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Esame di maturità

di Paolo Desogus - 22/07/2025

Esame di maturità

Fonte: Paolo Desogus

Confesso di aver molto sottovalutato la manipolazione mediatica costruita intorno ai quattro studenti che qualche settimana fa si sono rifiutati di sostenere l’orale all’esame di maturità. Mi sembrava abbastanza evidente per tutti che si trattasse di un fatto assolutamente trascurabile e statisticamente insignificante. La stampa, una parte della stampa, non faceva infatti altro che rispondere alle esigenze del grande capitale, che da anni si è posto come obiettivo la distruzione della scuola pubblica, smantellandola pezzo per pezzo, e tutto questo per fare posto alla scuola privata gestita direttamente dalle imprese, come sta accadendo in alcune città italiane, come Milano e Bologna. L’obiettivo finale, come avevo scritto qualche settimana fa, è l’abolizione del valore legale titolo di studio, il quale consente a ogni studente di avere gli stessi diritti anche se non si è diplomato in una scuola blasonata. Nella scuola neoliberale, invece, il titolo ha valore solo rispetto al prestigio dell’istituzione, che nella situazione attuale i media e la stampa sanno facilmente costruire.
È probabile che questo obiettivo verrà presto raggiunto. La campagna sostenuta dalla Fondazione Agnelli, la Fondazione per la scuola italiana (facente capo a diverse banche), l’associazione Trellle e altri gruppi di pressione come l’istituto Bruno Leoni ha avuto successo. C’è chi senza vergognarsi afferma che quella dei nostri “magic four” sia stata una protesta esemplare; chi poi ne ha approfittato per dare contro ai docenti della scuola, equiparati a delinquenti senza cuore; chi ancora per manifestare le proprie frustrazioni irrisolte contro il dispotismo della scuola, dell’istruzione, dell’autorità, ecc. ecc. Insomma, il gesto dei quattro studenti ha consentito di dare un’altra picconata alla scuola pubblica.
Credo di non aver valutato però una seconda motivazione alla base della strumentalizzazione del caso dei quattro studenti. Diciamo però subito una cosa: quei quattro non sono rappresentativi di nulla, nemmeno o di se stessi. Non sono “i giovani italiani”. Il loro non è altro che uno stupido gesto meramente individuale. Non sono i portatori di alcun messaggio di protesta, di reale protesta. Il clamore intorno al loro comportamento è dovuto esclusivamente ai modi in cui fatti del genere vengono caricati di senso dall’esterno. Ed è questo aspetto che trovo molto significativo su di un piano che definirei antropologico.
L’esame di maturità è una prova. Si iscrive in un percorso di iniziazione. Chiede al candidato di uscire dalla propria individualità, di assumere un ruolo. Da questo punto di vista in questo esame c’è qualcosa che esprime una forma di violenza. Lo studente diviene “oggetto” di valutazione. Vive un momento spersonalizzante. Perde parte della propria sovranità individuale. Fa esperienza del limite. I suoi risultati sono valutati da un’autorità che lo trascende. In questo modo diviene parte di un tutto, elemento di una comunità. Iscrive per un breve tratto il proprio destino entro un ordine che non controlla.
Tutto questo genera frustrazione, ansia, turbamento. Produce dolore, un dolore necessario. Del resto, rispetto alle altre prove svolte durante gli anni, non si torna indietro. Ma d’altra parte, se tutto questo si chiama esame di maturità, è perché la prova deve permettere allo studente di abbandonare il proprio vecchio io adolescenziale e accedere alla vita adulta. Come per tutti i processi di iniziazione si smarrisce un po’ se stessi per ritrovarsi diversi.
Il neoliberalismo propone una scuola completamente diversa. Una scuola fai da te, dove lo studente entra come un cliente, dunque paga e sceglie i propri corsi, sanziona i docenti, costruisce il proprio cammino sulla base delle proprie personali scelte. Non fa alcuna esperienza di mediazione. È padrone del gioco o almeno crede di esserlo dal momento che ha pagato. In compenso la sua scuola abolisce i riti collettivi di passaggio. Lo studente neoliberale è infatti un io senza noi. Non vive dunque il dolore necessario della perdita, il trauma indispensabile dell’estraniazione del proprio sé.
Il neoliberismo del resto non vuole soggetti adulti. Vuole eterni adolescenti, soggetti egotici, dominati dal proprio desiderio senza limiti, sprovvisti dell’esperienza dell’interdizione.
Il neoliberismo si alimenta del resto del desiderio individuale. Moltiplica la propria potenza attraverso l’edonismo e l’illusione di poter dare ai singoli la piena sovranità del proprio io, mentre in realtà, invece, genera solo finti adulti vittime di sé stessi, di una personalità immatura che non ha lasciato morire la propria parte adolescenziale. Non c’è infatti niente di più fragile e debole dell’io che non ha fatto l’esperienza dialettica del limite e dell’interdizione.
Non è un caso che la cultura neoliberale sia quella degli eterni giovani, dei soggetti capricciosi, di coloro che mettono al centro di tutto la propria volontà di scelta e che rifiutano ogni forma di autorità o di istituzione che non si conforma alle loro esigenze di clienti. Ecco è questo il secondo motivo per cui gli organi di stampa neoliberali hanno dato tanto spazio al caso di quei quattro utili idioti, per nulla rappresentativi della gioventù attuale, statisticamente ininfluenti. La loro pseudo protesta dà alimento a questo modello antropologico, consente di riaffermare l’ideale del soggetto imprenditore e legislatore di se stesso, dell’anarchico che si illude di essere autonomo, ma che, in realtà, non è altro che uno strunento del dominio del capitale.