025, p.91-92).

