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Quando descrivere la realtà diventa un crimine

di Francois Bousquet - 09/11/2025

Quando descrivere la realtà diventa un crimine

Fonte: Giubbe rosse

Jean-Eudes Gannat non ha rapinato una banca, accoltellato un passante o dato fuoco a una stazione di polizia. Ha girato un video di ventiquattro secondi davanti a un supermercato rurale Leclerc nel Maine-et-Loire, che mostra un gruppo di afghani seduti fuori dal negozio. Ventiquattro secondi, una frase ironica e questa didascalia ritenuta blasfema dai tribunali: “Stanchi di vivere con i cugini dei talebani in mezzo al nulla”. Risultato: fermo di polizia, incriminazione per “incitamento all’odio razziale”, divieto parziale di utilizzo dei social media e sorveglianza giudiziaria fino a maggio 2026. Lo Stato ha sciolto Alvarium, l’organizzazione identitaria con sede ad Angers creata da Jean-Eudes Gannat, ma persegue i suoi ex membri con lo stesso zelo burocratico di chi si occupa di terroristi. In un’epoca in cui i recidivi si muovono liberamente e l’insicurezza dilaga, filmare i migranti è diventato un crimine contro la Repubblica. “È proibito descrivere la realtà”, ha riassunto Gannat prima di essere condotto alla stazione di polizia.

Se c’è qualcosa di veramente marcio nello stato francese, è la nostra “giustizia”. Ecco la prova: Jean-Eudes Gannat è stato posto sotto sorveglianza giudiziaria fino a maggio, in attesa del processo. È già stato condannato a un mese di silenzio stampa, sotto la minaccia di custodia cautelare. Il suo crimine? Aver scritto “il tuo nome… libertà”, come nella poesia di Éluard, scritta nel 1942. Durante un’altra occupazione.

Colonizzazione silenziosa

Chi è Jean-Eudes Gannat? Prima di tutto, un soldato in prima linea. Un padre di famiglia, un imprenditore, un attivista, ma anche un giornalista, in particolare per Éléments, dove ha scritto reportage dalle zone più remote

dell’Hindu Kush, al confine tra Pakistan e Afghanistan. Una regione che conosce infinitamente meglio del magistrato che lo perseguita senza sosta con la furia di un meschino impiegato vestito di rosso in una sottoprefettura.

Attraverso di lui, è la libertà, compresa la libertà di stampa, a essere imbavagliata con zelo orwelliano. “In tempi di inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario”, ha scritto l’autore di 1984. Eccoci qui. Per essersi limitato a mostrare l’invasione migratoria che raggiungeva anche gli angoli più remoti del Maine-et-Loire, filmando afghani che non hanno nulla a che fare con questo paese (e che, per giunta, non fanno altro che colonizzarci), Jean-Eudes è stato arrestato dalla polizia da un piccolo moscerino di provincia in toga nera che si spaccia per il Fouquier-Tinville della coesione sociale. Un piccolo magistrato che non sopportava che Jean-Eudes definisse questi nuovi arrivati ​​come “cugini dei talebani”. Sacrilegio! Un crimine contro il multiculturalismo! La sentenza è stata pronunciata, grottesca: “incitamento all’odio razziale”. Trovate il punto debole in questa logica.

Mi dispiace, signori della giuria: se Jean-Eudes Gannat ha parlato di “cugino”, non era lontano dalla verità. Se c’è un paese in cui tutti sono più o meno imparentati, talebani o no, è l’Afghanistan, uno dei campioni mondiali di consanguineità: quasi il 50%, secondo dati scientifici.

La giustizia al servizio della Sharia

Al ritmo con cui si diffonde la repressione giudiziaria, finiremo per rimpiangere i giorni in cui Jean Valjean veniva mandato in galera per un tozzo di pane, o quando una lettre de cachet ti mandava a marcire a Vincennes o alla Bastiglia. La giustizia sotto Macron è ancora peggio: in nome della libertà, ci priva della più fondamentale di tutte: la libertà di criticare.

Per noi non esiste uno stato di diritto. Lo stato di diritto sta silenziosamente preparando la strada all’introduzione della Sharia in Francia. Uno studio del Pew Research Center del 2013 lo afferma chiaramente: il 99% degli afghani sostiene la Sharia e l’85% sostiene la lapidazione per adulterio. Questa non è né una fantasia né un pregiudizio, ma una statistica.

L’unico diritto che ci rimane, noi, popolo storico, è quello di tacere e subire in silenzio la nostra colonizzazione. Per l’occupante, lo stato di diritto. Per noi, lo stato di eccezione.

Nel frattempo, una bisbetica extracomunista, sospettata di furto, insulta la polizia: “Che Allah vi maledica, lo giuro, fottuti cani, andate a farvi fottere. Razzisti!”. Verdetto? Nulla. Nemmeno l’ombra di un’azione penale. Tipico: qui, solo i francesi sono responsabili. I Jean-Eudes Gannat di questo paese. La giustizia ha scelto da che parte stare. E non da noi.

revue-elements.com  —   Traduzione a cura di Old Hunter