Due pesi, due misure
di Massim Fini - 09/12/2025

Fonte: Massim Fini
Da qualche mese alcune navi da guerra degli Stati Uniti, a cominciare dalla loro più potente portaerei, la Gerald Ford, spostata appositamente dal Mediterraneo (ma che ci faceva nel Mediterraneo? Le navi da guerra americane sono un po’ come le moto in divieto di sosta, le trovi dappertutto) al quadrante dell’Atlantico e dei Caraibi, incrociano al largo del Venezuela e forse anche all’interno delle stesse acque venezuelane.
Gli americani hanno creato una no fly zone del tutto abusiva, secondo l’Onu e la logica più elementare e diversi Paesi hanno sospeso tutti i voli per Caracas. Il metodo è sempre lo stesso, chiamiamolo il ‘metodo Iran’: prima si indebolisce economicamente un Paese considerato nemico e poi si spera in un cambio di regime dall’interno. In questo caso si conta su alcuni alti gradi militari che sarebbero contrari all’attuale Presidente del Venezuela, Nicolas Maduro. Gli americani ci avevano già provato nel 2019, tentando un colpo di Stato con Juan Guaidò, ma gli era andata male. Il “giovane e bell’ingegnere”, così lo chiamava la stampa internazionale, non aveva in realtà nessun seguito e dovette fuggire prima in Colombia poi negli Stati Uniti.
Il pretesto per attaccare Il Venezuela sarebbe che è il più grande esportatore di droga. Il che è falso. Caracas non è nella lista dei principali esportatori di droga, lista che comprende Colombia, Perù, Bolivia, Messico, Marocco, Myanmar, Laos, Paesi Bassi, Belgio. E gli stessi Stati Uniti.
Gli obiettivi degli americani sono sostanzialmente tre. Scalzare Maduro, favorendo così un cambio di regime. Due: impadronirsi delle enormi riserve petrolifere venezuelane. Tre. Porre un argine al cosiddetto “socialismo bolivariano”, in forte avanzata soprattutto in Brasile, sotto il governo di Ignacio Lula da Silva, e appunto in Venezuela.
Ai primi di settembre gli americani avevano affondato, in acque internazionali, un barchino, sospettato di trasportare droga verso gli Stati Uniti. I morti erano stati undici. Poi c’è stato l’affondamento di un secondo barchino, con una sessantina di morti. Negli Stati Uniti la polemica verte sul fatto se i comandi militari yankee, nel secondo attacco, abbiano infierito su quelli che stavano annegando. Ma il problema non è questo. Il fatto è che quegli affondamenti sono avvenuti in acque internazionali. L’Onu ha denunciato la cosa, ma si sa che l’Onu ormai non conta più nulla, paralizzato dai veti incrociati degli appartenenti al Consiglio di Sicurezza, fra cui gli Stati Uniti e la Gran Bretagna.
Fra le richieste di Trump c’è quella di sostituire Maduro con un suo accolito. E’ come se Putin pretendesse di sostituire Zelensky con un suo uomo. Con la differenza, però, che Zelesnky ha perso la guerra mentre il Venezuela, almeno per ora, non ha perso nessuna guerra. Ci sono stati gli affondamenti dei barchini di cui abbiamo parlato, ci sono gravissime minacce in corso, ma l’esercito venezuelano non ha sparato un solo colpo.
Che atteggiamento ha preso finora l’Unione Europea in pieno marasma senile? Assiste silente a un probabile conflitto che potrebbe riguardarla molto da vicino. Il Venezuela, prima di Chavez e oggi di Maduro, è legato a filo doppio al Brasile di Lula e una delle accuse che si fanno a Lula è di aver messo in galera il suo predecessore, Jair Bolsonaro, che sosteneva i ‘garimpeiros’, i cercatori d’oro, che stavano deforestano la foresta amazzonica che produce dal 20 al 30 percento dell’ossigeno mondiale. Un problema, anzi un dramma, che riguarda quindi tutti i Paesi del mondo.
A muoversi non tanto per Maduro ma contro le violazioni del diritto internazionale di cui si sono resi responsabili gli Stati Uniti, sono stati Putin e Xi Jinping. Ed è paradossale che a portare un po’ di saggezza e di calma nel bailamme del mondo attuale, carico per ogni dove di conflitti uno più pericoloso dell’altro, sia il dittatore di uno Stato comunista qual è la Cina: Xi Jinping.
La Corte Penale Internazionale per “crimini di guerra” ha sanzionato Putin, in quanto aggressore dell’Ucraina e Netanyahu per il macello che sta facendo a Gaza e che è sotto gli occhi di tutti. Ma si è dimenticata di Trump che, in quanto sostenitore di Israele, è corresponsabile di quegli eccidi.
Che abbia sanzionato Putin per l’aggressione all’Ucraina è giusto e comprensibile. Ma quante volte la NATO, che è sostanzialmente una creatura americana o comunque a guida americana, che al suo Articolo 5 impegna i suoi aderenti a intervenire se uno di essi è aggredito o minacciato, ha attaccato Paesi che non minacciavano nessuno? Chi minacciava la Serbia nel 1999, quando fu bombardata dagli americani e da altri membri della NATO? Chi, nel 2001, minacciava l’Afghanistan talebano? Chi minacciava l’Iraq di Saddam Hussein? Chi minacciava la Somalia degli Shabaab? Chi, soprattutto, minacciava la Libia del colonnello Mohammad Gheddafi?
Due pesi, due misure. Comme d’habitude.

