Tra utopia e hybris
di Rita Remagnino - 09/11/2025

Fonte: EreticaMente
Lo gnosticismo radicale (materia = male/corruzione, spirito = purezza/divino) conobbe un calo quasi fisiologico durante la crisi religiosa e culturale europea del Quattro-Cinquecento, responsabile dell’idea secondo cui l’uomo poteva realizzarsi autonomamente, senza dipendere da un Superiore per liberarsi dal ciclo di reincarnazione e dalla schiavitù del mondo materiale.
Fu allora che il focus si spostò dall’anima alla coscienza, divenuta il luogo in cui l’essere umano poteva esercitare la propria libertà, costruendosi un’identità tramite la volontà individuale. In Oratio de hominis dignitate (1486), Pico affermò che l’uomo poteva plasmare se stesso attraverso le proprie scelte: “Non ti ho fatto né celeste né terreno, mortale né immortale, perché di te stesso libero artefice ti plasmassi e ti scolpissi nella forma che avresti prescelto.“
Non più concetto teologico (come nella Scolastica medievale), bensì fulcro di una nuova antropologia in cui l’essere umano era concepito come artefice del proprio destino, la coscienza iniziò così a guidare l’individuo verso l’auto-modellamento, accantonando alcune certezze ritenute fino a quel momento incrollabili.
La concezione di una realtà conoscibile solo attraverso il filtro della mente umana, dunque, chiuse l’epoca precritica (metafisica dogmatica), diede il benvenuto al soggetto moderno e aprì la strada alla filosofia contemporanea: da Cartesio (cogito) a Kant (autonomia della ragione pratica). Fino a John Locke, secondo il quale “la coscienza accompagna sempre il pensiero ed è ciò che fa di ognuno sé stesso” (J. Locke, Saggio sull’intelletto umano, libro II, cap. 27, Bompiani, Milano, 2004).
Il bisogno di «conoscenza salvifica», però, non arretrò.
Nel tentativo di attualizzarlo, si mescolò lo gnosticismo antico con nuovi elementi, ricavandone una specie di gnosi spuria o “pseudo-gnosi” che coinvolse certi misticismi rinascimentali, alcuni rami dell’ermetismo e varie sette. Proprio in questo sottobosco senza dogmi, ma ancora avvolto in un’aura di mistero, trovò casa l’individualismo moderno, incoraggiato nel Nordeuropa dalla forte ascesa della classe mercantile.
A partire da questo momento, la ricerca del proprio benessere attraverso il profitto smise di essere un peccato di avidità – come nel cristianesimo tradizionale e nell’ortodossia – per trasformarsi in una forza naturale e legittima (Hobbes). Ormai la virtù non stava più nell’ascetismo o nell’obbedienza all’autorità religiosa, bensì nel successo mondano (cioè, nel business e nel commercio), interpretato come un segno visibile della Grazia del Signore, ovvero come un viatico sulla strada della salvezza.
In questo contesto, la gnosi spuria re-interpretò in modo secolare alcuni aspetti della dottrina cristiana. Fu un potente agente di trasposizione e svolse un ruolo fondamentale nella genesi dello «spirito del capitalismo» (Max Weber), opportunamente codificato dall’etica del protestantesimo ascetico (in particolare il calvinismo).
Qualche tempo dopo, lo stesso costrutto offrirà i suoi servigi al transumanesimo (H+, Huxley, Kurzweil), nel quale è possibile ritrovare molti temi spurio-gnostici rieditati in chiave scientista. Il motivo per cui oggi si sente dire da più parti che la Valle del Silicio è il nuovo tempio della gnosi (spuria), dipende proprio dal fatto che poche sfumature distinguono il calvinista convinto di essere l’eletto da dio dal tecno-liberista, a sua volta persuaso di essere diverso in virtù di una «visione superiore». La narrazione mitologica, infatti, si ripete:
• salvezza religiosa → upgrading tecnologico
• élite degli illuminati → casta dei tech-miliardari
• ascetismo protestante → biohacking estremo
Alla base di queste idee, c’è una fiducia sconfinata nelle capacità umane di ri-modellare il mondo attraverso la ragione, la disciplina, l’innovazione, la tecnica. E l’anima? Sparita. Per l’ultima religione conta solo la coscienza – guida dell’etica universale, e quindi delle decisioni collettive – che insegue presunti poteri postumani capaci di abbattere i confini biologici naturali (cyborg, IA avanzate, esseri potenziati).
Nel frattempo, però, la società è profondamente cambiata, perciò il riciclo di temi collaudati può diventare un’arma a doppio taglio. La cultura degli gnostici aveva alle spalle una solida civiltà, mentre il transumanesimo si muove in un contesto degradato dove il sacro e il divino sono morti, per cui diventa pressoché impossibile affrontare temi giganteschi quali «spirito», «visione cosmica», «trasmigrazione dell’anima», e via dicendo.
Se ancora fosse vivo, René Guénon giudicherebbe l’ultima credenza come giudicò lo spiritualismo ottocentesco: per chi è senza dio, il tentativo di materializzare un concetto, cioè di portare la divinità dell’umano negli stati inferiori o materiali dell’essere (una tendenza del protestantesimo), non soltanto è sterile ma sviluppa una forma grottesca di «satanismo incosciente» addirittura più pericolosa di quella reale e cosciente (Errore dello spiritismo, Luni, 2014).
Ciò significa che il fedele transumanista – più o meno consapevolmente – sta aprendo le porte all’Anticristo? Durante un’intervista al MIT AeroAstro Centennial Symposium del 2014, Elon Musk ha dichiarato: “Con l’intelligenza artificiale stiamo evocando il demonio. In tutte quelle storie in cui c’è quel tipo con il pentacolo e l’acqua santa… e sono sicuro che andrà tutto bene, ma non è così.“
Alcuni teorici (es. Max More) dissentono, affermando che l’ultima religione può servire da trampolino di lancio per superare i limiti della biologia. Mentre i più critici (es. Thomas Metzinger) parlano apertamente di pericolosa illusione prometeica, citando i vari personaggi animati da una visione messianico-utopistica che fecero una brutta fine confidando nelle elucubrazioni del proprio cervello (un organo ampiamente sopravvalutato). Tra questi:
• Prometeo rubò il fuoco agli dei per donarlo al genere umano, ritrovandosi incatenato a una rupe con un’aquila che lo raggiungeva al tramonto per divorargli il fegato, pronto a riprodursi durante la notte per garantire il supplizio del giorno dopo.
• Inebriato dal volo e certo dell’efficienza del proprio mezzo, Icaro si avvicinò al sole fino a bruciare le ali artificiali, sfracellandosi al suolo.
• Chiamandosi fuori dalle regole sacre del mondo omerico, Agamennone rifiutò di restituire al padre Criseide, fanciulla consacrata al dio Apollo, la cui ira scatenò la peste nell’accampamento acheo.
La massa, non sa o non ricorda. Osserva distrattamente il succedersi degli eventi e crede che la tecnologia sia uno strumento servizievole, o «neutro», perché tutto dipende dall’uso che se ne fa. Anche se non si direbbe, a giudicare i miliardi di zombi cognitivi che vivono in simbiosi con il proprio smartphone/tablet, alimentando il processo inarrestabile di analfabetismo di ritorno iniziato negli Anni ’90 del secolo scorso.
Inequivocabilmente, l’Homo erectus ha cambiato postura.
Da axis-mundi naturale quale era, si è ingobbito per vivere a capo chino su un display. Ha assunto una «verticalità distorta», spuria, in contrasto con le torri metropolitane – simboli di hybris – che sfidano le nuvole e rispecchiano la luce del sole. Città verticali dentro le città orizzontali. Oppure, sofisticati complessi architettonici come il Googleplex o il MIT Media Lab, dove gli obelischi di cristallo costituiscono le babeli del nuovo culto tecnocratico.
Sullo sfondo di questi giganteschi pinnacoli, i profeti del transumanesimo predicano ai fedeli la necessità di andare oltre i propri limiti e guardare sempre più in alto, promettendo loro l’avvento di una tecnologia capace di risolvere ogni problema (dalla sofferenza, fino alla morte).
Oggi il prometeismo teurgico abita qui, tra le torri della Valle del Silicio, dove gruppi di cervelloni organizzati coltivano l’idea ottimistica di riuscire a costruire modelli software simili alla massa cerebrale, che, sostenuti da hardware appropriati, si comporteranno meglio dell’originale. Ma ancora non è chiaro come faranno a riprodurre ciò che si conosce a malapena.
Finora, la scienza ha compreso circa il 70-80% dell’anatomia e della fisiologia di base del cervello. La percentuale crolla però al <10% se si parla di dinamiche complesse come coscienza, creatività, intuizione, sogni, soggettività, memoria, malattie mentali, morte cerebrale, eccetera.
Si vedrà, dunque, come un organo tanto misterioso quanto inesplorato verrà collegato a dispositivi esterni (computer, protesi, software). Per ora, sono in fase di sperimentazione metodi invasivi (es. Neuralink e Utah Array per paralisi), non-invasivi (es. EEG per gaming o diagnosi, fNIRS con luce infrarossa) e parzialmente invasivi (es. ECoG in epilessia).
L’obiettivo dichiarato di questi esperimenti è quello di riuscire a leggere, interpretare e/o modificare l’attività neurale per scopi medici e riabilitativi. Tuttavia, non ci vuole un indovino per sapere dove si vuole arrivare: all’uploading della mente.
I transumanisti che coltivano queste illusioni dovrebbero mettere bene in vista nei loro laboratori una statua di Shiva, come ha fatto il CERN di Ginevra. Durante la sua danza cosmica di creazione e distruzione, Shiva offre con la mano destra la speranza mentre nella sinistra stringe il fuoco distruttore; il piede sollevato significa liberazione (dal flagello dell’ignoranza), ma quello appoggiato sul suolo evoca l’illusione, ovvero l’attaccamento alle cose materiali, a partire dalle «scoperte redditizie» dell’intelletto umano.
Quest’immagine dalla forte valenza simbolica ricorda all’uomo un’appartenenza, sì, alla razza divina (solare = fuoco dell’intelligenza), ma anche un’esistenza biologica inesorabilmente scandita dal ritmo ternario (lunare = manifestazione/mantenimento/riassorbimento, cioè nascita/vita/morte). Lo sbilanciamento degli opposti crea danni irreparabili, generando visioni distorte del tipo: “La natura è un algoritmo da correggere” (David Pearce, Hedonistic Imperative), o “La tecnologia è il veicolo per diventare infiniti” (Anders Sandberg).
Davanti al fuoco che brucia e incenerisce valgono zero anche le rassicurazioni dei maghi della scienza (gli stessi che costruiscono armi e batteri letali per distruggere l’umanità), i quali, notoriamente, lavorano per soddisfare il proprio orgoglio e i propri interessi, o, nel migliore dei casi, per tutelare la reputazione dello scientismo militante, ormai ridotto ai minimi termini.
Le scuse più comuni riguardano la complessità del mondo attuale. In effetti, lo scienziatismo (o scientismo) moderno opera in un’epoca di pericoloso «dislivello prometeico», cioè in un periodo storico in cui la specie umana ha dichiarato guerra al proprio passato, segando di fatto l’esistenza dell’albero sul quale era seduta (G. Anders, L’uomo è antiquato. Considerazioni sull’anima nell’epoca della seconda rivoluzione industriale, Bollati Boringhieri, Torino, 2007). Ma a tutto, c’è un limite.
Va detto che una buona parte delle promesse futuristiche è più marketing che sostanza. I miti tecnologici servono a dare da mangiare al presente, sostenendo in Borsa le azioni dei produttori, non hanno visioni strategiche di lunga scadenza. Pur tuttavia, milioni di adepti affascinati dal prometeismo della Valle del Silicio, con il suo culto dell’innovazione fine a se stessa, rischiano ogni giorno di essere trascinati nell’abisso.
Meglio starne fuori. Il che significa, sostanzialmente, dubitare del dualismo cartesiano (ormai superato dai fatti), dubitare della superiorità del cervello (cavallo di battaglia della filosofia materialistica positivista), dubitare della visione giudaico-cristiana di un dio che avrebbe fabbricato dall’esterno l’universo come un qualsiasi imprenditore fabbrica un oggetto in uno stabilimento.
Non si può escludere la possibilità che il transumanesimo abbia scambiato la mappa per il territorio. Forse, impuntandosi sull’idea di coscienza come dato, ha dimenticato che l’identità è un fenomeno incarnato (cfr. Merleau-Ponty). In tal caso, si spiegherebbe l’illusione di poter «cambiare i pezzi» del corpo umano con protesi digitali, microchip, occhi e orecchie bionici capaci di fornire lo zoom ottico e l’udito amplificato.
Quindi, che fare? Tecnologia sì, o tecnologia no? Come sempre, tra l’assoluto del bianco e la negazione del nero si stende l’immenso spazio delle sfumature di grigio. Analogamente, tra il riduzionismo estremo e le spiegazioni soprannaturali, ci sono innumerevoli dimensioni in continuo divenire, non-programmabili e imprevedibili.
Ma ammettiamo, per assurdo, che qualcuno dei nuovi eroi della gnosi spuria riesca a portare a termine l’impresa prometeica di trasferire su silicio la coscienza. Ne otterrà un simulacro dell’originale, o un oggetto inedito? Nel qual caso, il genere umano potrebbe arrivare alla conclusione che sarebbe stato più saggio dirigere gli sforzi verso un potenziamento dell’originale, fondamento dell’umano e luogo d’incontro con il trascendente. Con la speranza che il fuoco, nel frattempo, non lo abbia reso capace di auto-distruggersi.

